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La Francia reprime la solidarietà con la Palestina

Attivisti, politici, sindacalisti, studenti e giornalisti si scontrano con repressione, censura e sorveglianza: sembra che Liberté, Égalité, Fraternité non valgano se si sostiene il diritto dei palestinesi ad esistere

di Olly Haynes da Jacobin Italia

Il 12 ottobre, mentre Israele bombardava indiscriminatamente Gaza, la polizia francese ha sparato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua contro i manifestanti riuniti a Parigi. Giorni prima, il ministro degli Interni del paese, Gerald Darmanin, aveva chiesto alle autorità locali di vietare le manifestazioni pro-Palestina, adducendo presunte minacce all’ordine pubblico.

L’attacco di Hamas del 7 ottobre è stato trattato in Francia come un equivalente della sparatoria al Bataclan: un’atrocità terroristica casuale motivata dall’estremismo religioso. Lo spazio di discussione si è immediatamente ristretto. Chiunque abbia cercato di collocare l’evento nel contesto dell’escalation di violenza contro i palestinesi è stato accusato di sostenere il terrorismo, compresi i membri del partito politico di sinistra La France Insoumise.

Non è la prima volta che le libertà civili vengono limitate per reprimere la solidarietà con la Palestina. Nel 2021, mentre Israele martellava Gaza e scatenava la violenza sui palestinesi che protestavano per lo sgombero di Sheikh Jarrah a Gerusalemme, lo Stato francese ha vietato le proteste.

Negli ultimi anni, la Francia ha preso una piega sempre più autoritaria, reprimendo la libera espressione di chi è ritenuto indesiderabile. Le persone coinvolte nel movimento dei Gilet Gialli, i manifestanti per la riforma delle pensioni, i sindacalisti e i presunti partecipanti alle rivolte di Nahel hanno dovuto affrontare la violenza della polizia o la sospensione dei protocolli fondamentali della giustizia.

Questa repressione è continuata a ritmo serrato nelle ultime settimane. Quando il chirurgo palestinese britannico Ghassan Abu Sittah, che aveva assistito agli orrori dell’assalto a Gaza, è atterrato all’aeroporto Charles de Gaulle, è stato respinto a causa di un divieto di ingresso nell’Ue imposto dalla Germania. La situazione è stata avviata al di fuori della Francia, ma la situazione interna è altrettanto dura.

La France Insoumise ha sostenuto la Palestina con più forza di qualsiasi altro partito all’Assemblea nazionale. Il mese scorso, Rima Hassan, candidata franco-palestinese alle elezioni europee, è stata convocata dalla polizia per un’indagine di «apologia del terrorismo». Al momento dell’intervista di Tribune con Hassan, non le era stato detto nulla della convocazione, se non che riguardava i suoi post sulla piattaforma Twitter/X. Lei ha dichiarato a Tribune di non essere stata «convocata per ordine del pubblico ministero, ma perché erano state presentate diverse denunce da parte di un gruppo di pressione filo-israeliano chiamato Organisation Juive Européen [Oje]».

Alla notizia della convocazione di Hassan, l’Oje ha twittato: «Buone notizie! Le denunce che abbiamo presentato dal 9 ottobre sono oggetto di indagine e spesso sfociano in condanne». Il gruppo sostiene di essere un’organizzazione dedicata alla lotta contro l’antisemitismo in tutte le sue forme; tuttavia, la sua definizione include l’antisionismo e il movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (Bds). Il sito web ospita otto pubblicazioni, quattro delle quali documentano casi di crimini di odio antisemita in Francia, mentre le altre quattro sono dedicate ad accusare i critici di Israele di antisemitismo e a tentare di screditare le affermazioni secondo cui Israele è uno Stato di apartheid.

«L’Oje ha mobilitato quaranta avvocati per rintracciare le voci pro-palestinesi», dice Hassan. «È simile ai metodi dell’Aipac (American Israel Public Affairs Committee) negli Stati uniti. Lo hanno fatto perché sono una candidata palestinese francese e stanno cercando di mettermi a tacere».

Il 7 ottobre, il gruppo parlamentare La France Insoumise ha diffuso un comunicato in cui si leggeva: «L’offensiva armata delle forze palestinesi guidate da Hamas si inserisce in un contesto di intensificazione della politica di occupazione israeliana a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Deploriamo i morti israeliani e palestinesi. Il nostro pensiero va a tutte le vittime. L’attuale escalation rischia di portare a una spirale di violenza infernale».

