L’annegamento di 700 forse 900 migranti il 17 aprile 2015 è l’ennesima conseguenza diretta di due fatti principali: la riproduzione delle guerre e il proibizionismo delle migrazioni. La maggioranza dei media continua a vomitare lacrime da coccodrillo, vili ipocrisie, falsità e addirittura il compiacimento da parte degli sciacalli; ancora una distrazione di massa per nascondere le vere cause di queste stragi e i responsabili.
Soprattutto dal 1990, la maggioranza degli emigranti fugge le guerre o le conseguenze dirette o indirette di queste: palestinesi, ruandesi, sudanesi, eritrei, congolesi, originari dei Balcani, iracheni, afgani, sub-sahariani, kurdi e oggi siriani e ancora altri di altre zone di guerra che i nostri media raramente menzionano. La riproduzione delle guerre dal 1945 a oggi è dovuta innanzitutto al continuo aumento della produzione delle armi e al suo commercio legale e illegale da parte delle principali potenze mondiali e dei paesi loro alleati. È risaputo che le armi e i soldi dell’Isis provengono soprattutto dagli Emirati amici degli Stati Uniti o anche della Russia e talvolta della Cina.
Da anni la più grande fiera annuale degli armamenti si svolge negli Emirati; all’ultima, il 22-26 febbraio scorso ad Abou Dhabi (http://www.idexuae.ae/page.cfm/link=1; si veda anche video della precedente SOFEX: http://www.vice.com/it/video/sofex-the-business-of-war-part-1) hanno partecipato 600 rappresentanti delle imprese e paesi espositori (fra cui 32 imprese italiane), ossia ministri (fra i quali la sig.ra Pinotti e il sig. Minniti), diplomatici, alti ufficiali delle forze armate e alti dirigenti delle polizie e dirigenti delle grandi imprese (per l’Italia in primo luogo la Finmeccanica presieduta dal prefetto, ex-capo della polizia e poi dei servizi segreti, De Gennaro).
Secondo il Sipri (http://books.sipri.org/files/FS/SIPRIFS1503.pdf), la produzione e l’esportazione di armamenti sono notevolmente e continuamente aumentate in particolare dal 2005; i principali paesi esportatori di armamenti sono Stati Uniti, Russia, Germania, Cina, Francia e Italia che per buona parte produce in joint venture o subappalto con/per imprese statunitensi; i primi cinque paesi insieme occupano il 74% del volume mondiale di esportazioni, USA e Russia da soli il 56% del mercato; i principali paesi importatori sono India, Arabia Saudita, Cina, Emirati Arabi Uniti e Pakistan; i principali clienti dell’Italia sono gli Emirati, l’India e la Turchia (su affari militari italiani vedi l’ottimo: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/).
Come mostrano alcune ricerche di questi ultimi anni, le lobby finanziarie-militaro-poliziesche transnazionali e dei singoli paesi soprattutto dopo l’11 settembre 2001 hanno puntato all’esasperazione di ogni situazione di crisi e a favorire la costruzione del “nemico di turno” per giustificare la guerra permanente o infinita (come la definiva senza ambasce G. Bush jr.). Dopo Al Qaeda, l’Isis è palesemente il nemico ancor più orribile e forse ormai non più condizionabile da parte delle grandi potenze e dai loro alleati arabi, così come è diventata incontrollabile la situazione in Iraq, in Libia e altrove. Ma questo va bene per il “gioco della guerra infinita” e del “governo attraverso il terrore” (J. Simon).
Ovviamente, nessun paese produttore ed esportatore di armi sembra disposto a bloccare queste attività; tanti gridano contro la guerra, anche il Papa, ma non si dice che a monte c’è la responsabilità di chi realizza profitti e mantiene o accresce il suo dominio grazie a queste attività (vedi tutte le banche, e anche la finanza vaticana). Scappare anche a costo di rischiare la vita è l’unica possibilità che resta a chi ha la forza, la capacità e i soldi per fuggire le guerre. È quindi ovvio che tanti cercano di approfittare di questo bisogno. Ma, i trafficanti di migranti possono praticare questo business a volte criminale perché c’è proibizionismo delle migrazioni.
