È evidente il tentativo della Procura di Piacenza di impedire che nei magazzini della logistica si rafforzi il sindacato di classe
di Angelo Mastrandrea
Il 19 luglio 2022, la procura della repubblica di Piacenza ha indagato otto sindacalisti, sei del sindacato di base Si Cobas e altri due dell’Unione sindacale di base (Usb), con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di numerosi reati, tra cui violenza privata, resistenza e violenza a pubblico ufficiale, sabotaggio e interruzione di pubblico servizio. Sei sindacalisti sono finiti agli arresti domiciliari, mentre agli altri due è stato imposto il divieto di dimora a Piacenza.
Tra gli arrestati c’è anche il coordinatore nazionale del Si Cobas, Aldo Milani, che proprio il giorno prima si era visto revocare dal consiglio di stato un foglio di via emesso dalla questura di Piacenza il 14 ottobre 2021 dopo uno sciopero al magazzino Amazon di Castel San Giovanni, il più grande in Italia della multinazionale del commercio elettronico.
Sotto accusa sono finiti gli scioperi nei magazzini della logistica a Piacenza tra il 2014 e il 2021, che avevano l’obiettivo di denunciare il caporalato nel reclutamento di facchini e magazzinieri e lo sfruttamento del lavoro nelle finte cooperative in subappalto, e di ottenere condizioni di lavoro migliori stipulando accordi con le singole aziende. È la cosiddetta contrattazione di secondo livello, molto praticata dai sindacati di base che non partecipano alla contrattazione collettiva con il governo, le organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati confederali.
È evidente il tentativo di impedire che nei magazzini della logistica si rafforzi il sindacato di classe
In questo modo, i sindacati di base sono riusciti a organizzare i lavoratori di un mondo spesso descritto come una giungla, fatta di piccole imprese di fornitori, padroncini di camion e cooperative che cambiano di continuo nome e ragione sociale. Hanno dovuto confrontarsi più di una volta con un atteggiamento duro delle aziende.
Nella notte tra il 15 e il 16 settembre del 2016, Abd Elsalam Ahmed Eldanf, un sindacalista egiziano dell’Usb, è stato travolto da un camionista che ha forzato un picchetto organizzato davanti alla sede della Gls a Piacenza per chiedere la stabilizzazione di tredici lavoratori. “I dirigenti mi hanno detto ‘ti sparo, ti sparo’, dovevamo fare la trattativa e ci hanno obbligato ad andare in un locale a fare questo incontro invece che in magazzino, isolandoci”, aveva raccontato un suo collega, Elderah Fisal Elmoursim..
Nelle 350 pagine dell’ordinanza della procura della repubblica di Piacenza si racconta invece una storia diversa. Azioni di protesta come i picchetti, le occupazioni dei magazzini, gli scioperi e persino le assemblee sono descritti come “fatti criminosi” e i magistrati definiscono i sindacalisti indagati come organizzatori di una duplice organizzazione a delinquere, una legata al Si Cobas e l’altra all’Usb, finalizzata “all’arricchimento” anche personale e a obiettivi di “potere”, legati alla competizione tra loro per ottenere più tesserati e pagare con i proventi i delegati sindacali.
Sfruttamento e irregolarità
“Questa non è un’indagine contro i sindacati di base, ma contro alcuni leader che hanno gestito il sindacato come cosa loro anche a livello economico”, si è difesa la procuratrice capo di Piacenza Grazia Pradella in conferenza stampa. Nell’ordinanza però sono considerate “estorsive” attività sindacali legittime come gli scioperi organizzati “al fine di ottenere per i lavoratori condizioni di miglior favore rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale”. E si difendono le “singole multinazionali” e i “datori di lavoro di volta in volta interessati”, poiché sarebbero stati “sottoposti a una condizione di esasperazione che li costringeva ad accettare le richieste economiche che gli venivano fatte”.
“È evidente il tentativo di cercare di impedire che nei magazzini della logistica cresca e si rafforzi il sindacato di classe, conflittuale”, ha dichiarato l’Usb in una nota.
Il Si Cobas ha messo in relazione il “teorema repressivo” della procura di Piacenza con “il colpo di mano parlamentare messo in atto pochi giorni fa dal governo Draghi su mandato di Assologistica”. Si tratta di un emendamento al decreto aiuti – lo stesso che ha provocato la crisi di governo – presentato dal senatore di Forza Italia Nazario Pagano, che cancella la possibilità per i lavoratori di rivalersi sui committenti, vale a dire le multinazionali, per le violazioni contrattuali delle aziende in appalto. Dopo l’approvazione, Assologistica ha ringraziato, oltre al senatore Pagano, la ministra della giustizia Marta Cartabia “per aver autorevolmente favorito un cambiamento di portata storica come questo” e il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti per aver sostenuto la loro proposta.
In un settore dove lo sfruttamento del lavoro e le irregolarità contributive sono la regola, esonerare le multinazionali da ogni responsabilità sulla filiera vuol dire diminuire ancora di più le tutele per i lavoratori. E perseguire i sindacalisti per aver organizzato scioperi e picchetti per ottenere condizioni migliori di lavoro in un settore che avrebbe bisogno di ben altre inchieste significa renderli ancora più impotenti.
da L’Essenziale