I posti disponibili sono 50 mila 946. A Poggioreale 679 carcerati in più. Non funziona il meccanismo delle pene alternative che potrebbe interessare più di 5mila persone. 54 i bambini che vivono in cella con le madri
Oltre diecimila detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare degli istituti penitenziari. Sono questi i dati aggiornati al 30 giugno di quest’anno messi a disposizione dall’ufficio del capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Un sovraffollamento record che ogni mese aumenta inesorabilmente sempre di più. Basti pensare che al 31 maggio risultavano 9948 detenuti in più, mentre ad aprile ne erano 9928. Stando agli ultimi numeri, la capienza regolamentare risulta di 50.496 posti disponibili, mentre i detenuti sono 60.522. Quindi sono ben 10.026 i detenuti in più. Tra i diversi istituti penitenziari sovraffollati, l’occhio non può non andare al carcere napoletano di Poggioreale, al centro della cronaca per la recente rivolta e gli ultimi decessi di tre detenuti nel giro di tre giorni. Nonostante il trasferimento di circa 200 detenuti, su una capienza regolamentare di 1.635 posti, risultano 2.314 detenuti: quindi sono 679 le unità in più rispetto ai posti regolamentari. Ma fini qui ci siamo basati sui numeri sulla carta. In realtà il sovraffollamento reale risulterebbe maggiore se venissero sottratte le celle non agibili dai posti regolamentari. A farlo, come già riportato da Il Dubbio, è l’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini. Grazie all’operazione trasparenza del ministero e quindi l’aggiornamento telematico delle schede di ogni singolo istituto, l’esponente radicale ha potuto analizzare i dati delle celle inagibili e quindi non utilizzate, estrapolando quindi un dato importante: dalla capienza regolamentare ha sottratto i 3.704 posti non disponibili. Cosa significa? Che la capienza reale non è di 50.496 posti, bensì di 46.792. Ecco spiegato perché abbiamo istituti penitenziari con celle dove sono costretti a convivere otto detenuti.
Una emergenza, perenne, che risulta paradossale visto che i reati sono in diminuzione e quindi teoricamente non servirebbero costruire nuove carceri o, addirittura, convertire caserme dismesse, ritornando quindi al passato, all’ 800, quando venivano convertiti in carcere gli antichi conventi religiosi. Le entrare, infatti, non aumentano, ma diminuiscono le uscite. Ciò significa che abbiamo centinaia di detenuti che teoricamente avrebbero la possibilità di usufruire le pene alternative, ma non hanno gli strumenti per accedervi. Lo ha detto recentemente anche il Garante nazionale delle persone private della libertà nella sua ultima relazione al parlamento. Ha indicato che c’erano 5.158 persone con pena inferiore a un anno o compresa tra uno e due anni che potrebbero usufruirne, ma che rimangono all’interno degli istituti. Per altro, dalle statistiche di cui il ministero della Giustizia ha tenuto conto nell’elaborazione della riforma dell’ordinamento penitenziario ( poi approvata a metà) emerge che per chi sconta la pena in carcere il tasso di recidiva è del 60,4 per cento. Invece, per coloro che hanno fruito di misure alternative alla detenzione, la recidiva scende al 19 per cento, ridotto all’ 1 per cento per quelli che sono stati inseriti nel circuito produttivo. Ma niente da fare, per ora l’unica parola d’ordine è costruire più carceri. Un rimedio più volte stigmatizzato dal consiglio europeo, oltre ai diversi organi internazionali che vigilano sui diritti umani.
Per ultimo, ma non per ordine di importanza, sempre secondo le ultime statistiche, il numero dei bimbi dietro le sbarre non accenna a diminuire. Sono 54 il numero dei figli al seguito: 35 sono negli icam ( Istituti a Custodia Attenuata per detenute Madri) e il resto dei bimbi dentro il carcere vero e proprio.
Damiano Aliprandi
da il dubbio