Se le persone che cercano di scappare trovassero la possibilità di aiuto, di “corridoi umanitari” e quindi di accesso regolare ai paesi non in guerra, i trafficanti non potrebbero lucrare sul loro disperato bisogno di cercare salvezza. Ipotesi quali quella del “blocco navale”, oltre a essere del tutto insulsa anche dal punto di vista giuridico e tecnico, è degna di neo-nazistelli del XXI sec. Gli Stati Uniti, l’Unione europea, la Russia, ma anche la Cina, il Giappone e altri paesi che sono direttamente o indirettamente responsabili delle guerre e della disperata emigrazione di oggi dovrebbero essere obbligati dall’ONU a fornire aiuti e accesso regolare nei loro territori così, come si fece per i Boat people che scappavano dal sud-est asiatico negli anni Settanta a seguito della guerra in Vietnam e Laos, e i massacri di Pol Pot in Cambogia.
La logica protezionista e proibizionista che prevale nell’Unione europea alimenta il razzismo e, ovviamente, anche il declino economico e l’inconsistenza politica.
Al contrario, cinicamente, gli Stati Uniti hanno continuato a costruire sulla migrazione regolare e irregolare il loro successo economico degli anni 1970-2007, e persino il superamento dell’ultima crisi. Dal 1990 la popolazione statunitense è aumentata di quasi 70 milioni. Allo stesso tempo, gli States hanno avuto e hanno più di 13 milioni di immigrati irregolari (clandestini), ogni anno ne hanno espulso tra i 400.000 e un milione e si stima che 18.500 sono stati uccisi nel 1998-2013 alla frontiera in parte da poliziotti e anche da criminali che si divertono nella «caccia agli umani». E’ grazie all’immigrazione regolare e irregolare che gli USA sono diventati la prima potenza economica, militare e politica; le teorie razziste di Huntington si inseriscono perfettamente nel gioco tra inclusione e rifiuto, nell’inferiorizzazione degli immigrati così costretti a guadagnarsi la salvezza attraverso l’umiliazione, il sacrificio, a favore dell’alta produttività per il paese d’immigrazione.
Al contrario, i paesi europei d’immigrazione sono ancorati a un proibizionismo rigido che permette solo un’immigrazione illegale per fornire neo-schiavi alle economie sommerse. Così, si producono più morti tra i migranti che cercano di raggiungere l’UE, meno naturalizzati, meno regolarizzazione e più precarietà. In tutta l’Europa a 27 (505 milioni di abitanti ufficiali) nel 2012 il totale degli immigrati regolari è stato inferiore a quello degli Stati Uniti, 21 milioni secondo Eurostat, e dal 1990 ci sono state meno naturalizzazioni. Le persone nate in un paese al di fuori dell’UE a 27 sarebbero di circa 33 milioni. Secondo le stime più attendibili, gli irregolari in Europa non sarebbero più di cinque milioni[1].
Al di là della differenza tra l’Europa e gli Stati Uniti per quanto riguarda il welfare, constatiamo che gli Stati Uniti continuano a puntare sull’immigrazione on pratiche soft e altre di selezione violenta e anche razzista.
L’Europa appare come un soggetto politico abortito prima di nascere, una sorta di continente dominato da buzzurri pronti solo a schiavizzare pochi passanti che si fermano mentre erigono nuove fortificazioni. Una prospettiva suicida nel mondo globalizzato, perché tra l’altro, i neo-ricchi dei paesi emergenti sembrano giocare all’asta fallimentare dei beni di un continente decadente.
Salvatore Palidda
pubblicato anche su Alfabeta2
[1] Palidda (2015) “Emigrations et immigrations, mobilités humaines: un fait politique total”, in stampa in Actes du Colloque international de l’Association des anthropologues et sociologues francophones, Ottawa