La demonizzazione del “drogato”… in carcere il doppio in 5 anni
- giugno 27, 2012
- in antiproibizionismo, carcere, vittime della fini-giovanardi
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Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino, Marco Erittu… L’elenco dei morti uccisi in carcere o mentre erano sotto la custodia dello Stato potrebbe continuare. Erano tutti consumatori di sostanze. “Persone fragili che una certa politica intrisa di cultura muccioliniana ha individuato come nemici da colpire per rieducare, “malati sociali” da punire e salvare”.
Sintetizza così, Franco Corleone, coordinatore nazionale dei garanti dei detenuti e presidente di Forum droghe, il nesso tra il reato di tortura, di cui l’Italia ancora non si è dotata, e la tipologia sociale più consistente tra i carcerati: i tossicodipendenti, e più in generale coloro che hanno violato la cosiddetta Fini-Giovanardi. Erano il 28% degli ingressi in carcere nel 2006, quando la legge sulle droghe di cui il presidente della Camera non si è mai pentito venne varata, inserita nelle pieghe di un decreto sulle Olimpiadi invernali. Nel 2011, a fronte in una complessiva diminuzione degli arresti, sono arrivati al 33,15%. E nello stesso periodo si è passati dai 15.133 detenuti per violazione degli articoli 73 e 74 (detenzione a fini di spaccio e associazione per spaccio) della legge, a 27.856.
Sono numeri che vengono dal Dipartimento delle politiche antidroga (Dpa) e dal Viminale e sono stati raccolti dalle associazioni Antigone, Forum Droghe, Cnca e Società della Ragione nel “Terzo libro bianco sulla legge Fini-Giovanardi” presentato ieri alla sala Nassirya del Senato, alla vigilia della Giornata mondiale contro la droga che si celebra oggi e che casualmente coincide con quella dedicata alle vittime della tortura. E mentre il Dpa per questa giornata ha partorito solo uno slogan da affiggere sui monumenti d’Italia (“Liberi da tutte le droghe, Liberi da tutte le mafie. Chi compra droga finanzia le mafie, le loro violenze e il terrorismo”), per quest’anno il “Libro bianco” sarà l’unica analisi di verifica delle norme antidroga, malgrado la stessa legge imponga al governo una relazione annuale e una conferenza nazionale ogni tre anni (l’ultima, due anni fa, a Trieste). Pare che il governo non abbia avuto tempo né per l’una né per l’altra, come ha spiegato lo stesso delegato alle politiche di contrasto alle narcomafie e al trattamento dei tossicodipendenti, il ministro Andrea Riccardi, alle associazioni che lo hanno incontrato.
Un peccato, perché non di sola crisi economica si nutre il tracollo di un Paese. E a spulciare tra i dati del “Libro bianco” si scopre per esempio che le richieste di programmi terapeutici per tossicodipendenti sono crollate (da 6.713 nel 2006 a 518 nel 2010) mentre sono più che raddoppiate le sanzioni verso i meri consumatori di sostanze. Crescono anche le segnalazioni al prefetto: il 74% per possesso di uno spinello. E diminuiscono le misure alternative: da 3.852 persone in affidamento nel 2006 (quando la popolazione carceraria era di 39 mila unità) a 2.816 al 30 maggio 2012 (con 66 mila detenuti).
“Prima del 2006, la maggioranza dei tossicodipendenti godeva dell’affidamento dalla libertà, con la Fini-Giovanardi il rapporto si è invertito”, si legge nel rapporto. E allora che fare? Aspettando che un giudice rinvii la legge alla Corte costituzionale (per la procedura d’azione, per le tabelle inserite solo successivamente, e per la mancanza della cannabis tra le sostanze usate anche a scopo terapeutico), gli autori del “Libro bianco” chiedono di modificare la legge cominciando con l’introduzione della “lieve entità”, come reato autonomo nell’articolo 73, in modo da ridurre la pena per il consumo o il piccolo spaccio da 6 mesi a 3 anni (invece che da 1 a 6 anni).
Sul tema ci sono già una proposta di legge del deputato Pd Mario Cavallaro e un ddl depositato al Senato dai democratici Della Seta e Ferrante (norme per la legalizzazione della cannabis indica). Ma gli autori del “Libro bianco” puntano il dito anche contro la ex Cirielli e chiedono il sostegno ai servizi sociali, smantellati nel frattempo, in modo da riavviare i programmi di misure alternative e terapeutiche. “La Fini-Giovanardi, insieme all’ex Cirielli e alla Bossi-Fini hanno prodotto un’emergenza umanitaria – è l’analisi di Roberto Della Seta – mi auguro che il centrosinistra, una volta al governo, cancelli questa che è l’eredità più pesante del berlusconismo”.
da il manifesto
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