L’altra verità. Cori che invocano il genocidio, bandiere palestinesi strappate, aggressioni per strada
La città di Amsterdam vittima di violenze di una banda di hooligans israeliani facinorosi e invece sulla stampa italiana pagine e pagine di definizioni e paragoni vergognosi (notte dei cristalli, pogrom, antisemitismo). Una consapevole mistificazione di quanto è avvenuto, un doloso capovolgimento dei fatti. Il capo delle polizia locale Peter Holla ha spiegato che i tifosi del Maccabi, il club di Telaviv di cui sono noti i legami storici con la formazione fascista del Betar hanno scorazzato prima del match per le vie del centro città strappando e bruciando bandiere palestinesi appese alle finestre, distruggendo un taxi che aveva una effige propalestina, inneggiando alla distruzione di Gaza
di Ester Nemo in collaborazione con Massimiliano Sfregola da il manifesto
Cinque feriti israeliani e una sessantina di arresti. È il bilancio, ancora da chiarire, degli scontri che si sono verificati ad Amsterdam tra giovedì e venerdì notte. I tifosi del Maccabi Tel Aviv sono stati aggrediti all’uscita del match perso con l’Ajax per 5-0. «Pogrom», hanno tuonato media e politici dalla capitale dello Stato ebraico, insieme ai nazionalisti dei Paesi bassi e a quelli di mezza Europa. «Espelleremo i radicali islamici», ha dichiarato Geert Wilders, leader di estrema destra del Partito per la Libertà. Il premier olandese Dick Schoof ha condannato «gli attacchi antisemiti». La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha parlato di «aggressioni inaccettabili». Sulla stessa linea d’onda Joe Biden, secondo cui si è trattato di atti che «ricordano momenti bui della storia in cui gli ebrei erano perseguitati».
AL CORO GRANITICO dei sostenitori di Israele senza se e senza ma, manca però un pezzo della vicenda. Prima della brutta esplosione di violenza, infatti, gli ultrà del Maccabi avevano spadroneggiato impuniti per le strade della capitale olandese. I tanti video disponibili online mostrano un pre partita con, per così dire, poco fair play. «Tifosi» israeliani che si arrampicano sulle case strappando le bandiere della Palestina esposte alle finestre. Un tassista arabo, pare di origine marocchina, aggredito.
Notizie confermato dal capo della polizia di Amsterdam Peter Holla in una conferenza stampa. E poi i cori all’ingresso dello stadio: «Israele distruggerà gli arabi» e «Non ci sono più scuole a Gaza perché non restano più bambini». L’oltraggio verso le vittime del genocidio è continuato anche durante il minuto di silenzio per le vittime dell’alluvione nella provincia di Valencia. La tifoseria israeliana lo ha interrotto rumorosamente, in dissenso con il sostegno spagnolo al popolo palestinese.A un certo punto della giornata di ieri si era diffusa la voce che ci fossero dei «dispersi» o persino degli «ostaggi». Tutto smentito.
GLI SCONTRI non sembrano riducibili alle classiche dinamiche da stadio, anche perché la curva dell’Ajax ha connessioni storiche con il variegato mondo ebraico. Stando alle autorità sarebbero diversi i minorenni coinvolti e gran parte delle azioni sarebbe avvenuta nell’area di Bijlmer, zona periferica a sud-est della capitale dove ha sede la John Cruijff arena, lo stadio dell’Ajax. La costellazione di attivisti e associazioni che nei Paesi Bassi sostengono la Palestina, e si coordinano su Instagram intorno a profili come Amsterdam Encampment, avevano chiamato alla mobilitazione e alla protesta, denunciando gli atti intimidatori.
La sindaca di Amsterdam Femke Halsema – del partito Sinistra verde che però non ha mai nascosto una certa ostilità nei confronti del mondo musulmano e in particolare dei manifestanti pro Palestina – aveva risposto nei giorni passati a chi chiedeva di giocare a porte chiuse che il Maccabi non era nella lista delle tifoserie «attenzionate». Durante la conferenza stampa di ieri la sindaca ha annunciato una serie draconiana di misure per il weekend, con la dichiarazione dello stato d’emergenza e il divieto di manifestazioni. Poco prima il driehoek (il comitato per l’ordine e la sicurezza in Olanda, composto da sindaco, capo della polizia e pm) si era unito d’urgenza in seguito agli scontri. Il giornalista del quotidiano Nrc Toon Beemsterboer, però, aveva ricordato che la tifoseria della squadra si era già fatta riconoscere, eccome, ad Atene per episodi simili a quelli visti a piazza Dam. Nella capitale greca un cittadino di origine arabe era stato aggredito e mandato in ospedale da una quarantina di hooligans solo perché indossava una kefiah.