Allo stesso modo, quando è stato convocato un importante sindacalista e portavoce del gruppo politico Revolution Permanente, l’Associazione della gioventù ebraica francese ha dichiarato: «Questo è solo l’inizio Anasse Kazib, noi manteniamo le nostre promesse». Il fatto che queste convocazioni abbiano colpito politici e attivisti influenti e che siano state festeggiate dalle organizzazioni denuncianti suggerisce che è in corso una campagna di lawfare contro i sostenitori della Palestina da parte di organizzazioni legate a Israele.

Prima della citazione, Jean Luc Mélenchon e Hassan avrebbero dovuto ospitare una conferenza con l’organizzazione Libre Palestine all’Università di Lille il 18 aprile. L’evento è stato annullato a causa delle pressioni dei macronisti e dell’estrema destra. Hanno quindi tentato di ospitare la conferenza in un luogo privato della città, ma l’incontro è stato vietato dall’amministrazione locale. “È una forma di repressione istigata dai macronisti”, dice Hassan. “È chiaro che la questione della Palestina incute loro paura”. Mentre i macronisti si alleano con l’estrema destra per vietare la libertà di riunione, la sinistra, dice Hassan, è il baluardo contro questi attacchi alle libertà civili.

Panico morale

Anche gli studenti manifestanti hanno dovuto affrontare la repressione. La polizia ha sgomberato con la violenza gli accampamenti di protesta a Sciences Po, alla Sorbona e in altre università. Ismaeel Yaqoob, uno degli studenti che protestavano a Sciences Po, ha dichiarato a Tribune che la narrazione mediatica dominante era «che Sciences Po ha capitolato all’islamosinistra». L’islamosinistra, una presunta alleanza empia tra l’estrema sinistra e l’Islam radicale, è stata oggetto di un intenso panico morale durante il primo mandato di Emmanuel Macron, che ha colpito in particolare le università. Ora lo spettro viene nuovamente sollevato. Il politico di estrema destra Éric Zemmour ha recentemente dichiarato che la principale frattura della Francia è tra il popolo reale e Mélenchon e i suoi sostenitori che hanno difeso la Palestina solo perché vogliono «islamizzare» la Francia. Allo stesso modo ha denunciato le proteste studentesche, definendole una «zona autonoma della sinistra islamica». Le opinioni irritanti di un politico di estrema destra potrebbero avere poco significato se non fosse che i politici centristi hanno ripetutamente adottato la retorica dell’estrema destra quando si sono sentiti minacciati.

Secondo Yaqoob, gli studenti sono stati minacciati di essere sospesi. La testata investigativa Blast ha rivelato un gruppo WhatsApp di Sciences Po che agisce come una «sala riunioni virtuale», in cui una cultura della paura è stata promossa da «professori reazionari». Una fonte ha dichiarato a Blast che «molti membri del Comitato per la Palestina sono molto visibili. Sentendo i discorsi di alcuni di loro, temo che questo avrà ripercussioni reali in classe e che saranno messi da parte o addirittura penalizzati». In risposta alle proteste, la presidente regionale dell’Île-de-France Valérie Pécresse ha deciso di ritirare i finanziamenti all’università. Yaqoob ha dichiarato a Tribune: «È un gesto politico. Vogliono mettere a tacere il movimento filopalestinese».

Allo stesso modo, a marzo, il primo ministro Gabriel Attal è stato coinvolto in uno scandalo a Sciences Po per le affermazioni secondo cui gli studenti non erano ammessi a determinati eventi perché ebrei. In seguito si è scoperto che queste affermazioni erano basate su dicerie non confermate che i sindacati studenteschi pro-Palestina hanno smentito. Attal ha anche recentemente difeso la repressione delle proteste studentesche con la polizia. Yaqoob ha dichiarato a Tribune: «Non è normale che il governo sia così coinvolto in una scuola».

Mentre attivisti, politici, sindacalisti, studenti e giornalisti affrontano la repressione della polizia, la censura e la sorveglianza, sembra che Liberté, Égalité, Fraternité non valga se si sostiene a gran voce la Palestina. L’establishment francese ritiene che il sostegno alla Palestina sia un’importazione americana, una tendenza, su cui gli studenti si sono gettati, ma trasportata attraverso l’Atlantico dai social media e una mossa cinica da sfruttare per i politici della sinistra islamica. Ciò che sfugge è che è il genocidio a Gaza a spingere la gente all’azione. I dissidenti francesi pro-Palestina continueranno a protestare e ad occupare finché il popolo palestinese continuerà ad essere massacrato da Israele.

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