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Leonard Peltier, un caso di repressione politica

Leonard Peltier, attivista del Movimento indiano americano, è detenuto negli Stati Uniti da oltre 46 anni – alcuni dei quali trascorsi in isolamento – per scontare la condanna a due ergastoli per l’omicidio di due agenti dell’Fbi avvenuto nel 1975, nonostante le preoccupazioni dovute a una mancanza di equità del suo processo. Leonard Peltier ha sempre sostenuto la sua innocenza. Oggi è detenuto in Florida, a circa 2000 miglia dalla sua famiglia nel Nord Dakota. Ripercorriamo la sua storia e la vicenda giudiziaria con Naila Clerici, ex-docente di Storia delle Popolazioni Indigene d’America presso l’Università di Genova

di Lorenzo Poli da pressenza

Come nasce il caso di Leonard Peltier e perché è innocente?

Il caso Peltier nasce dall’esigenza dell’FBI di trovare un capro espiatorio per l’uccisione di due agenti federali. Non ci sono prove attendibili per incriminare Peltier.

Ecco i dettagli. Membro della tribù dei Turtle Mountain Chippewa, Peltier era attivo nell’American Indian Movement, un’organizzazione formatasi a Minneapolis negli anni ’60 per contrastare la brutalità della polizia e la discriminazione contro i nativi americani e che divenne rapidamente una forza nazionale. Come appartenente a questo movimento Leonard Peltier si occupò dei programmi di riabilitazione per alcolisti, dei diritti rivendicati da vari gruppi tribali e partecipò alla “Marcia dei Trattati Infranti” nel 1972. La situazione per i militanti dell’AIM era estremamente difficile: tra il 1972 ed il 1976 aggressioni, pestaggi, minacce, incidenti sospetti erano all’ordine del giorno in molte riserve sia tra fazioni di nativi, sia con i federali. Molti sostenitori dell’AIM furono uccisi, ma per nessuno di questi omicidi fu mai trovato il colpevole, né alcuno dei presunti assassini fu messo sotto indagine. Per capire meglio si possono vedere film come Cuore di Tuono, Lakota Woman e Incident at Oglala.

La tensione all’interno della riserva di Pine Ridge, nel Sud Dakota, era fortissima da quando, nel 1972, il nuovo presidente del Consiglio Tribale aveva instaurato un regime di potere personale, favorendo gli interessi delle compagnie che volevano impadronirsi e sfruttare le ricchezze delle terre indiane; Richard Wilson utilizzò i fondi federali, stanziati per le necessità della riserva, per fondare una milizia armata privata, i GOONs, che operavano indisturbati e imponevano la loro volontà nella riserva. Nel 1973 vi fu l’occupazione di Wounded Knee. Nel giugno del 1975 Leonard Peltier si recò a Pine Ridge su richiesta dei capi tradizionalisti degli Oglala Sioux, che avevano chiesto l’aiuto dell’AIM per impedire la cessione al governo di 1/8 delle terre della riserva, ricche di petrolio e di uranio e per proteggere la comunità dai continui soprusi della polizia tribale. Lui e una dozzina di altri membri dell’AIM allestirono un campo al ranch Jumping Bull, presso Pine Ridge, casa di un certo numero di famiglie tradizionaliste. Il 26 giugno 1976 due agenti dell’FBI, in veicoli non ufficiali, inseguirono un furgone rosso fino al ranch Jumping Bull; apparentemente cercavano Jimmy Eagle, che era stato coinvolto in una rissa e aveva rubato un paio di stivali da cow-boy. Iniziò una sparatoria tra gli agenti dell’FBI ed i residenti. Peltier era presente e aiutò a condurre un gruppetto di ragazzi fuori dall’area, scampando a malapena alla grandine di proiettili. Vennero chiamati rinforzi. In un paio d’ore oltre 150 agenti della squadra SWAT dell’FBI, la polizia del Bureau of Indian Affairs (BIA) e i GOON circondarono il ranch. Quando la sparatoria cessò, il militante dell’AIM Joseph Killsright Stuntz giaceva morto, colpito alla testa (secondo il Dipartimento di Giustizia da un cecchino delle forze dell’ordine), anche i due agenti dell’FBI Jack Coler e Ronald Williams erano morti, feriti nella sparatoria, poi colpiti a bruciapelo alla testa da distanza ravvicinata, si veda una lettera del direttore dell’FBI Christopher Wray. Secondo i documenti dell’FBI (oltre 70.000 pagine sulla vicenda rimangono ancora secretate), più di quaranta persone tra i nativi parteciparono alla sparatoria, sia militanti dell’AIM che non. Eppure solo quattro persone furono indiziate per le morti degli agenti: tre leader dell’AIM – Dino Butler, Bob Robideau e Leonard Peltier – e Jimmy Eagle. Butler e Robideau furono i primi ad essere arrestati e processati. La giuria ritenne che Butler e Robideau fossero giustificati a rispondere al fuoco vista l’atmosfera di terrore che c’era a Pine Ridge in quel periodo. Inoltre non furono collegati alle uccisioni con i colpi sparati a bruciapelo. Butler e Robideau furono dunque dichiarati “non colpevoli” per legittima difesa. L’FBI fu irritato dal verdetto; lasciarono quindi cadere le accuse contro Jimmy Eagle cosicché – come attesta un memoriale dell’FBI – tutta la forza accusatoria del governo federale potesse essere diretta contro Leonard Peltier. Peltier fuggì in Canada e dopo essere stato estradato negli Stati Uniti nel 1976 sulla base della testimonianza di Myrtle Poor Bear (che successivamente ritrattò la deposizione, dichiarando di esser stata sequestrata dal FBI per 4 giorni e minacciata se non avesse firmato la deposizione),

