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La fitta rete militare Usa-Nato in Italia

Di base in base. La fitta rete militare Usa Nato in Italia – Le nuove bombe nucleari B61-12 dislocate in Europa con tre mesi di anticipo sul cronogramma fissato da Washington. E si moltiplicano i cantieri per rafforzare la presenza armata da nord a sud

di Antonio Mazzeo

Alea iacta est. Il dado è tratto. Le nuove bombe nucleari USA a caduta libera saranno dislocate in Europa entro la fine del 2022 con tre mesi di anticipo sul cronogramma fissato da Washington con i partner NATO. Si tratta di una prova di forza che alimenterà pericolosamente le già forti tensioni con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Saranno un centinaio circa le armi che verranno ospitate nei bunker di cinque paesi: Belgio (base aerea di Kleine Brogel), Germania (Buchel), Paesi Bassi (Volkel), Turchia (Incirlik) e Italia (gli scali di Aviano-Pordenone e Ghedi-Brescia). Le nuove bombe saranno le B61-12, variante ammodernata delle più antiche B61. Esse avranno una potenza distruttiva regolabile, con quattro opzioni selezionabili a seconda dell’obiettivo da colpire. “L’impiego operativo, quindi, può essere calibrato a seconda dell’effetto desiderato e dell’importanza dell’obiettivo”, scrive Difesaonline. Rispetto alla bomba “madre”, le B61-12 saranno guidate da un sistema satellitare e potranno penetrare nel sottosuolo per esplodere in profondità. La National Nuclear Security Administration, l’ente del Dipartimento dell’Energia USA che si occupa delle scorte di armi nucleari, ha reso noti nel novembre 2021 i cacciabombardieri che saranno impiegati per sganciare le nuove armi atomiche: i Panavia PA-200 “Tornado”, gli F-15 “Eagle”, gli F-16 C/D “Fighting Falcon”, i B-2 “Spirit”, i B-21 “Raider” e i nuovi F-35A “Lighting II” acquistati pure dall’Aeronautica militare italiana e schierati nella base di Amendola (Foggia).

A Ghedi ed Aviano dovrebbero essere ospitate complessivamente dalle 30 alle 50 bombe B61-12 e nei due scali NATO sono in via di completamento i lavori di “rafforzamento” dei bunker atomici. Ghedi è sede del 6° Stormo dell’Aeronautica italiana con i “Tornado” nucleari, ma si sta addestrando da tempo all’impiego dei cacciabombardieri F-35 di quinta generazione. Ad Aviano le nuove bombe saranno impiegate dai cacciabombardieri F-16 dell’US Air Force. Nella base friulana sono state ampliate le piste e realizzati nuovi hangar e centri di manutenzione velivoli. Aviano è utilizzata pure dai grandi aerei cargo che trasportano i parà della 173^ Brigata aviotrasportata di US Army verso i maggiori scacchieri di guerra internazionali (recentemente in Iraq e Afghanistan, oggi in Europa orientale e in Africa).

La 173^ Brigata è uno dei reparti d’élite delle forze armate USA e ha quartier generale presso l’ex aeroscalo “Dal Molin” di Vicenza, una delle maggiori basi militari statunitensi in territorio italiano. Qualche mese fa nella città veneta sono stati avviati i lavori di realizzazione di 478 alloggi per il personale militare statunitense e famiglie (villette a schiera e diverse nuove palazzine all’interno della caserma Ederle e del cosiddetto Villaggio della Pace), con una spesa stimata di 373 milioni di dollari. Sono previste inoltre nuove infrastrutture viarie per rendere più rapido il collegamento delle basi vicentine con l’aeroporto di Aviano.

In verità sono innumerevoli i cantieri aperti per potenziare la rete militare USA-NATO e nazionale in Italia. Da qualche mese nella base siciliana di Sigonella è divenuto operativo l’AGS – Alliance Ground Surveillance, il sistema avanzato di sorveglianza terrestre dell’Alleanza Atlantica, basato su cinque grandi velivoli senza pilota RQ-4 “Phoenix”. Questi droni sono lunghi 14,5 metri e possono volare in tutte le condizioni ambientali e ininterrottamente per più di 30 ore, fino a 18.280 metri di altezza. Il sistema AGS è impiegato per le attività di intelligence NATO nel Mar Nero e ai confini con il territorio ucraino: le flotte e i reparti terrestri della Federazione russa vengono spiati in ogni loro mossa e i dati raccolti vengono messi a disposizione delle forze armate di Kiev per pianificare le operazioni contro l’invasore.

Da Sigonella decollano con cadenza quotidiana pure i grandi droni-spia “Global Hawk” di US Air Force e i pattugliatori marittimi P8A “Poseidon” di US Navy e delle forze aeronavali di Australia e Regno Unito, contribuendo all’escalation bellica in atto in Europa orientale. Il ruolo di Sigonella nelle strategie di guerra globale è tuttavia destinato a crescere ulteriormente: il Pentagono ha firmato un contratto del valore di 177 milioni di dollari con una società controllata dal colosso industriale Raytheon Technologies, per migliorare l’efficienza dei 14 terminali mondiali (tra cui Sigonella) inseriti nel sistema High Frequency Global Communications (HFGCS). Le stazioni dell’HFGCS trasmettono i cosiddetti EAM (messaggi di azione di emergenza) e altri tipi di codici di rilevanza strategica, compresi quelli per la conduzione di un attacco nucleare. Infine a Sigonella il ministero della Difesa ha avviato l’iter di esproprio di quasi 100 ettari di terreni per allungare le piste della base e consentire i decolli e gli atterraggi degli aerei cisterna per il rifornimento in volo dei caccia della NATO.

