La Commissione europea, in vista della riunione dei capi di stato e di governo che si terrà a Malta il 3 febbraio, ha illustrato un piano per respingere i migranti in mare. Il lavoro sporco verrà affidato alle autorità libiche, con pattugliamenti davanti alle coste e la blindatura delle frontiere a sud del paese. Nel frattempo ieri il ministro degli Interni Marco Minniti ha ricevuto l’ok dei presidenti delle regioni italiane al suo nuovo piano sui migranti. “Più severità uguale più integrazione”, un’idea che non è dispiaciuta al trio anti immigrati Zaia-Maroni-Toti
Nel mare non si possono costruire muri. Si può fare di peggio. L’Europa ha deciso di blindare le coste libiche con l’obiettivo di bloccare le partenze dei migranti diretti in Italia e Malta già la prossima primavera. Questa operazione è stata presentata ieri a Bruxelles dalla Commissione europea e dall’Alta rappresentante della politica estera Ue, Federica Mogherini, in vista della riunione dei capi di stato che si terrà a Malta il 3 febbraio. Il documento finale contiene belle parole che non dispiacerebbero al Papa: “Gestire meglio la migrazione e salvare vite lungo la rotta del Mediterraneo centrale”, si legge nel testo che specifica misure concrete e immediate. Li chiamano salvataggi ma non sono altro che respingimenti in mare. Un blocco navale (“line of protection”) gestito da Tripoli davanti ai porti e alle spiagge. Il lavoro sporco verrà affidato alle autorità libiche anche sulla terraferma, dove l’Europa però si impegna a “migliorare le condizioni di vita dei migranti e dei rifugiati in Libia e nei paesi limitrofi”.
Sembra che ci sia una gran fretta di scongiurare una nuova emergenza in Europa – più politica che umanitaria – chiudendo quel braccio di mare dove l’anno scorso sono morte più di 5 mila persone. Nel 2016 hanno attraversato il canale di Sicilia 181 mila migranti, il 18% in più rispetto all’anno precedente.
Sul piatto, per ora, ci sono la miseria di 200 milioni di euro per la formazione e l’equipaggiamento della guardia costiera libica e per “migliorare la condizione per i migranti e intensificare i ritorni volontari assistiti”. Federica Mogherini ha illustrato un progetto politico ambizioso (e irrealizzabile) che per ora si concretizza solo in una doppia operazione di polizia – prima in mare e poi sul confine sud della Libia – che di fatto servirà a braccare ed imprigionare sul suolo africano migliaia di esseri umani in fuga da guerre e miseria. “Non ci sono formule magiche ma azioni concrete – ha precisato – prima di tutto pace e stabilità in Libia e sviluppo reale dell’Africa con un piano di investimenti esterni, compact e pacchetti di aiuto con cinque paesi chiave, nel frattempo abbiamo bisogno di misure immediate”. Rinforzare il pattugliamento libico e “il lavoro alle frontiere meridionali, tra Ciad e Niger, dove bisogna gestire una frontiera complicata”. Mogherini dice che l’Ue è impegnata a sostenere le associazioni umanitarie “nella loro capacità di lavorare all’interno della Libia”, dove, ammette, “la situazione dei migranti è molto grave sui diritti umani, soprattutto delle donne”.
La presunta concretezza esibita dalla Ue, sostegno alla marina libica a parte, si risolve in alcuni obiettivi piuttosto generici e velleitari. “Intensificare la lotta contro gli scafisti e i trafficanti” garantendo che la rete Seahorse Mediterraneo sia operativa entro questa primavera. E, naturalmente, distruggere i barconi in partenza. Poi “proteggere i migranti”, sostenendo in qualche modo il lavoro dell’Unhcr e dell’Oim in un paese totalmente fuori controllo (per erogare servizi di base alla popolazione libica, agli sfollati e ai migranti ci sarebbero 20 milioni di euro). E, infine, anche un impegno a “rafforzare il dialogo e la cooperazione operativa” con tutti i paesi dell’Africa settentrionale.
Questo piano di chiusura e respingimenti della Ue dovrebbe essere sostenuto da tutti i governi europei, compresi quelli del gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) che sono contrari alla redistribuzione dei profughi e spingono per una politica di blocco delle migrazioni all’origine. Accontentati.
Nel frattempo, prima di volare a Malta per mostrare all’Europa il volto inflessibile dell’italica determinazione, ieri il ministro degli Interni Marco Minniti ha incontrato i presidenti delle Regioni per uno scambio di valutazioni sul piano immigrazione. La sintesi della Conferenza Stato-Regioni, già scritta e piuttosto scontata, è un coro che dice “più severità uguale più integrazione”. L’approccio muscolare del ministro non è dispiaciuto a nessun governatore, tanto meno al trio anti migranti Zaia-Maroni-Toti. Tutti si sono detti ben disposti a collaborare. “Abbiamo fatto un primo passo illustrando un programma complessivo che tiene conto di due elementi – ha precisato il ministro – la severità nei confronti di coloro che sono irregolari e non rispettano le leggi e insieme l’integrazione verso coloro che sono regolari e rispettano le leggi. Abbiamo deciso di lavorare insieme nei prossimi giorni, i tempi delle decisioni saranno particolarmente rapidi”. Sempre ieri, a Roma, davanti al Pantheon, alcune associazioni che lavorano sui diritti dei migranti hanno protestato contro la riapertura dei Cie e gli accordi con la Libia e per chiedere l’apertura di un canale umanitario. Al grido “la vita vale molto più di una frontiera”.
Luca Fazio
da il manifesto