Si tratta di un caso giudiziario che ha dell’incredibile: quasi 49 anni di carcere senza prove che ne certifichino la colpa, anzi spesso il contrario. 

Il processo ci fu e molte azioni legali seguirono, ma all’epoca era necessario trovare un colpevole e bisognava trovarlo fra i leader dell’A.I.M., quel movimento che stava dando troppi problemi al governo statunitense e andava diffamato, screditato e stroncato. A tutt’oggi la questione permane quantomeno opaca e ci si domanda come sia possibile che una persona, qualora possa essere stata parte attiva nella sparatoria che coinvolse due agenti F.B.I. uccisi, sia da quasi mezzo secolo in prigione senza prove certe. Peltier subì un diverso processo (rispetto a Butler e Robideau) in cui Myrtle Poor Bear e altri testimoni chiave che avevano subito pressioni dall’FBI non furono ascoltati, mentre tre giovani testimoni nativi testimoniarono il falso contro Peltier, dopo essere stati trattenuti e terrorizzati da agenti dell’FBI. Le testimonianze sul “regno del terrore” che vigeva a Pine Ridge furono escluse. Rapporti balistici presentati dalla difesa furono giudicati inammissibili. Il furgone rosso che era stato seguito dagli agenti fin dentro il ranch fu successivamente descritto come “il van rosso e bianco di Peltier” (gli agenti che avevano descritto il veicolo come “pick-up rosso” nel processo Butler-Robideau non ricordavano più la loro precedente testimonianza). Il Procuratore non riuscì a produrre un solo testimone che potesse identificare Peltier come lo sparatore, ma un bossolo trovato vicino ai corpi venne collegato alla presunta arma del delitto, sostenendo che quell’arma fosse l’unica del suo tipo ad essere stata usata durante la sparatoria e che appartenesse a Peltier. La giuria fu isolata cercando di farle credere che l’AIM fosse una minaccia per la loro sicurezza.

In seguito Peltier fu giudicato colpevole di due capi d’accusa di omicidio di primo grado e condannato nel 1977 all’ergastolo. Come è avvenuta la dinamica?

Riferisco la testimonianza di Lance Henson che nel 1991 incontrò lo scrittore Peter Matthiessen che gli raccontò di essere appena tornato da una riserva del South Dakota dove, dopo essere stato bendato, fu portato in una casa vuota, poi sbendato si trovò di fronte a un grosso indigeno mascherato dai capelli lunghi che disse di essere lui l’assassino, descrivendo come si fosse avvicinato agli agenti dopo lo scontro a fuoco, sparando a entrambi alla testa. Io ricordo una simile testimonianza vista al programma 60 Minutes. È anche interessante consultare il sito dell’F.B.I. (www.fbi.gov), sezione History – Famous Cases and Criminals, alla voce RESMURS Case (Reservation Murders). Nonostante si noti il tentativo di riportare i fatti in maniera dettagliata, il racconto lascia alcuni interrogativi senza risposta. Ad esempio, proprio riguardo a Myrtle Poor Bear, viene detto che anche le sue dichiarazioni furono utilizzate per estradare Peltier, mentre non fu poi chiamata a testimoniare al processo perché il governo la ritenne incapace di testimoniare, ma non viene detto perché a quel punto fu ritenuta “incompetent to testify at trial” e non c’è alcun accenno al fatto che Myrtle Poor Bear avesse poi ritrattato la deposizione. Altri dubbi permangono riguardo alla certezza che il fucile AR-15 ritrovato in Kansas fosse stato utilizzato durante la sparatoria esclusivamente da Peltier (l’accusa si basa solo sulla parola di alcuni presunti testimoni) e si rimane ancor più perplessi riguardo all’analisi dei bossoli trovati sulla scena del crimine, tra cui un bossolo trovato nella macchina dei due agenti uccisi. Nel racconto dei fatti sul sito ufficiale dell’F.B.I. viene riportato che una prima analisi balistica riguardò soltanto 7 bossoli e la totalità di questi non fu riconducibile alla presunta arma del crimine ma ai fucili AR-15 di agenti arrivati sul campo come rinforzi. La seconda analisi, invece, i cui risultati arrivarono mesi dopo la prima, attribuì all’AR-15 più di 100 bossoli, fra cui quello che l’F.B.I. dice di aver ritrovato solo casualmente in seguito ad una analisi delle impronte digitali nella macchina dei due agenti.

