La morte di Federico Aldrovandi secondo i periti della difesa
- ottobre 15, 2008
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Il 10 ottobre il tribunale di Ferrara ha ascoltato gli esperti nominati dal collegio difensivo dei quattro poliziotti imputati di omicidio colposo per la morte di Federico Aldrovandi. I consulenti della difesa sono arrivati a conclusioni opposte rispetto a quelle pronunciate dai periti di parte civile. La “fame d’aria” che ha portato alla morte il giovane Aldro sarebbe da addebitare al mix di ketamina e morfina, mentre la colluttazione coi poliziotti e la posizione cui è stata costretta la vittima (prona e schiacciata a terra) sarebbero irrilevanti come cause o concause del decesso. La mattina del 25 settembre 2005 il ragazzo sarebbe morto in ogni caso, in via Ippodromo o dopo essere giunto a casa, indipendentemente dall’incontro con i quattro agenti sotto processo. In sostanza le perizie non confutano la violenza del controllo di polizia cui è stato sottoposto Federico (un vero pestaggio, stando alla testimonianza della testimone Anne Marie Tsegueu, già a suo tempo resa davanti al Gip), ma ne valutano l’ininfluenza ai fini del decesso. Gli imputati hanno il diritto di mentire. Se anche così non stabilissero i principi del diritto (nemo tenetur se detegere, ossia a nessuno può essere chiesto di autoincriminarsi o comunque di confermare una propria responsabilità penale) basterebbe il buon senso a capirlo. Un imputato può decidere se deporre o meno, e in caso positivo la sua deposizione non è preceduta dal giuramento. Una simile possibilità ovviamente non è concessa, né dal buon senso né dalla legge, ai testimoni o a chi è chiamato ad altro titolo a collaborare al processo. Questo forse rende particolarmente crudele la ricostruzione fatta al tribunale di Ferrara lo scorso 10 ottobre. Chi scrive non ha competenze tecniche o scientifiche per confutare specialisti sicuramente qualificati come quelli nominati dal collegio difensivo. Le loro teorie saranno sicuramente suffragate da elementi “di scienza”, da riscontri presenti in letteratura. E per smontarle non basta sottolineare quanto quelle teorie siano distanti, diametralmente opposte, a quelle di altri consulenti ascoltati sul caso. Sicuramente il proliferare di informazioni sui fatti di sangue che colpiscono l’opinione pubblica ha reso più importante il ruolo che rivestono i periti, nella soluzione dei casi giudiziari. Sembra quasi che oggigiorno la scrittura della Giustizia sia ormai affidata alla fredda scienza. Ma laddove non arriva la competenza può però arrivare il ragionamento. A tale scopo si ricorda che le deposizioni a suo tempo rese in aula dagli imputati hanno descritto Federico come una forza scatenata della natura, capace di spezzare i manganelli con un calcio, un ciclone che ha travolto i quattro agenti minacciandone l’incolumità, fino ad essere “contenuto”. Una ricostruzione che, abbinata a quella dei consulenti della difesa, porterebbe ad un’ipotesi quasi fumettistica: un ragazzo di 18 anni, dopo aver assunto una specie di siero della forza, si sarebbe trasformato in una sorta di “incredibile Hulk”, per poi morire per le conseguenze negative della stessa pozione. Difficile a questo punto immaginare lo sdegno e la rabbia che devono aver provato i genitori di Federico Aldrovandi nell’ascoltare la ricostruzione fatta da chi ha sostenuto l’ineluttabilità della morte del loro figlio, quella mattina. La prossima udienza è fissata per l’11 novembre. In calendario, gli ultimi consulenti nominati dal collegio difensivo. Poi, il 24 novembre, saranno i periti del tribunale a dirimere i contrasti fra le perizie di parte.
Francesco “baro” Barilli
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