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La guerra dell’Ue ai migranti in Polonia

Nella guerra dell’Ue a ultimi e penultimi chi è povero è criminale, chi è solidale è traditore.

La striscia di terra tra Polonia e Bielorussia è un inferno di violenza che travolge migranti, operatori, interpreti, attivisti e giornalisti.

Solo nel 2021 in quest’area sono morte almeno 21 persone migranti o rifugiate. Aggressioni, arresti e violazioni di ogni tipo non si contano

La Polonia governata dalla Destra Unita respinge, rinchiude, reprime e approva decreti e leggi affinché questa violenza sia legale:

  • a settembre 2021 il governo ha dichiarato lo stato di emergenza al confine bielorusso, vietando così l’accesso alla zona a tutte le autorità dell’Unione europea, ai giornalisti e alle organizzazioni internazionali per i diritti umani;
  • a ottobre 2021 il Parlamento ha approvato un emendamento alla legge degli stranieri per autorizzare le guardie di frontiera polacche ai respingimenti;
  • davanti a una domanda di protezione, se procedere o no lo decide il comandante della guardia di frontiera. Quasi sempre la risposta è no, ma chi ci riesce resta in attesa dell’esito rinchiuso in centri di detenzione “sorvegliati“, dove si viene privati della libertà per mesi.

Adesso la Polonia si appresta a costruire un muro al confine con la Bielorussia, nel bel mezzo della foresta di Białowieża: il 25 gennaio sono iniziati i lavori per una recinzione di acciaio lunga 186 km e alta 5 metri, per una spesa di 353 milioni di euro.

Una devastazione umana, sociale e – come se non bastasse – anche ambientale.

Contro questo schifo ogni giorno si protesta ogni giorno dentro e fuori dai centri di detenzione e il governo di “Destra unita” non reagisce certo con la mano leggera.

Il 12 febbraio, per esempio, i manifestanti solidali sono stati gasati e picchiati, un ferito grave e 11 arresti, nove degli arrestati rischiano da uno a dieci anni di carcere perché sono accusati di aggressione a pubblico ufficiale.

Aggrediti come aggressori.

Solidali come criminali.

La solidarietà non è reato.

Tiziana Barillà