La richiesta d’appello, presentata nel dicembre del 1977, fu in seguito respinta. Quali sono i dettagli sul proseguimento del caso giudiziario?

Cinque anni dopo la sua condanna, grazie alla legge sulla libertà di informazione / Freedom of Information Act vennero resi pubblici i rapporti balistici dell’FBI che dichiaravano che i proiettili con cui erano stati colpiti i due agenti non appartenevano all’arma attribuita a Peltier e che più di un’arma del tipo attribuito a Peltier era presente sulla scena del conflitto a fuoco. Che gli agenti senza alcun dubbio seguirono un pick-up rosso sul terreno, non il furgone rosso e bianco guidato da Peltier. Che esistevano prove inconfutabili contro diversi altri sospetti ma furono ignorate.

Dopo che emersero gli abusi sopra descritti, la difesa di Peltier richiese un nuovo processo nel 1982. Durante la conseguente esposizione delle istanze, il Procuratore degli Stati Uniti ammise due volte: “…noi non possiamo provare chi ha sparato a quegli agenti”. Tuttavia un nuovo processo fu negato in base a cavilli legali.

Nel 1992 il giudice Lynn Crooks dell’Ottava Corte d’Appello ammise pubblicamente che il Governo “non sa chi uccise i due agenti a Pine Ridge”, ma l’anno dopo venne nuovamente rifiutata la richiesta d’appello. Nel 1993 venne presentata la domanda per la libertà condizionata, e la richiesta di grazia al Presidente Clinton. Nel marzo 1996 la Commissione per la Libertà Condizionata respinse la richiesta. A maggio del 1998 è stato respinto il ricorso presentato contro questa decisione e nel novembre del 2003 tale rifiuto è stato riconfermato. A gennaio del 2001 Clinton, cedendo alle forti pressioni del FBI, negò la grazia presidenziale che sembrava imminente.

Nel 1997, in base ai risultati dei lavori della Commissione del Dipartimento di Giustizia che ha indagato sull’operato del FBI negli affari interni del Paese negli anni ’70, alcuni detenuti politici sono stati rimessi in libertà: da allora si chiede che anche il caso Leonard Peltier venga riaperto e che vengano resi pubblici tutti i documenti che lo riguardano e che sono tuttora vincolati da segretezza per “motivi di sicurezza nazionale”, malgrado la legge sulla libertà di informazione (Freedom of Information Act – FOIA) stabilisca il rilascio dei documenti secretati trascorsi 25 anni dai fatti cui si riferiscono. Pressioni furono fatte anche sul Canada affinché rendesse pubblici i documenti in base ai quali fu concessa l’estradizione negli Stati Uniti, documenti che furono oggetto di una inchiesta dalla quale risulta la falsità dell’unica testimonianza utilizzata e, conseguentemente, la non validità della estradizione.

Nel corso del 2005 gli avvocati di Leonard hanno intentato due distinte azioni legali: la richiesta di annullamento della sentenza di condanna per illegittimità presentata al tribunale distrettuale di Fargo, North Dakota (secondo l’avv. Barry Bachrach, il governo degli Stati Uniti non aveva giurisdizione sui fatti di Pine Ridge in quanto crimini avvenuti in territorio indiano, che gode di una propria sovranità territoriale; pertanto  non avrebbero dovuto essere giudicati da una Corte Federale) ed un’azione legale contro l’ufficio del FBI di Buffalo per ottenere il rilascio integrale dei molti documenti relativi al caso Peltier ancora secretati.