L’ARABISTA olandese Rena Netjes ha puntato il dito contro chi ha consentito a quei tifosi di marciare indisturbati per le vie di Amsterdam intonando in ebraico quei cori contro palestinesi e arabi. Responsabilità istituzionali rapidamente sparite dal dibattito, che ha avuto un’eco globale.
SE NON È POSSIBILE escludere che in alcuni casi l’esplosione di rabbia abbia assunto sfumature antisemite, dai video che si trovano in rete è evidente che le ragioni principali riguardassero la situazione a Gaza. «Grida Palestina libera, grida Palestina libera», dice un uomo a un supporter della squadra israeliana caduto a terra. Del resto da Tel Aviv non era partita una comitiva di turisti israeliani in visita alla casa di Anne Frank, come hanno sottolineato anche Stephan van Baarle, capogruppo alla Camera olandese del partito multitenico Denk e Esther Ouwehand, leader del Partito per gli Animali – i soli parlamentari ad aver protestato per la reazione a senso unico dell’establishment dei Paesi Bassi – ma ultra nazionalisti che a dispetto delle promesse, la politica non l’hanno affatto lasciata fuori dai confini olandesi.
UN PROBLEMA SERIO in una città come Amsterdam, una delle capitali europee con più alte percentuali di musulmani – che rappresentano circa il 15% della popolazione – che allo stesso tempo si porta dietro la drammatica storia di persecuzioni e deportazioni di ebrei. E un problema persino più serio se a guidare la città c’è una sindaca diventata di recente il bersaglio preferito degli attacchi di Geert Wilders, che ne ha auspicato diverse volte la rimozione, con la dichiarazione dello stato d’emergenza sembra abbia ceduto alle pressioni del capo del primo partito in Olanda, che pur non avendo formalmente incarichi, dice di aver parlato al telefono con Nethanyau e di aver garantito il massimo impegno per cacciare dal paese «i musulmani radicali».
Le reazioni della politica
Non ci si può meravigliare, quindi, se dopo tutto quel a cui abbiamo assistito in Olanda, qualcuno – al termine della partita -abbia voluto rendere pan per focaccia agli ultras del Maccabi Tel Aviv. Immagini che hanno fatto il giro dei social e che hanno scatenato l’indignazione del potere mediatico e politico che, estrapolando alcune immagini dal loro contesto originario, ora gridano allo scandalo e tirano in ballo – come sempre più spesso fanno per criminalizzare chi sostiene la causa palestinese – l’antisemitismo.
L’ufficio del premier israeliano ha dichiarato che il Primo Ministro Benjamin Netanyahu è stato informato dei dettagli riguardanti il violentissimo incidente contro i cittadini israeliani ad Amsterdam, ha svolto una valutazione con il suo Segretario militare e il ministro degli Esteri e sta ricevendo aggiornamenti regolari. Le immagini crude dell’assalto ai nostri cittadini ad Amsterdam non saranno ignorate.
Ariel Muzicant, presidente del Congresso ebraico europeo ha parlanto di attacchi antisemiti, scioccanti e in piena vista nelle strade di una città europea, evidenziando i pericoli delle manifestazioni anti-Israele lasciate senza controllo.
In Italia c’è chi, come il leader di Italia Viva, Matteo Renzi parla di “caccia all’ebreo” e tira in ballo Anna Frank: “le scene che abbiamo visto in Olanda rappresentano una vera e propria squallida caccia all’ebreo. I tifosi sono stati presi di mira solo per la propria nazionalità o fede religiosa. Restare in silenzio significa essere complici di una vergogna globale, a maggior ragione nella terra di Anna Frank. L’antisemitismo è ancora una piaga della nostra società: bisogna avere la forza di dirlo ad alta voce, senza alcuna incertezza“. Sulla stessa lunghezza d’onda Carlo Calenda che nel riconvididere un post di condanna di quanto occorso agli ultras del Maccabi parla di “vergogna. Europa XXI secolo“.
Ma qui la vergogna è l’ipocrisia e la malafede di chi sostiene senza se e senza ma il governo israeliano che da oltre un anno sta compiendo una vera e propria pulizia etnica in Palestina. La vergogna è non condannare chi incita all’odio e gioisce della morte di oltre 17.000 bambini. La vergogna è parlare di caccia all’ebreo ed antisemitismo quando è lampante il perché della reazione. La vergogna sono i vertici della UEFA che pare non abbiano, neanche stavolta, voglia e volontà di prendere provvedimenti contro il club israeliano e la sua tifoseria. La vergogna è quella che sta andando in scena in mondovisione dall’ottobre scorso in Palestina con il sostegno di chi ci governa e la complicità del potere mediatico.
