L’anarchico Alfredo Cospito al 41bis. Occupata sede di Amnesty International a Roma
Anarchiche e anarchici comunicano di “avere occupato nella mattinata di martedì 25 ottobre la sede romana di Amnesty International“: un’azione volta a denunciare pubblicamente, una volta di più, quanto sta accadendo nelle carceri italiane e in particolare ad Alfredo Cospito, anarchico condannato a 20 anni nell’ambito del processo Scripta Manent, anche se la Cassazione ha imposto una rivisitazione ancor più peggiorativa dei capi d’accusa, con l’intenzione di arrivare a una condanna all’ergastolo.
Cospito ha iniziato giovedì 20 ottobre 2022 lo sciopero della fame (clicca qui per l’intervento al suo legale) contro il 41bis, la tortura di Stato chiamata “carcere duro”, cui è stato sottoposto. L’annuncio è stato dato nel corso di un’udienza davanti al tribunale di sorveglianza di Sassari, dove però Cospito non ha potuto nemmeno completare il proprio intervento. In sua solidarietà sabato 29 ottobre a Sassari indetto un corteo solidale, che partirà alle ore 16 da piazza Emiciclo, “contro il carcere e la società che lo rende necessario”.
Dall’occupazione di Amnesty International a Roma ai microfoni di Radio Onda D’Urto la voce di un compagno anarchico, solidale con Alfredo Cospito. Ascolta o scarica
La corrispondenza di Radio Onda Rossa dall’occupazione Ascolta o Scarica
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Un anarchico al 41 bis, Cospito trattato come un boss. «Pronto a lasciarmi morire di fame»
Alfredo Cospito è in regime di carcere duro per aver veicolato messaggi e scritti pubblici sul pensiero anarchico. Ora è in sciopero della fame. Gli avvocati: “Un paese liberale tutela tutte le ideologie”
di Damiano Aliprandi
Da giovedì scorso, 20 ottobre, Alfredo Cospito è in sciopero della fame. Parliamo del primo caso, senza precedenti, di un anarchico che è al 41 bis per via delle sue lettere e articoli pubblicati su riviste e siti on line durante la detenzione. Non i pizzini, o messaggi criptici, ma pensieri politici pubblici trasmessi quando era nel circuito differenziato dell’alta sicurezza (AS2) trascorsi nella quasi totalità senza alcun vincolo di censura nella corrispondenza. «Un paese liberale tutela tutte le ideologie, anche le più odiose», sottolinea il suo avvocato Flavio Rossi Albertini assieme alla sua collega Maria Teresa Pintus che l’assiste al carcere duro di Bancali, a Sassari.
Ricordiamo che Cospito è uno dei due condannati per strage contro la pubblica incolumità per due ordigni a basso potenziale esplosi presso la Scuola Allievi Carabinieri di Fossano senza causare né morti né feriti. Un reato che prevede la pena non inferiore ai 15 anni. Poi il colpo di scena. La cassazione ha riqualificato il reato a strage contro la sicurezza dello Stato. Parliamo dell’articolo 285 che prevede l’ergastolo. Si tratta del reato più grave del nostro ordinamento che non è stato nemmeno applicato per le stragi di Capaci e Via D’Amelio. Reato introdotto dal Codice Rocco che prevedeva la pena di morte ( ora l’ergastolo, in questo caso ostativo).
In sostanza, parliamo di un reato introdotto per evitare la guerra civile. Ergo, con quelle azioni dimostrative, Cospito avrebbe messo in pericolo l’esistenza dello Stato. Chiaro che tutto ciò appare spropositato. D’altronde lo stesso neo ministro della giustizia Carlo Nordio ha ricordato che il nostro codice penale ancora porta la firma di Mussolini e che andrebbe, in prospettiva, modificato. Così come appare spropositato il ricorso al 41 bis disposto dalla ministra della giustizia precedente. Il carcere duro fu introdotto 30 anni fa sull’onda delle stragi corleonesi.
Ora con Cospito nasce un precedente che mette in discussione il principio liberale stesso sul quale si fonda il nostro Paese. Come ha sottolineato l’avvocato Albertini, il 41 bis nasce per impedire i collegamenti tra il detenuto e l’associazione criminale di appartenenza, mentre nel caso specifico, la ministra «ha inteso perseguire la finalità di interrompere e impedire a Cospito di continuare a esternare il proprio pensiero politico, attività, tra l’altro, pubblica, pertanto né occulta né segreta; destinata non agli associati, bensì ai soggetti gravitanti nella galassia anarchica; e che, secondo quanto espressamente ritenuto dal Tribunale del Riesame di Perugia, si risolve, al più, in una propaganda sovversiva violenta, che il legislatore ha comunque considerato non più punibile».
