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La storia di Gonzales Sola Xabier in carcere in Italia in regime duro di isolamento totale

In Italia c’è un detenuto basco in regime duro di isolamento totale. Ristretto in una cella con un blindato rigorosamente chiuso nonostante le alte temperature del periodo estivo, con una finestra a bocca di lupo, ovvero con una lastra di metallo all’esterno da cui passa pochissima aria. Nessuna ora di socialità con gli altri detenuti. Gli viene concesso non più di mezz’ora al giorno per sgranchirsi le gambe, rigorosamente da solo, in un cortile angusto. Un trattamento disumano e degradante peggiore del carcere duro: il diritto alla socialità con gli altri detenuti viene concesso perfino ai detenuti del 41 Bis.

Parliamo di Gonzales Sola Xabier, nato a Bilbao nel 1974, attualmente detenuto nel carcere di Rebibbia in regime di alta sorveglianza. Gonzales viene tratto in arresto il 31 Luglio scorso a Roma, grazie al mandato internazionale emesso dall’autorità giudiziaria spagnola per aver violato la libertà vigilata. Viene dapprima rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, in condizioni di isolamento totale e senza il rispetto minimo dei suoi diritti. Alla richiesta di spiegazioni da parte dell’ avvocato difensore Caterina Calia, circa il protrarsi del regime di isolamento, il personale di polizia ha risposto che ciò è determinato dall’assenza della sezione di alta sicurezza (AS2).

La spiegazione è stata insoddisfacente perché ciò non giustifica il trattamento riservato. A seguito delle legittime rimostranze della difesa, il dipartimento amministrativo penitenziario ha disposto il trasferimento di Gonzales presso il carcere di Rebibbia dove è presente un circuito di alta sorveglianza. Il 3 settembre, appena giunto al nuovo istituto, gli viene assicurato che sarebbe stato ammesso alla socialità. Per questo gli viene chiesto di porre fine allo sciopero della fame che aveva intrapreso perchè erano venute meno le ragioni della protesta. Ma contrariamente a quanto gli hanno promesso verbalmente, la detenzione dura prosegue. Ma con più ferocia. Dal giorno del trasferimento, Gonzales è rimasto chiuso per ventiquattro ore al giorno: nemmeno più la mezz’ora d’aria al giorno che nel carcere precedente gli veniva concessa. Dopo quattro giorni di detenzione totale, a causa di fortissimi mal di testa presumibilmente dovuti dalla scarsa ossigenazione, ha chiesto di essere visitato dal medico. Ma le sue richieste sono state totalmente inascoltate.

Gonzales è accusato dalle autorità giudiziarie iberiche di appartenere ad un gruppo anarchico, con finalità sovversive, denominato “Collettivo Bandiera Nera”. Il “delitto” contestato è quello di appartenere ad un gruppo sovversivo e di fare apologia di reato perchè dedito all’incitamento per il “sovvertimento dell’ordine costituzionale”. Un po’ come accade con gli anarchici nostrani e i militanti no tav. Ma c’è una differenza sostanziale. In Spagna i magistrati hanno scarcerato d’ufficio Gonzales, insieme agli altri coimputati, dopo quattro mesi di detenzione e sottoposto gli stessi alla libertà vigilata. Da noi invece viene applicato il carcere duro preventivo per molto tempo.

L’avvocato Calia ritiene quindi paradossale che per le stesse ipotesi di reato la Spagna ha ritenuto sufficiente la misura non detentiva, mentre l’amministrazione penitenziaria disponga invece che la detenzione venga eseguita con la sospensione di tutte le regole di trattamento ordinario. Lo stato rinchiude facilmente in regime duro le persone che avrebbero incitato al sovvertimento dell’ordine costituzionale, ma nello stesso tempo, nelle patrie galere, lo stato stesso non rispetta con altrettanta facilità la costituzione. Ovvero la sovverte.

Damiano Aliprandi da Il garantista