La guerra genera non solo morti e distruzione ma anche profitti (per pochi)
Vendite record di armi per Israele, il genocidio dei palestinesi è la vetrina ottimale per l’expo militare. Sono considerate «affidabili» proprio perché già testate sui palestinesi. Fra i principali acquirenti Asia e Pacifico (48%), Europa (35%) e Nord America (9%)
di Federico Giusti
Le esportazioni militari israeliane hanno raggiunto la cifra di 13 miliardi di dollari a conferma che i nuovi sistemi d’arma stanno guadagnando crescente interesse sui mercati. Un paese in guerra che riceve ingenti quantitativi di armi dagli Stati Uniti ma al contempo ne esporta in quantità maggiori all’estero, questa è la veritiera fotografia dello stato di Israele fuori dalla classica retorica del paese assediato e aggredito e per questo costretto a difendersi.
Da decenni ormai, almeno dai primissimi anni Settanta, l’apparato industriale militare Usa ha fatto passo da giganti attrezzandosi per massicce esportazioni, oltre a dotarsi di una fitta rete costituita da centri di ricerca, app innovative, laboratori pubblici e privati asserviti alla causa della guerra.
A leggere le dichiarazioni dei politici israeliani la grande capacità di produrre armi di ultima generazione rappresenta un autentico vanto nazionale, una sorta di realizzazione della creatività e delle capacità dell’apparato industriale e del suo stesso popolo.
L’industria militare di Israele non è solo concepita ad uso difensivo, come sono soliti asserire i leaders politici del paese, esistono innumerevoli accordi di cooperazione che hanno messo insieme start up, centri di ricerca, industrie israeliane con quelle dei principali paesi a capitalismo avanzato. Le esportazioni riguardano armi leggere e pesanti ma soprattutto sistemi missilistici, di spionaggio che raccolgono un terzo delle vendite e tra i partner commerciali non ci sono solo gli Usa ma paesi come Italia, Germania e Finlandia, parliamo di accordi per centinaia di milioni di dollari. Nel corso degli ultimi due anni si è diversificata la produzione e l’esportazione di armi, se prima la facevano da padroni droni e sistemi UAV oggi sono stati in parte soppiantati da missili, razzi e sistemi di difesa aerea. Non ci coglie di sorpresa il grande attivismo nella vendita di innumerevoli sistemi d’arma, di sistemi di intelligence, informazione e cyber oltre a satelliti e sistemi spaziali destinati in prevalenza nell’area asiatica e del Pacifico. Se fino a un paio di anni or sono le esportazioni erano massicce verso i paesi inclusi negli accordi di Abramo oggi pesano assai meno in termini commerciali a conferma che la mattanza del popolo palestinese ha attirato compratori da ogni area del globo. In meno di 5 anni le esportazioni sono raddoppiate e l’intelligenza artificiale a uso militare ha permesso un salto di qualità sia nella creazione di efferati, per numero di morti civili (definiti effetti collaterali), sistemi militari che nelle esportazioni delle stesse.
E l’ultimo prodotto ad alta tecnologia è rappresentato da IRON BEAM, leggiamo testualmente sul sito della industria produttrice: è un sistema di armi laser ad alta energia (HELWS) di classe 100 kW che dovrebbe diventare il primo sistema operativo della sua categoria . Affronta e neutralizza rapidamente ed efficacemente un’ampia gamma di minacce da un raggio di centinaia di metri a diversi chilometri . Agisce alla velocità della luce, IRON BEAM ha un caricatore illimitato, con un costo quasi pari a zero per intercettazione e provoca danni collaterali minimi. Complementare a IRON DOME di RAFAEL, può essere integrato con una gamma di piattaforme e può diventare parte di qualsiasi sistema di difesa multistrato. RAFAEL è considerato un leader globale nel settore e da oltre 30 anni sviluppa sistemi Directed Energy, inclusi i sistemi HEL. L’azienda lavora a stretto contatto con il Ministero della Difesa israeliano e funge da Centro nazionale di eccellenza HEL e Laboratorio nazionale di letalità.
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