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La legge-sicurezza calpesta quella sull’uguaglianza

Oggi entra in vigore la legge “sulla sicurezza” che comprometterà definitivamente i diritti fondamentali dei migranti e in parte anche i diritti dei cittadini italiani. Le nuove norme introducono il “reato di clandestinità”, che comporta l’obbligo a carico dei pubblici ufficiali di denunciare la persona che commette questo reato: il migrante colpevole di non possedere, suo malgrado, il permesso di soggiorno.Il reato di clandestinitàè palesemente incostituzionale perchè di fatto punisce i migranti non per quello che fanno ma per quello che sono. Secondo questa norma insegnati, magistrati ecc…, in quanto pubblici ufficiali, dovrebbero procedere alla denuncia del migrante irregolare che non potrà quindi neppure adire un tribunale come testimone o denunciare un reato.Ma non è tutto. La normativa obbliga i migranti al possesso del permesso di soggiorno per ottenere gli atti di stato civile. Così il migrante irregolare non potrà contrarre matrimonio, non potrà registrare una nascita, né riconoscere il proprio figlio, che verrà così dichiarato adottabile e tolto alla famiglia. Tutto questo configura un’evidente lesione dei diritti fondamentali della persona, di tutte le persone, compreso quel 25% di italiani decisi a contrarre un matrimonio “misto”.A questo la norma aggiunge un’altra evidente discriminazione nei confronti dei cittadini italiani e stranieri, per i quali le istanze di iscrizione o di variazione della residenza anagrafica potranno discrezionalmente dar luogo alla verifica da parte del Comune delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile e, nel caso in cui l’alloggio venga giudicato inidoneo, la residenza potrebbe essere negata. La conseguenza potrebbe essere quella dell’impedimento dell’accesso alle prestazioni di sostegno al reddito, alle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi, di posti agli asili nido o all’assistenza sanitaria. Controllare la residenza delle persone (tutte) è un modo per controllare i diritti.Viene poi reintrodotto il reato di oltraggio a pubblico ufficiale che era stato abrogato, in una versione punitiva intensificata rispetto alla precedente: è prevista la reclusione fino a tre anni. Sarà un’arma da utilizzare facilmente contro chiunque, italiano o migrante, all’interno di contesti di conflittualità sociale o di dissenso.Oltre alle già note ronde, la legge prolunga i tempi di detenzione nei Centri di identificazione e di espulsione fino a un massimo di 180 giorni (il mantenimento per persona, a carico dello Stato, ha un costo di circa 75 euro al giorno). Inasprite le sanzioni e le pene anche per chi favorisce l’immigrazione clandestina, ma nessun articolo parla delle pene da comminare ad esempio a quei datori di lavoro che impiegano lavoratori irregolari sottopagati.È chiaro che queste disposizioni non riguardano solo i migranti. Viene infatti messo in discussione e calpestato il principio di uguaglianza sancito all’articolo 3 della Costituzione che non varrà più per nessuno. E i diritti fondamentali o sono di tutti e lo Stato si impegna a tutelarli, o non sono più di nessuno.Oggi i diversi sono i migranti, ma anche i loro parenti, o chi vive in una casa considerata “inidonea”. Domani, purtroppo la storia ci insegna, potrebbe andare peggio. O siamo tutti uguali davanti alla legge o nessuno più lo è. O forse la legge non è più degna di questo nome.
Patrizia Avellani Segreteria della Camera del lavoro di Genova.
Alessandra Ballerini avvocato.

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