Maccabi Fanatics, una storia di ultraviolenza e odio razzista
Il gruppo che comanda nella curva di Tel Aviv Nel 2020 aggredivano i manifestanti che contestavano Netanyahu
di Valerio Moggia da il manifesto
Il contorno di quanto avvenuto giovedì sera ad Amsterdam ha sorpreso poche delle persone che conoscono la tifoseria del Maccabi Tel Aviv. Lo stesso comportamento messo in mostra nella capitale olandese si era visto lo scorso 7 marzo ad Atene, quando il club israeliano era andato in trasferta in casa dell’Olympiakos. Nelle ore precedenti alla partita, gli ultras del Maccabi avevano aggredito in gruppo una persona di origini egiziane (o irachene, secondo altre fonti) a Piazza Syntagma. La sua unica colpa sarebbe stata quella di indossare una kefiah.
IN ISRAELE i Maccabi Fanatics – questo il nome del gruppo ultras – sono conosciuti per la loro predisposizione alla violenza e l’ideologia di estrema destra, che li avvicinano alla ben più famosa Familia del Beitar Gerusalemme. In origine, la squadra di Tel Aviv era espressione, come tutti i club denominati Maccabi, del movimento sionista conservatore. Ma a partire degli anni Novanta, con la trasformazione delle società sportive da club di soci a soggetti privati, la sua identità politica si è molto diluita. Nonostante questo, il Maccabi è rimasta una delle squadre di calcio più amate in Israele (la seconda più tifata dopo il Maccabi Haifa), legata in particolar modo alla classe media di Tel Aviv. È all’interno di questa ampia comunità di sostenitori che si sono formati i Maccabi Fanatics.
Politicamente di estrema destra, già nel 2014 avevano fatto discutere in patria per gli insulti razzisti contro un giocatore arabo-israeliano della loro squadra, Maharan Radi. In giro per Tel Aviv, nelle zone presidiate dai Fanatics, erano apparsi graffiti che recitavano «Non vogliamo arabi al Maccabi» e «Radi è morto». Alcuni compagni di squadra dell’allora 32enne centrocampista originario di Sulam, un villaggio arabo 16 km a nord del confine settentrionale della Cisgiordania, provarono a discutere con gli ultras per organizzare un incontro pacificatore. Radi ha raccontato che il suo capitano Sheran Yeini tornò da lui qualche giorno dopo dicendogli che non c’era niente da fare: «Semplicemente odiano gli arabi».
SE GIOVEDÌ sera ad Amsterdam hanno fischiato il minuto di silenzio per le vittime dell’alluvione di Valencia (a causa del sostegno spagnolo alla Palestina), nel settembre 2015 espressero il proprio disappunto a un’iniziativa della Uefa per una donazione in favore dei rifugiati siriani. L’associazione del calcio europeo aveva deciso che i club partecipanti alla Champions League, tra cui appunto il Maccabi, avrebbero versato alle vittime della guerra un euro per ogni biglietto venduto nella loro prima partita nella competizione. I Fanatics risposero esponendo uno striscione con la scritta «Refugees Not Welcome».
Per completare questo quadro tutt’altro che positivo, nell’estate del 2020 sono stati protagonisti, assieme agli ultras del Beitar, delle contromanifestazioni in favore di Netanyahu e delle aggressioni ai cortei che contestavano il governo. Si sospetta che potrebbero esserci loro, e non la Familia, dietro al rogo appiccato nel marzo 2023 al centro sportivo dell’Hapoel Tel Aviv, rivale cittadino del Maccabi con una tifoseria di estrema sinistra. Il politico israeliano Ofer Cassif, rappresentante del partito di sinistra Hadash alla Knesset, ha descritto quanto avvenuto in Olanda con queste parole: «Lo spirito del fascismo israeliano è arrivato ad Amsterdam».
È una curiosa coincidenza che le violenze di giovedì siano avvenute durante una gara contro l’Ajax, generalmente considerato il club ebraico di Amsterdam. In realtà, come spiegato da David Winner nel suo Brilliant Orange, questo è più che altro un mito, dovuto soprattutto al fatto che in origine il tram che conduceva allo stadio attraversava il quartiere ebraico. Spesso insultati in quanto ebrei dalle tifoserie avversarie antisemite (quella del Feyenoord in particolare), i fan dell’Ajax abbracciarono questa identità ebraica a prescindere dalle proprie origini.
QUELLI di giovedì non sono stati quindi scontri tra tifosi, dato che non risulta che i supporter dell’Ajax vi abbiano preso parte. Anzi, nei giorni precedenti gli ultras F-Side avevano detto che non avrebbero tollerato manifestazioni pro-Palestina nel loro stadio.
L’Intervento a Radio Onda d’Urto di Valerio Moggia, redattore e giornalista di Pallonate in faccia, sito e pagina social che si occupa di calcio, politica, società. Ascolta o scarica
Radio Black Out chiesto a Gabriele, di Calcio e Rivoluzione, di parlarci della squadra di Tel Aviv, di quanto accaduto ad Amsterdam e del supporto alla causa palestinese espresso nelle curve europee. Ascolta o scarica
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