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Legge Minniti: se non la contrasti non puoi dirti democratico ed antirazzista

pd

Pensare di scendere in piazza contro il razzismo omettendo ogni critica alla Legge Minniti è una vera e propria contraddizione alla quale siamo del resto abituati da anni con una classe politica ondivaga e incline a messaggi fuorvianti

Del resto, le aggressioni militari vengono ribattezzate missioni umanitarie e gli aerei da guerra portatori di libertà, in questa disinformazione strategia è possibile che i fautori della Legge Minniti scendano in piazza contro quel razzismo che alimentano ogni giorno inseguendo le destre sul terreno securitario.

Induce a qualche riflessione il fatto che in molti si aggreghino a queste manifestazioni di regime  pensando di spostare ” a sinistra” equilibri e assetti che invece restano saldamente ancorati a destra.

Per capire da dove parte la svolta securitaria bisogna partire da lontano, ricordare che nel nostro paese gli uomini del fascismo ce li siamo ritrovati nei posti di comando della Repubblica antifascista, i fautori dell’imprigionamento di tanti antifascisti a capo delle questure , delle Prefetture, nei posti guida di ministeri ed ambasciate.

Il cambiamento del titolo V della costituzione , all’art 118, prevedeva che lo stato mantenesse le funzioni e le prerogative di pubblica sicurezza ma la esclusività statale veniva meno in nome della sussidiarietà. Parliamo dei principi e dei criteri di ripartizione delle competenze amministrative nell’ordinamento giuridico con i cittadini e le istituzioni locali chiamati a far la loro parte nella gestione della cosiddetta sicurezza.

All’inizio degli anni ottanta, con la legge 121\81 gli enti locali entrano nel comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, sindaci e autonomie locali diventano parte integrante del dispositivo di sicurezza che in quel periodo determinava una santa alleanza contro il terrorismo per la applicazione di leggi emergenziali che poi sono rimaste nell’ordinamento giuridico, pronte ed applicabili in qualunque fase storica.

Con la legge Reale e con la Cossiga inizia una lunga stagione di leggi emergenziali che ormai sono parte integrante del nostro ordinamento giuridico e sanciscono il restringimento degli spazi di libertà individuale e collettiva.

In questi 40 anni a nessun Governo è mai venuto in mente di tornare indietro sulla strada securitaria, anzi tutti, chi piu’ chi meno, hanno accresciuto i dispositivi del controllo sociale in una ottica securitaria e repressiva. Non a caso è ancora tabu’ il codice identificativo degli agenti di Ps , CC e Gdf impiegati nell’ordine pubblico, ogni anno abbiamo centinaia di testimonianze contro gli abusi in divisa.

La Legge Finanziaria 2007 , a pochi anni di distanza dalla mattanza di Genova in occasione del G8, stabiliva che i prefetti stipulassero convenzioni con gli enti locali per incrementare la sicurezza, nascono da qui i cosiddetti patti per la sicurezza urbana.

Seminare ed alimentare la paura è il principio cardine dell’autoritarismo e della tirannide, quelle forme di governo delle masse che ogni giorno si manifestano nell’indifferenza, nell’odio verso gli ultimi, con il razzismo verso i migranti.

Nel 2009 , l’allora ministro degli interni Maroni approvo’ un pacchetto sicurezza che  viene ripreso e amplificato dalla Legge Minniti contro il degrado urbano.
Siamo di fronte alla criminalizzazione del disagio sociale, la trasformazione delle minoranze sociali in fenomeni sovversivi da perseguire e reprimere.

La tutela del decoro urbano non è il contributo reso dai cittadini per migliorare le loro città e renderle piu’ accoglienti, è piuttosto l’esatto contrario. Migliaia di case e immobili sfitti alimentano il caro degli affitti e processi di speculazione, le occupazioni o l’auto recupero hanno permesso di restituire aree abbandonate ad un uso abitativo o sociale, eppure queste esperienze sono ora criminalizzate. in nome del decoro urbano si individuano gli occupanti di casa e i centri sociali come realtà da normalizzare attraverso gli sgomberi senza che nel frattempo esistano piani di recupero e risanamento di aree urbane abbandonate o interventi dei sindaci per sanzionare i padroni che beneficiano di aiuti e sovvenzioni ma poi delocalizzano la produzione, senza coinvolgere la cittadinanza nei piani urbanistici di recupero.

Sono proprio gli occupanti di casa, i Writers , i migranti, le classi sociali meno abbienti gli obiettivi della nuova crociata securitaria di cui la Legge Minniti è espressione.

La frontiera è in continua evoluzione a definire una linea di demarcazione tra gli esclusi da criminalizzare, gli ultimi contro i quali scatenare repressione. Preoccupa che il decreto Minniti continui l’opera di Maroni ma anzi rappresenti un ulteriore salto di qualità in chiave securitaria con super poteri ai sindaci, con le ordinanze che rappresentano uno strumento non eccezionale ma di ordinaria amministrazione della legge, l’uso per fini di ordine pubblico della polizia municipale a discapito di tante altre funzioni  e a unico svantaggio della popolazione. Siamo davanti alla limitazione della libertà di accesso e di circolazione non solo dei migranti o dei richiedenti asilo ma degli stessi autoctoni, del resto in Italia si applicano le normative europee solo a piacimento dei governanti e dei poteri forti, Per esempio quella delegazione 154\14 che prevede di inserire nell’ordinamento giuridico nazionale la parità di trattamento dei cittadini dovrebbe sancire una accoglienza diffusa per i richiedenti asilo, la protezione internazionale e tempi veloci per concedere il diritto di asilo, l’esatto contrario di quanto accade.

La parità di trattamento avviene solo in teoria perché in Italia puo’ accadere che una ditta voglia applicare paghe orarie e contratti della Romania e cosi’ condannare la forza lavoro alla fame .

La detenzione nei centri di permanenza per il rimpatrio passa da 90 a 135 giorni di detenzione (perché tale è) mentre i richiedenti asilo sono costretti al lavoro gratuito , quel lavoro gratuito che accomuna migranti e autoctoni, tutti vittime della economia della promessa favorita dagli accordi sindacali a expo sottoscritti dalla stessa Cgil.

I dispositivi repressivi per il controllo sociale sono parte integrante della stessa nozione di degrado urbano con gli incentivi, anche sotto forma di riduzione delle tasse locali, accordati a condomini e privati disposti ad installare telecamere ad alta definizione, un grande fratello per tenere la città sotto controllo individuando ogni devianza. I dispositivi polizieschi e militari sanciscono la fine di ogni agibilità democratica, per queste ragioni il giudizio sulla Legge Minniti è un autentico spartiacque tra chi si adopera per una società piu’ giusta ed equa e chi invece va a rafforzare il potere di pochi e ristretti gruppi dominanti, gli stessi che beneficiano del lavoro gratuito, della securitarizzazione sociale seminando paura e rassegnazione nelle classi sociali meno abbienti

Federico Giusti