Gli avvocati ora fanno sapere che il 20 ottobre, nel corso della camera di consiglio dedicata alla trattazione di un reclamo ex art 18 ter op, Cospito ha letto una articolata memoria difensiva con la quale denuncia le insopportabili condizioni detentive a cui è sottoposto, dichiarando al contempo la decisione di intraprendere uno sciopero della fame per protestare sia contro il regime penitenziario subito che contro l’ergastolo ostativo. Una battaglia che, dalla volontà espressa dal medesimo, non si arresterà se non con il suo decesso, stante la verosimile impossibilità di modificare il regime detentivo a cui è attualmente sottoposto.
Gli avvocati Rossi e Pintus sottolineano che in questo lungo periodo, Cospito ha costantemente intrattenuto relazioni epistolari con decine o centinaia di anarchici e anarchiche, con siti e riviste della medesima matrice politica, partecipando anche alla esperienza editoriale che ha condotto alla pubblicazione di due libri sulla storia del movimento anarchico. Attività svolta alla luce del sole, in cui veniva esposto il suo pensiero anarchico e che lo ha visto, nonostante ciò, in almeno tre occasioni, destinatario di altrettante iniziative giudiziarie per il reato di istigazione a delinquere. Eppure, parliamo di un pensiero anarchico che ha, tuttavia, posto in seria difficoltà i Giudici i quali, nei diversi gradi di giudizio, hanno alternato qualificazioni giuridiche contrapposte, talvolta riconducendolo alla abrogata propaganda sovversiva, ex art. 272 cp, altre all’istigazione a delinquere. «Con ciò – sottolineano gli avvocati – dimostrando la labilità del confine tra le due fattispecie incriminatrici, nonché il delicato tema dei reati di opinione posto a confronto con diritti di rango costituzionale, ex art. 21 cost, in un paese liberale figlio degli insegnamenti del Beccaria e del Verri».
Nella precedente detenzione, infatti, Cospito riceveva libri e riviste, partecipava a dibattiti pubblici mediante contributi scritti, condivideva la sezione AS2 con imputati della medesima area politica e/ o con detenuti politici, godeva di numerose ore d’aria, palestra, biblioteca, socialità. E soprattutto non era stato sottoposto al 41 bis nonostante dal 2016, a seguito dell’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare del Gip di Torino, era stato ritenuto comunque intraneo al sodalizio anarchico denominato FAI, la cui appartenenza, nel 2022, sarà posta a fondamento del decreto ministeriale applicativo del carcere duro.
«Dall’aprile scorso e in assenza di avvenimenti che possano giustificare la diversità di trattamento penitenziario, il medesimo è privato di ogni diritto ed in particolare di leggere, studiare, informarsi su ciò che corrisponde alle sue inclinazioni e interessi, non riceve alcuna corrispondenza, quelle in entrata sono tutte trattenute e quelle in uscita soffrono dell’autocensura del detenuto stesso», denunciano gli avvocati.
Spiegano che al Bancali le ore d’aria si sono ridotte a due, trascorse in un cubicolo di cemento di pochi metri quadri, il cui perimetro è circondato da alti muri che impediscono alcuna visuale o semplicemente di estendere lo sguardo all’orizzonte, mentre la visuale del cielo è oscurata da una rete metallica. Un luogo caratterizzato in estate da temperature torride e in inverno da un microclima umido e insalubre. La mancanza di profondità visiva incide inoltre sulla funzionalità del senso della vista mentre la mancanza di sole sull’assunzione della vitamina D.
La socialità è compiuta una sola ora al giorno in una saletta assieme a tre detenuti, sottoposti al regime da numerosissimi anni, che in realtà si riducono ad uno in considerazione del fatto che un detenuto è sottoposto ad isolamento diurno per due anni e un secondo ormai tende a non uscire più dalla cella. «Una condizione insopportabile che ora spinge Cospito a rifiutare una vita priva di alcuna prospettiva futura, che apparirebbe tale a qualunque essere umano ma che lo è in particolar modo per un uomo che vive e viveva delle relazioni che intratteneva con il mondo dei liberi. Una condizione talmente afflittiva da spingere il medesimo a rimpiangere la pena di morte per fucilazione ritenuta più degna di una infinita agonia in un limbo senza speranza», denunciano sempre gli avvocati.
Sul tema è intervenuto anche Luigi Manconi. «Si tratta – ha detto – in tutta evidenza, di una condizione totalmente illegale e di uno stravolgimento della lettera e del senso della legge che affida al regime di 41 bis il solo ed esclusivo scopo di impedire i legami tra il recluso e l’organizzazione criminale di appartenenza».
da il dubbio