
La triste profezia degli osservatori più attenti del mondo ultras è stata ulteriormente confermata. «Se spingerete i gruppi organizzati alla clandestinità e militarizzere gli stadi, non combatterete la violenza, semplicemente la sposterete da un’altra parte», avevano avvertito in molti: tifosi, analisti, operatori sociali. Ieri pomeriggio, è successo di nuovo. In un’area di servizio della autostrada A21, nei pressi di Torino, un tifoso del Parma, Matteo Bagnaresi, 28 anni a settembre, è morto investito da un pullman di tifosi della Juventus che si stavano dirigendo allo stadio per assistere alla partita contro la squadra emiliana. Per alcune ore si è pensato a un nuovo caso Sandri, il giovane tifoso laziale ucciso in un autogrill, l’11 novembre scorso, da un colpo di pistola sparato da un agente della polizia stradale. La dinamica dei fatti ancora non è stata chiarita, alcuni testimoni parlano di un tentativo di aggressione nei confronti dei tifosi juventini e di una manovra maldestra dell’autista del pulmann. Immediata la decisione delle due società di rinviare la partita per rispetto dei familiari e degli amici del giovane tifoso. La morte di Bagnaresi è stata definita un «tragico incidente» dal capo della polizia Antonio Manganelli, che però ha assicurato «la prosecuzione delle indagini per chiarire tutta la vicenda» e ha precisato: «Secondo quanto mi è stato riferito dovrebbe comunque trattarsi di una situazione diversa rispetto a quella in cui fu ucciso il giovane Sandri». (
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