Altra infrastruttura chiave nei programmi di rafforzamento del dispositivo di proiezione avanzata delle forze armate italiane e alleate è la base di Pratica di Mare, Roma, sede del 14° Stormo dell’Aeronautica. Dallo scoppio della guerra in Ucraina, da Pratica di Mare decollano verso il Mar Nero e l’Est Europa i sofisticati velivoli Gulfstream E.550 CAEW per sorvegliare le operazioni dei reparti di guerra russi. I velivoli non sono semplicemente dei “radar volanti”, ma possiedono anche compiti di “gestione” delle missioni alleate nei campi di battaglia e di disturbo delle emissioni elettroniche. Dallo scalo romano partono inoltre gli aerei cisterna KC-767A utilizzati per il rifornimento dei velivoli italiani e NATO impiegati nella Air Policing Mission nello spazio aereo dell’Europa orientale. Velivoli cargo vengono impiegati da Pratica di Mare per trasportare i sistemi d’arma “donati” dal governo italiano alle forze armate ucraine.

Colate di cemento a fini bellici sono previste anche per la città di Pisa. Il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri intende realizzare caserme e alloggi per militari e famiglie, poligoni di tiro e basi addestrative, in un’area di 73 ettari a Coltano, nel parco regionale di Migliarino–San Rossore–Massaciuccoli. Tra i reparti d’assalto dei Carabinieri che saranno insediati a Coltano ci sono il 1° Reggimento Paracadutisti “Tuscania”, il G.I.S.-Gruppo di Intervento Speciale e il Centro Cinofili, da decenni impiegati nei maggiori teatri di guerra in azioni di combattimento e nell’addestramento “anti-terrorismo” del personale militare di alcuni regimi africani e mediorientali. Il progetto di Pisa è funzionale al rafforzamento geo-strategico della regione Toscana: la nuova cittadella dei Carabinieri si aggiungerà infatti alla grande base di stazionamento dei mezzi pesanti di US Army di Camp Darby, agli aeroporti di Pisa-San Giusto e Grosseto, al porto di Livorno, alle tante caserme dei parà della “Folgore”, al centro di ricerca militare avanzato (già nucleare) di San Piero a Grado, al comando fiorentino della Divisione “Vittorio Veneto” prossimo ad operare come Multinational Division South NATO per gli interventi dell’alleanza nel Mediterraneo e in Africa.

L’hub bellico toscano si affiancherà così a quelli veneto-friulano (con Vicenza e Aviano); siciliano (Sigonella, il MUOS di Niscemi, la baia di Augusta, lo scalo di Trapani-Birgi e le isole minori di Pantelleria e Lampedusa); pugliese (le basi navali NATO di Taranto e Brindisi, gli aeroporti di Amendola, Gioia del Colle e Galatina); campano (il porto di Napoli e Capodichino, il Comando interalleato di Lago Patria); sardo (gli innumerevoli poligoni sparsi per tutta l’isola, Decimomannu, l’arcipelago della Maddalena). All’orizzonte si profila inoltre lo sviluppo del complesso militare e industriale in Piemonte e Lombardia (in quest’area esistono già il centro di Cameri-Novara per la produzione degli F-35, il quartier generale dei NATO Rapid Deployable Corps di Solbiate Olona, i complessi Leonardo-Agusta a Varese, la base nucleare di Ghedi, le fabbriche di pistole, mitra e fucili nel bresciano). Lo scorso mese di aprile la NATO ha approvato il documento strategico che pone le basi dell’Acceleratore di innovazione nella difesa per l’Atlantico del Nord (DIANA) per promuovere la ricerca scientifico-tecnologica di centri accademici, start up e piccole e medie imprese sulle tecnologie emergenti che la NATO ha identificato come “prioritarie”: sistemi aerospaziali, intelligenza artificiale, biotecnologie e bioingegneria, computer quantistici, cyber security, motori ipersonici, robotica e sistemi terrestri, navali, aerei e subacquei a pilotaggio remoto, ecc. La città di Torino è stata scelta come prima sede europea degli acceleratori NATO: in una prima fase la sede di DIANA sarà ospitata nelle storiche Officine Grandi Riparazioni per essere trasferita dal 2026 nella Città dell’Aerospazio in via di realizzazione alla periferia ovest del capoluogo piemontese, grazie ad un finanziamento di 300 milioni di euro del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRT), più altri 800 milioni che dovrebbero giungere da una settantina di aziende del settore aerospaziale (Leonardo SpA in primis). Un’Italia ancor più armata e militarizzata a uso esclusivo delle forze armate USA e NATO e a beneficio e profitto delle industrie di morte.

Articolo pubblicato in “Dossier. Tutti troppo armati”, Mosaico di Pace, n. 10, dicembre 2022.

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