La morte dei quattro bambini Rom a Roma sta suscitando lacrime di coccodrillo e un’indignazione tutta di paglia. Ma giureremmo che nel giro di pochi giorni la notizia scivolerà in un trafiletto nella pagina degli interni e poi sarà dimenticata come tante altre simili. D’altra parte, il bunga bunga berlusconiano eccita infinitamente di più l’indignazione di una parte dell’opinione pubblica e non c’è da meravigliarsi che le tragedie della povertà, dell’abbandono e dell’esclusione lascino sostanzialmente indifferente una società per metà affascinata dalle performance del Capo e per l’altra metà ossessionata dalle cronache pruriginose di palazzo.
Ma periodicamente fatti come quelli di Roma ci ricordano che la ricca e nevrotica Italia è un paese costruito sull’odio, le divisioni sociali e regionali e soprattutto la ferocia verso ogni tipo di estraneo, reale e o presunto tale. Chi parla più del “click day”, quella specie di gioco sadico dell’oca grazie al quale i migranti dovrebbero regolarizzarsi? E che dire del ministro Maroni che dai sommovimenti in atto sulla riva sud del Mediterraneo ha saputo dedurre solo la minaccia dei migranti clandestini? E se questi sono gli statisti e i ministri, figuriamoci i comprimari! Il sindaco Alemanno era quello che aveva promesso di eliminare i campi nomadi da Roma. E, dopo la tragedia, ha dichiarato che non sarebbe successo nulla se il campo abusivo sull’Appia antica fosse stato rimosso. Come dire che la questione si risolverebbe semplicemente scaricandola da un’altra parte. Sarebbe questo un esempio del federalismo municipale che ci aspetta?
La verità pura e semplice è che nessuno in Italia, e tanto meno la destra, ha mai voluto affrontare la questione dei nomadi, se non schedandoli, come durante la famigerata ondata di panico sociale scatenata dal governo Berlusconi qualche anno fa. In altri termini, l’esistenza di alcune decine di migliaia di nomadi, in maggioranza italiani e per il resto cittadini comunitari, non trova posto in una società che si vorrebbe liberale e magari multiculturale. Invece di attrezzare dimore dignitose, dotate di servizi igienici decorosi, collegamenti e servizi scolastici accessibili, si lascia che i Rom si insedino dove possono, in condizioni disumane, “tollerati” finché qualche solerte sindaco come Alemanno o Moratti non decide che è ora di procurarsi un po’ di consenso, visti i disastri delle loro amministrazioni, e quindi di eliminare il “problema” dei nomadi, allontanandolo dai confini dei rispettivi comuni. Ma non vogliamo pagare per loro! Ci pare già di sentirli i leghisti, che ora, visto che il loro è diventato un partito “rispettabile”, (…) a cui guarda mezzo centrosinistra in vista di future maggioranze, la mettono sobriamente sul taglio della spesa pubblica, dopo che per anni hanno suonato la grancassa dei Rom ladri da cacciare a tutti i costi.
Ma se è per questo, le lacrime di Alemanno o i borbottii di Maroni sono gli stessi di Rutelli e di Veltroni, il primo specializzato anche lui nello smantellare i campi Rom e il secondo, tra un libro di viaggi e uno di poesie, nell’esigere la linea dura contro i nuovi barbari. Se c’è una questione che unisce di fatto destra e sinistra, al di là di polemiche strumentali, è proprio quella dei Rom. Una società politica che difende la mobilità e la “libertà”a tutti i costi, non sa inventare nulla, ma proprio nulla, per gruppi sociali e famigliari che altrove riescono a integrarsi in società meno razziste e respingenti, e da noi sono chiamati in causa solo quando i loro bambini bruciano nelle roulotte.
E non parliamo degli affidi, come se il problema fosse solo quello dei genitori e non della nostra società, che blatera tanto di famiglia, e di valori famigliari e di dignità dell’individuo, salvo poi schedare e smantellare le famiglie di clandestini e Rom, quando queste mancano dei servizi elementari, in un misto di repressione e solerte e peloso assistenzialismo.
E dunque oggi tanti fanno finta di commuoversi per la tragedia dei quattro bambini. E magari si commuovono davvero. E domani o dopodomani? E tra un mese? Nel frattempo, lasciamo che le questioni sociali, quelle dure, che esigerebbero volontà politica, immaginazione e (perché no?) un minimo di carità umana e sensibilità all’ingiustizia siano soffocate dalle avventure d’alcova del capo e dai contorcimenti di un’opposizione che non si oppone più a nulla di sostanziale. Così vanno le cose nella repubblica del gossip e del peep show nazionale.
Alessandro Dal Lago
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