Menu

La storia di M.: una detenzione infinita in un Cie

Il tema dell’immigrazione ha costituito la fortuna della destra xenofoba nostrana. La Lega e la disciolta An hanno brutalmente cavalcato i sentimenti più deteriori e identitari della collettività nazionale. Lo straniero è stato messo sullo stesso piano del nemico della nazione.
Nei suoi confronti Bossi e Fini, con tutti i loro accoliti, hanno costruito una legge che ha sostanziato un diritto speciale e discriminatorio per i non cittadini della Ue. Sono stati anni bui per il diritto e la democrazia. Abbiamo dovuto leggere quella grande sciocchezza per cui si poteva essere razzisti e di sinistra. Abbiamo sentito da esponenti non di destra che l’Italia a causa dei rumeni rischiava di diventare il vespasiano di Europa.
Frase indegna per un liberale, figuriamoci per chi intende collocarsi in uno schieramento di sinistra. Con Monti al Governo è arrivato il ministro Riccardi, figura autorevole della altrettanto autorevole Comunità di Sant’Egidio. Non ci aspettavamo proposte radicali e anti-autoritarie, ma non c’è stata alcuna discontinuità normativa e simbolica. Sarà perché la maggioranza che sosteneva il governo Monti era eterogenea, sarà perché ha prevalso la solita orribile realpolitik, sta di fatto che l’impianto repressivo, violento e volgare della Bossi-Fini è rimasto tutto in piedi.
L’organizzazione non governativa Medici per i Diritti Umani ha reso pubblica la seguente storia che riporto fedelmente:“ M., giovane migrante, è rinchiuso in un Cie (Centri di Identificazione ed Espulsione) dal 2011; è affetto da una grave forma di depressione e da una settimana rifiuta cibo, acqua e farmaci. M. arriva per la prima volta in Italia, a Lampedusa, nell’ottobre del 2010. Nel dicembre del 2011 viene internato nel Cie di Gradisca, poi successivamente è trasferito a Trapani e poi ancora riportato al centro di identificazione ed espulsione di Gradisca senza che si possa procedere al suo rimpatrio. Ai primi di dicembre, dopo che il Giudice di pace decreta l’ennesima proroga di due mesi del suo trattenimento, M. viene trasferito d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale di Gorizia dopo aver ingerito numerosi farmaci e innumerevoli monete. Gli viene praticata la lavanda gastrica e successivamente viene ricondotto al CIE.
Il giorno seguente viene sottoposto presso lo stesso nosocomio a visita psichiatrica con diagnosi di reazione da stress ambientale, calo ponderale importante in sindrome depressiva reattiva. Lo psichiatra, nel prescrivere la terapia farmacologica per l’insonnia e l’ansia, ritiene “assolutamente urgente” velocizzare il più possibile l’uscita dal Cie ritenendo che la situazione ambientale possa peggiorare ulteriormente il quadro. Nonostante ciò il trattenimento nel centro prosegue. Alla fine di dicembre una nuova visita psichiatrica riscontra un peggioramento del quadro (“grave sindrome depressiva con importante dimagrimento”), specificando che “la situazione psico-patologica è sicuramente reattiva al trattenimento nel Cie”. Il primo di gennaio M. comincia a rifiutare acqua, farmaci e cibo. In otto giorni perde sette chili.

Il tre gennaio compie un ulteriore atto di autolesionismo riportando una ferita superficiale al gomito sinistro. Il 12 gennaio M. è nuovamente ricondotto ai servizi psichiatrici territoriali dove un’ulteriore consulenza specialistica conferma il quadro di grave sindrome depressiva reattiva e chiede, per la terza volta, l’urgente rilascio dal Cie. Il paziente rifiuta di assumere la terapia psichiatrica prescrittagli. Il 22 gennaio il paziente comincia di nuovo a rifiutare alimenti e bevande andando incontro ad un nuovo calo ponderale. M. chiede di poter essere visitato da un medico di MEDU di sua fiducia. Il colloquio viene concesso ma, da regolamento, per soli venti minuti, attraverso una barriera di plexiglass e in presenza di due agenti di pubblica sicurezza. Al momento dell’incontro, il medico riscontra lo stato di notevole sofferenza del paziente e, dopo aver a lungo interloquito con gli agenti, ottiene unicamente un breve tempo supplementare per il colloquio. Il provvedimento di detenzione amministrativa in un CIE, che secondo la normativa europea e la legge italiana dovrebbe essere finalizzato esclusivamente ad effettuare il rimpatrio del cittadino straniero, appare essere stato protratto in questo caso oltre ogni ragionevolezza, ledendo gravemente valori fondamentali come la salute e la dignità umana.”

Nel 2012 sono stati 7.944 (7.012 uomini e 932 donne) i migranti trattenuti in tutti i Cie operativi in Italia. Di questi solo la metà (4.015) sono stati effettivamente rimpatriati. Come afferma Medu è confermata la sostanziale inutilità dell’estensione della durata massima del trattenimento da 6 a 18 mesi (decisa nel giugno 2011) ai fini di un miglioramento nell’efficacia delle espulsioni, dal momento che “il rapporto tra i migranti rimpatriati rispetto al totale dei trattenuti nei Cie è incrementato di appena il 2,3% rispetto al 2010, anno in cui il limite massimo per la detenzione amministrativa era ancora di sei mesi”. Chiediamo a tutte le forze politiche di spiegare cosa intendono fare della vergogna dei Cie. Chiediamo a tutti i parlamentari futuri di salvare la vita di M., recluso senza colpe in quel di Gradisca. I medici lo hanno potuto visitare con gli stessi ostacoli (vetro divisorio) previsti per i mafiosi. Incredibile ma tragicamente vero.

Patrizio Gonnella da micromega