Braccia in cambio di carbone, 262 morti, 6 feriti, 13 sopravvissuti. Il bilancio del disastro di Marcinelle, la mattina dell’8 agosto del 1956, ci deve ricordare che la forza lavoro è una merce e le storie del proletariato spesso sono contornate di lutti e dolore, ma la memoria viva occorre per continuare la lotta per il riscatto.
di Renato Turturro
“E il padrone sarà benemerito, non solo perché da lavoro, ma anche perché fornisce i mezzi per respirare e dissetarsi” ( Dario Paccino – L’imbroglio ecologico)
Proprio in questa fase storica, dove la questione ecologica torna nella forma di inganno da parte dei capitalisti, temporaneamente accantonata visto il fabbisogno di materie prime per la produzione di energia di fronte ai vari conflitti in corso, e al ricorso al carbone da parte di alcuni paesi, è necessario ricordare e utilizzare lo strumento della memoria di classe che dietro l’estrattivismo e al modello di produzione capitalistico c’è un rischio calcolato, un resto di umanità che viene inserita nel bilancio in termini di morti e nocività. Il disastro di Marcinelle ci dovrebbe avvicinare alle condizioni di lavoro delle miniere estrattive sparse per il mondo e utili alla produzione dei vari cicli di produzione tecnologici e i loro relativi impieghi. Dovrebbe attualizzare la condizione del lavoro migrante, ricattato e messo ai margini delle società dove produce ricchezza, togliendolo in mano alle destre, che come per questo disastro, strumentalizzano le provenienza geografica, in questo caso provenienza italiana delle vittime. Come se la migrazione concordata tra i governi, fosse più nobile e i suoi effetti fossero meno violenti sulla pelle dei migranti, di quelli di oggi. Il proletariato non ha nazioni, vive le stesse contraddizioni rapportate ai luoghi in cui vive, in ogni parte del globo.
Un incidente dettato dalla pericolosità intrinseca del lavoro e di condizioni di sicurezza che da sempre cercano di essere tenute carenti per massimizzare i profitti. Una contraddizione che permane, perché ogni avanzamento anche sul piano tecnologico in mano al capitale non risponde ai bisogni reali e alle istanze di salute, qualità della vita ed ecologiche, di chi la ricchezza la produce con corpo e mente. Per il disastro di Marcinelle ci furono delle commissioni d’inchiesta, un rapporto parlò di “minatori morti serenamente sul loro posto di lavoro”. Ciò sembra ricordare alcune dinamiche odierne di offuscamento e banalizzazione delle ingiustizie.
Qualcosa è cambiato da allora, almeno a queste latitudini, ma non tutto. Resta necessario collegare una memoria viva e di classe a ciò che sta accadendo oggi, per vedere ciò che è nascosto in qualche storia di provincia e consuma vite ogni giorno.