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La repressione come limite

L’epoca dei governi progressisti del Sudamerica mostra crepe ogni giorno più inquietanti e vistose. Un cambiamento sostanziale dello scenario geopolitico continentale che non può certo esser sottovalutato ma neanche indurre alla disperazione. Soprattutto chi, non da oggi, s’è detto convinto che i cambiamenti in profondità e di lungo periodo non si producono conquistando per qualche tempo i governi o altri poteri dello Stato. Fosse solo per questo aspetto, la crisi dell’Ecuador lancia un’insidiosa risonanza anche nell’Europa di Atene, e Madrid. Con la furiosa reazione contro gli indigeni e i lavoratori, tuttavia, l’Ecuador di Correa mostra una nuova forma di dominazione, dove le politiche sociali servono a tentare di far tacere i movimenti per lubrificare l’accumulazione di capitale basata sull’esproprio e la violenza contro la natura e le persone. La ferita di Quito varca una linea rossa di demarcazione che segna scelte di campo, scrivono Zibechi e Machado. E’ una ferita che brucia e minaccia di assumere contorni ancor più sanguinosi ma, nella sua violenza, è anche un elemento di chiarezza: i governi che nascono da grandi lotte e poi si dicono “dalla parte del popolo” non offrono garanzie – di per sé – di esser meno asserviti alle esigenze (anche brutali) del sistema che domina il mondo. Chi conosce un po’ di storia del Novecento non dovrebbe stupirsene troppo

 

Per la gente di sinistra, in ogni tempo e in ogni luogo, la repressione è sempre stata un punto limite, una linea rossa che non va attraversata. Noi, la gente delle sinistre, rifiutiamo da sempre il fatto che uno Stato, qualsiasi sia il suo colore, possa attraversarla senza che noi si alzi la voce, senza metterci in modo incondizionato dalla parte di coloro che subiscono la repressione. Senza manifestare la nostra più decisa opposizione a un modello di risoluzione dei conflitti che è brutale e provoca il dolore di coloro che, privi di armi militari, rivendicano quel che considerano giusto.

Il presidente dell’Ecuador Rafael Correa ha attraversato una linea che lo colloca a fianco dei tanti governi dell’oppressione del nostro continente. La dimostrazione si rende evidente nel “glorioso” saldo di centinaia di feriti e decine di arrestati, il frutto dell’intervento di corpi scelti della polizia anti-sommossa e della forze armate in località come Girón nell’Azuay, Pisanquí nell’Imbabura, Saraguro nella Loja, Quito nel Pichincha, El Chasqui nel Cotopaxi o Logroño nella provincia di Morona Santiago, tra gli altri luoghi del paese (le proteste hanno coinvolto anche altre delle 24 province dell’Ecuador, ndt).

Rafael Correa ha superato quella linea in un modo molto perverso: usando il nostro linguaggio, le forme e gli stili che utilizzano i movimenti popolari e i partiti di sinistra, pronunciando parole come rivoluzione, cambiamento, giustizia sociale e tante altre il cui significato viene violentato nel momento in cui comincia la repressione sui settori sociali che storicamente sono stati e continuano ad essere emarginati in questa società.

Il regime che comanda Correa sta mostrando, nella sua furiosa reazione allo sciopero guidato dalle organizzazioni indigene e dai sindacati dei lavoratori, il suo carattere autentico: una nuova forma di dominazione, dove le politiche sociali pretendono di mettere a tacere i movimenti per lubrificare le stesse forme di accumulazione basate sull’espropriazione e la violenza contro la natura e le persone.

In Ecuador non c’è nessuna rivoluzione in corso da parte del potere dello Stato. Ci sono l’approfondimento del modello estrattivista e la dipendenza crescente dal mercato capitalista globale. Questo richiede un ri-posizionamento autoritario dello Stato e delle modalità di governo. Ciò che sta accadendo è una conseguenza diretta di questo modello: la caduta dei prezzi del petrolio non ha fatto che far esplodere una crisi che los de arriba, quelli che stanno in alto, pretendono sia pagata da los de abajo, quelli che stanno in basso.

Il nostro sostegno incondizionato va ai settori popolari organizzati in movimenti. Alla repressione, che non è altro che l’anticamera di un’uscita a destra dalla crisi attuale, va la nostra opposizione. Soltanto l’azione decisa e autonoma dei movimenti può far inclinare la bilancia verso soluzioni popolari o di sinistra.

Il tentativo di mascherare questo tipo di comportamenti con discorsi che alludono a presunti golpe striscianti o a intenti di destabilizzare il regime, non riflette altro che una manifesta incapacità di governare senza esercitare violenza sulla gente.

Un modo di governare, questo, nel quale l’uso della prepotenza, il privilegio del potere, il dominio e la superiorità si trasformano in una cospirazione contro chi è debole.

Raúl Zibechi e Decio Machado

Traduzione da Rebelion per Comune-info di marco calabria

Comments ( 1 )

  • Mi dispiace apprendere notizie inquietanti provenienti dall’ Ecuador. Mi dispiace che il presidente Rafael Correa stia deludendo le attese rivoluzionarie e spero corregga presto i suoi errori. Come crustiano e come cattolico osservo che questi errori politici compiuti in America latina coincidono con l’imposizione del fascista populisra argentino bergoglio a capo della chiesa cattolica per opera del fascismo internazionale, interessato ad imporre dittature fasciste abcge in europa ed a coprire le responsabilità criminalo delle dittature fasciste che hanno insanguinato l’America latina. Il fascismo populista di bergoglio è inoltre interessato a impedire le rifirme sostanziali della Chiesa cattolica come la estensione del sacerdozio alle persone eterosessuali sposate ed alle donne ed il riconoscimento del significato del martirio di Cristo come solidarietà nei confronti degli oppressi di tutte le epoche e di tutte le latitudini. La teologia della liberazione, perseguitatata da bergoglio ecda Ratzinger, offre contributi per una risposta culturale e politica alla liberazione dei popoli. La coincidenza delle visite di bergoglio in America latina con il peggiorare della situazione politica nei paesi progressisti dimostra la finalità eversiva del fascismo internazionale. Forse Bergiglio è riuscito a imbrogliare anche Correa o il Popolo ecuadoregno. Certamente il fascismo internazionale vuole evitare che gruppi illuminati di cristiani possano organizzare la Resistenza contro le nuove dittature fasciste che vengono imposte in tutto il mondo a causa della incapacità dei politici e degli economisti di risolvere la crisi economica causata dai loro padroni. Le rifirme della Chiesa cattolica si rendono necessarie per consentire alla teologia della liberazione di James Cone, Gustavo Gutierrez, Jon Sobrino, Ignacio Ellacuria e Antonio Bello, di poter divenire lievito di cambiamento della realtà politica ed economica mondiale.
    Raffaele Coluccia
    resistenza.civile.coluccia@gmail.com