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L’acqua calda in carcere non è un diritto: “Si può pretendere solo in albergo”

Nei penitenziari italiani 4 rivolte e 8 detenuti morti in una settimana. Nell’inferno delle carceri italiane, dopo i suicidi e le rivolte, sotto i riflettori finiscono adesso anche le ordinanze della magistratura di sorveglianza, che respinge i ricorsi dei reclusi contro la situazione di degrado degli istituti.

da huffingtonpost.it

Partiranno nelle prossime ore gli accertamenti del Garante dei detenuti su una serie di ricorsi rigettati in cui si chiedevano liberazione anticipata, sconto di pena o risarcimento dei danni presentati da vari detenuti nel carcere di Sollicciano a Firenze.

Il Garante si è soffermato in particolare su un’ordinanza in cui si legge: “Con riferimento alla mancanza di acqua calda nel lavandino che si trova all’interno delle camere detentive, ritiene questo magistrato che la fornitura di acqua calda all’interno della cella non sia un diritto essenziale garantito al detenuto, ma una fornitura che si può pretendere solo in strutture alberghiere”. Verifiche saranno avviate anche sul rigetto della richiesta di liberazione anticipata di un recluso che in passato aveva tentato il suicidio. La motivazione del respingimento sarebbe dovuta al fatto che “il tentativo di togliersi la vita mediante impiccagione è incompatibile con il presupposto della liberazione anticipata che è la partecipazione all’opera rieducativa”.

Sono centinaia i ricorsi da parte di detenuti nella casa circondariale di Firenze, i quali lamentano di trovarsi da diversi anni in condizioni inaccettabili e per questo hanno chiesto sconti di pena, alcuni dei quali sono stati accolti proprio perché ne sono state riconosciute le motivazioni ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, che vieta il “trattamento inumano e degradante”.

Proprio il 5 luglio scorso c’era stata una rivolta nello stesso carcere fiorentino di Sollicciano, seguita da quelle negli istituti di Viterbo, Trento, Vercelli e Brissogne: quattro proteste violente nell’ultima settimana, con materassi bruciati, devastazioni e alcuni agenti feriti. A Trieste il giorno successivo alla rivolta un detenuto è morto per overdose, dopo il saccheggio dell’infermeria, dalla quale erano stati portati via grossi quantitativi di metadone. Il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria (Spp), Aldo Di Giacomo, ha invece annunciato il cinquantottesimo suicidio di un recluso nel carcere di Verona, il sesto in un anno nello stesso penitenziario, che al momento in questo senso detiene il record negativo tra gli istituti italiani. “È una ecatombe senza interruzione. Oramai siamo destinati ad assistere inermi a morte e violenze”, commenta il sindacalista.

Sul fronte politico, dopo il decreto “Carcere sicuro” approvato dieci giorni fa dal governo – che punta a semplificare le procedure, accelerare la burocrazia e umanizzare gli istituti garantendo anche l’alternatività della pena in comunità – il 23 luglio sarà discussa alla Camera la proposta di legge Giachetti, che punta alla modifica del sistema di detrazione di pena per la liberazione anticipata dei detenuti (da 45 a 60 giorni per ogni semestre di pena scontata). La misura è anche contenuta in un emendamento allo stesso decreto carceri al Senato.

“Sulla nostra proposta aspettiamo di capire quale sarà la posizione della maggioranza. Se non ci saranno aperture in questo senso sarà inevitabile passare alla parte giudiziaria”, sostiene il deputato di Italia Viva, Roberto Giachetti, il quale già qualche giorno fa aveva annunciato l’ipotesi di una “denuncia al ministro della Giustizia perché se non si impedisce questa emergenza, prendendo decisioni concrete, lui sarà per noi responsabile”.

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