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La morte di Ramy Elgaml e quel festival della menzogna che ricorda tanto Genova 2001

Commenti sprezzanti verso la vita degli altri, verbali distorti, testimonianze inquinate. Dal video dell’inseguimento a Milano nella notte tra il 23 e il 24 novembre 2024 emergono scenari inquietanti. In attesa che la Procura faccia chiarezza, ci sono però delle domande alle quali il vertice dei carabinieri e il ministro dell’Interno dovrebbero già rispondere. Per non recitare la stessa ignominiosa parte di 24 anni fa

di Lorenzo Guadagnucci da Altreconomia

Chiudilo, chiudilo, chiudilo che cade. No, merda, non è caduto”. Possiamo partire da qui, da questa frase detta da un carabiniere durante l’assurdo inseguimento nelle vie di Milano, per qualche breve considerazione su quanto avvenuto nella notte tra il 23 e il 24 novembre 2024.

Il fatto è noto: uno scooter, con due giovani a bordo, non si ferma all’alt dei carabinieri per un controllo e due volanti si mettono all’inseguimento; è una corsa a tutta velocità nella notte, pericolosissima soprattutto per gli occupanti dello scooter e per eventuali passanti; dura ben otto chilometri, a un certo punto anche lungo una strada imboccata contromano.

Fino all’epilogo: lo scooter che svolta a sinistra, l’auto dei carabinieri così vicina che forse lo sperona, lo schianto dei due mezzi contro un palo del semaforo e la morte immediata del passeggero dello scooter, Ramy Elgaml, mentre il conducente, ferito gravemente, riuscirà a cavarsela dopo aver trascorso un periodo in ospedale in stato di coma.

C’è un’indagine in corso con sei carabinieri e il conducente dello scooter indagati per vari reati (omicidio stradale, falso, depistaggio, favoreggiamento personale a vario titolo per i carabinieri; omicidio stradale, resistenza a pubblico ufficiale per il giovane) e toccherà ai periti chiarire alcuni fatti: per esempio, se la gazzella dei carabinieri abbia speronato la moto nella curva fatale, o se in precedenza vi siano stati altri contatti fra i due mezzi e di che tipo (fortuiti o volontari?). E se davvero al testimone sfiorato dallo schianto, che aveva ripreso la scena col suo telefonino, sia stato immediatamente imposto, come ha dichiarato, di cancellare il video.

Qualcosa intanto però possiamo dire, a cominciare dalle frasi registrate quella notte. Oltre al “chiudilo che cade” e al “no, merda, non è caduto”, ci sono anche un “vaffanculo, non è caduto” e un “bene” alla fine della storia, quando arriva la notizia che i due ragazzi “sono caduti” (ma, va detto, senza nulla specificare sulle conseguenze per i due giovani).

Sono frasi che vengono giustificate con l’adrenalina e la concitazione del momento, ma che fanno pensare a scenari inquietanti, vista anche la dinamica del fatto: un inseguimento assurdo, rischiosissimo, a prima vista sproporzionato.

Sono frasi che fanno venire in mente un’altra nota registrazione, di 24 anni fa: il dialogo tra un’agente della questura e una volante di polizia il 21 luglio 2001, durante il G8 di Genova. A un certo punto si parla di quel che sta avvenendo in piazza, delle “zecche” -cioè i manifestanti- che stanno impegnando le forze dell’ordine, e l’operatrice, commentando i fatti, se ne esce con un eloquente “intanto, uno a zero per noi, yeah”, riferito all’uccisione in piazza Alimonda di Carlo Giuliani, colpito il giorno prima alla tempia da una pallottola sparata da un carabiniere e subito dopo calpestato dal “Defender” dell’Arma. “Che simpatica”, replica il poliziotto all’altro capo del telefono. 

In attesa che la Procura chiarisca i fatti e chieda, se necessario, di processare i responsabili di eventuali abusi e reati, ci sono delle domande alle quali il vertice dei carabinieri e il ministro dell’Interno dovrebbero rispondere.

Hanno chiesto conto di quelle frasi? Si sono domandati, come noi, se per caso i carabinieri quella notte abbiano perso il senso della misura? Si sono chiesti se sia ben chiaro, a chi lavora nelle forze dell’ordine, che le vite degli altri, qualunque sia il loro profilo, -“sono dei delinquenti, dei rapinatori, se la sono cercata”, è stato detto a posteriori dei due ragazzi sullo scooter, quasi a giustificare l’esito letale- sono vite da tutelare, non da mettere a rischio?

Hanno compreso quanto sia grave la denuncia del testimone sulla cancellazione del video dal telefonino? Sono domande che hanno una cornice: si ricordano, carabinieri e ministro, come andò al G8 di Genova? Sicuramente sì, ma, per sicurezza, possiamo rammentarglielo noi.

A Genova non ci furono solo violenze ingiustificate, torture di massa e un omicidio, fu anche una fiera del falso negli atti pubblici: falso il verbale dell’arresto di massa alla scuola Diaz, falsi innumerevoli verbali di singoli arresti eseguiti per strada, falsi i verbali del carcere delle torture a Bolzaneto.

Fu il festival della menzogna, della tortura e del disprezzo per i diritti e anche per la dignità dei cittadini. Fu il punto più basso per la credibilità delle nostre forze dell’ordine e non si è più risaliti, per la precisa ragione che i vertici delle nostre polizie fecero muro, non chiesero scusa, non indagarono le ragioni profonde di condotte così gravi. E non fecero autocritica. 

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