Si è svolta una nuova udienza, nelle aule del tribunale di Bazzano, per i dodici imputati nell’ambito del processo per l’occupazione di CaseMatte, spazio sociale sorto dopo il sisma nell’area dell’ex ospedale psichiatrico di Collemaggio all’Aquila. Ai dodici viene contestato il reato di invasione dell’ex bar dell’ospedale psichiatrico, rinominato dopo il sisma CaseMatte e divenuto, nel corso degli anni, sede di innumerevoli iniziative politiche, culturali, sociali e musicali.
Il procedimento, in fase dibattimentale, ha visto oggi protagonisti i testimoni chiamati dall’accusa. Di fronte al giudice Giuseppe Grieco sono sfilati la dirigente dell’Ufficio Digos dell’Aquila Giuseppina Terenzi, gli agenti dello stesso ufficio Luigi Di Massimo e Benito Pasqua, e i dipendenti della Asl n.1 Gianfelice Nardecchia e Giampiero Di Cesare.
Proprio l’azienda sanitaria regionale, in occasione dell’apertura del dibattimento nell’ottobre scorso, si è costituita parte civile, e ha richiesto un anticipo sul risarcimento totale (la cosiddetta “provvisionale”) di 50mila euro. In quella occasione a testimoniare fu anche il numero uno della Asl L’Aquila-Avezzano-Sulmona Giancarlo Silveri.
L’udienza si è aperta con la testimonianza dell’agente della Digos dell’Aquila Luigi Di Massimo, che ha riferito dell’attività di indagine della polizia nei riguardi di una presunta “invasione” negli stabili della ex falegnameria del manicomio (edificio B16) e degli uffici ex utap (edificio B8). Nei pressi di quest’ultimo, ebbe luogo nel maggio 2010 la manifestazione delle cosiddette “carriole di Collemaggio”, nel periodo della protesta delle carriole all’Aquila. Tuttavia, nessuno dei due edifici è oggetto del procedimento penale, che al contrario riguarda quello che fino a metà degli anni novanta era il bar dell’ospedale (edificio B6): una piccola struttura, rimasta in stato di abbandono e lasciata al degrado dal 1996 al 2009.
E’ stato poi il turno della dirigente Digos Giuseppina Terenzi. Nella sua “notazione generale”, l’esponente delle forze dell’ordine ha ricordato come nell’area di CaseMatte hanno trovato alloggio anche diversi sfollati, soprattutto nei mesi successivi alla chiusura forzata delle tendopoli da parte della Protezione Civile. “Inoltre – ha sottolineato la teste – dalle informazioni in nostro possesso, sapevamo ci fosse un dialogo tra l’allora direttore generale della Asl (Roberto Marzetti, ndr) e il gruppo di persone che si era stabilito in quello spazio”. L’area di CaseMatte, ha ricordato Terenzi, non risulta essere chiusa o inaccessibile, come tutta la zona dell’ex ospedale psichiatrico, all’interno della quale si trovano anche alcuni servizi dell’azienda sanitaria.
L’aspetto più interessante dell’udienza riguarda la presunta identificazione degli imputati. Come in altre circostanze – ad esempio il presidio alla Regione del dicembre 2010, che ha portato a condanne a sei mesi di reclusione per quattro persone – la Digos dell’Aquila ammette in sede processuale che l’identificazione non viene eseguita formalmente, ma è posta in essere tramite “la conoscenza” delle persone poi segnalate. In altre parole, non sono stati chiesti documenti alle persone oggi accusate di aver invaso l’edificio della Asl, ma sono stati identificati, segnalati e successivamente denunciati individui “noti alle forze dell’ordine”, come animatori dei movimenti civici attivi nel post-sisma.
“Li abbiamo riconosciuti perché prima di CaseMatte stavano nel tendone allestito nel Parco Unicef in via Strinella (primo campo base del comitato 3e32, ndr)”, ha dichiarato oggi l’agente Digos Benito Pasqua. Il poliziotto ha anche riferito che ci sarebbero stati tre controlli da parte delle forze dell’ordine, nel periodo tra settembre e ottobre 2010, “sempre di mattina, perché di sera il luogo era più frequentato”.
Il fatto che la Digos dell’Aquila affermi più volte, durante i numerosi processi al movimento aquilano, che la segnalazione viene effettuata in seguito alla “conoscenza personale” o, nel caso del suddetto processo per il presidio alla Regione, perché “riconosciuti nelle assemblee cittadine” (durante le quali gli agenti prendono nota delle generalità di chi interviene) rappresenta un fenomeno curioso e interessante, che prefigurerebbe la Digos come una sorta di polizia politica.
Il processo è stato aggiornato al prossimo 27 giugno, giorno in cui testimonieranno altri teste chiamati dall’accusa.
Mattia Fonzi fa NT NewsTown