Dunque il governo ha intenzione di emanare un decreto legge in materia di sicurezza recependo e in qualche caso modificando le norme del disegno di legge attualmente in discussione al senato. Sarebbe un atto manifestamente contrario alla Costituzione.
di Gaetano Azzariti da il manifesto
Dunque il governo ha intenzione di emanare un decreto legge in materia di sicurezza recependo e in qualche caso modificando le norme del disegno di legge attualmente in discussione al senato. Sarebbe un atto manifestamente contrario alla Costituzione. Il capo dello Stato potrebbe trovarsi in grande difficoltà, dovendo valutare se ci sono le condizioni per emanare l’atto sottoposto alla sua firma. Saremmo di fronte ad un nuovo strappo costituzionale. Si tratterebbe, infatti, di un decreto non solo privo dei requisiti costituzionali di straordinaria necessità ed urgenza, nonché dal contenuto disomogeneo ponendosi dunque in violazione dei requisiti richiesti dalla giurisprudenza costituzionale, oltre che dalla legge 400 del 1988.
Ma anche di un decreto sostitutivo di una legge in itinere, che avrebbe come effetto immediato quello di sottrarre al titolare della funzione legislativa – il Parlamento – il potere costituzionalmente ad esso conferito dall’articolo 70 della nostra Costituzione.
L’abuso della decretazione d’urgenza, com’è noto, è un male risalente, e ha sollevato spesso perplessità e inviti alla cautela da parte dei presidenti della Repubblica, ripetutamente anche da parte di Mattarella. Raramente si è giunti però al rifiuto di emanazione: una cautela di per sé condivisibile, non dovendo il nostro presidente della Repubblica esercitare un controllo politico, forse neppure di semplice legittimità costituzionale (si parla infatti di «palese» o «manifesta» incostituzionalità persino nei casi di rinvio delle leggi). Eppure, in passato diversi presidenti (Pertini, Cossiga, Napolitano) hanno eccezionalmente rifiutato l’emanazione. Il caso più noto è quello del 2009 che vide Napolitano ritenere di non poter sottoscrivere il decreto-legge relativo alla dolorosa vicenda Englaro. La motivazione di fondo fu quella che non si poteva violare il principio della divisione dei poteri. In quel caso il governo, con il suo decreto, voleva vanificare una decisione assunta dalla giudice di Cassazione. Ora il governo vuole sostituirsi al parlamento.
In base a quali argomenti? L’approvazione del disegno di legge in senato era prevista entro pochi giorni e comunque entro i primi di maggio. A causa delle modifiche sarebbe necessario un altro passaggio alla camera, senza possibilità di ulteriore discussione o modifica del testo. La legge era destinata dunque a essere approvata nel giro di poche settimane. Dov’è l’urgenza che giustifica il decreto?
A quel che è dato sapere, l’atto del governo dovrebbe essere esattamente quello in discussione più qualche ulteriore misura e qualche modifica che potrebbe certamente essere presentata sin d’ora come emendamenti in parlamento. Non v’è dunque alcuna ragione per l’emanazione di un decreto legge se non, probabilmente, le divisioni nella maggioranza. Ma è un’altra divisione, assai più importante, quella dei poteri che imporrebbe al governo di non deliberare in Consiglio dei ministri un tale atto. Confidiamo che i poteri dissuasivi del Quirinale siano indirizzati in tale senso. Leggiamo però con preoccupazioni le considerazioni incendiarie del capogruppo Crippa, che sembra volersi contrapporre al garante senza nessuna volontà di ascolto. A breve sapremo, in gioco c’è la Costituzione.
Sicurezza, il governo forza la mano: un decreto al posto del disegno di legge
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