La richiesta di annullamento della condanna per illegittimità è stata dibattuta il 15 giugno 2005 ed il 23 luglio il giudice Erickson ha respinto tale richiesta. Il 12 febbraio 2006 si è svolta l’udienza di appello contro questa sentenza ed il 28 aprile l’Ottava Corte d’Appello lo ha respinto confermando la sentenza del giudice Erikson che sostiene il diritto del governo americano di perseguire ed imprigionare chiunque uccida agenti federali, indipendentemente dal luogo in cui avviene il crimine.

L’azione processuale contro l’FBI di Buffalo per il pieno rilascio dei documenti relativi a Peltier è stata dibattuta il 23 febbraio 2006: il giudice distrettuale di Buffalo, Skretny, ha sostenuto che il FBI ha la facoltà, nell’interesse della sicurezza nazionale, di tenere segreti alcuni fascicoli di documenti relativi al caso Peltier. Skretny ha preso questa decisione dopo aver visionato alcune pagine riservate che facevano parte dei documenti richiesti dagli avvocati, in particolare quelle relative all’esistenza di una fonte informativa confidenziale che era stata avvisata dall’BI di non impegnarsi in condotte che compromettessero il rapporto avvocato-cliente. Questo è un punto centrale perché l’infiltrazione di informatori all’interno del team della difesa e la compromissione della segretezza del rapporto avvocato-cliente può essere utilizzato per chiedere l’annullamento della sentenza e la riapertura del processo. Contro questa sentenza è stato presentato ricorso il cui dibattimento si è svolto il 7 dicembre 2006 a New York, dinanzi alla Seconda Corte d’Appello, che si è riservata di prendere una decisione entro i primi mesi del 2007. Un’altra azione legale per il rilascio dei documenti trattenuti dagli uffici territoriali dell’FBI è stata avviata l’8 settembre 2006 contro l’ufficio di Minneapolis: anche in questo caso ci sono elementi importanti per chiarire il ruolo giocato dagli informatori nella vicenda Peltier, particolarmente per quanto riguarda il procedimento di estradizione di Leonard dal Canada.

Nel 2017 l’Ufficio del Procuratore per la concessione della Grazia [procuratore del perdono] annunciò che il presidente Obama aveva rifiutato l’amnistia all’attivista nativo americano detenuto Leonard Peltier.

Le azioni legali recenti puntano da un lato ad acquisire i documenti, circa 140.000, ancora secretati e mai visionati dagli avvocati malgrado siano trascorsi più di 30 anni dai fatti cui si riferiscano, nella speranza di trovare elementi che permettano di ottenere la riapertura del processo, in particolare elementi relativi alla condotta illegale dell’FBI durante il processo, dall’altro ad evidenziare elementi di incostituzionalità o illegittimità nelle procedure utilizzate nei confronti di Leonard nel corso degli anni, come nel caso del ricorso presentato il 3 gennaio 2007 presso la Decima Corte d’Appello relativamente all’applicazione di alcuni articoli del Sentencing Reform Act al caso di Leonard Peltier da parte della Parole Commission.

L’udienza del 10 giugno 2024 per concedere la libertà condizionata a Leonard Peltier è durata circa sette ore e la risposta è stata negativa. Questa è stata la prima udienza per la libertà vigilata di Peltier in oltre un decennio.

Perché Leonard Peltier è ancora in carcere?

“Non riesco a dare una risposta”, ha detto Kevin Sharp, che è l’avvocato pro bono di Peltier. “Questo caso è così pieno di vizi… tutto ciò non potrebbe accadere mai oggi: hanno nascosto prove balistiche che dimostravano che non era stata l’arma di Leonard a uccidere i due agenti. Per lo meno, ci vorrebbe un altro processo… Non avrebbero nemmeno ottenuto un’incriminazione perché non avevano prove, tranne che per tre ragazzini che furono spinti a testimoniare di averlo visto e che poi ritrattarono dicendo che erano stati minacciati”. C’era un memorandum interno dell’FBI, ottenuto tramite una richiesta del Freedom of Information Act, che suggeriva agli avvocati del governo di impiegare tutte le loro risorse per condannare Peltier.

Allora perché Peltier è ancora in prigione, nonostante tutte le prove schiaccianti riguardo la sua ingiusta condanna?”. “Politica”, ha detto Sharp. “Per ottenere clemenza, devi coinvolgere l’FBI. Hanno un conflitto intrinseco. Devi coinvolgere l’Ufficio del procuratore degli Stati Uniti. Hanno mentito per farlo finire in prigione. Non diranno: ‘Oops, scusa’”. L’FBI e i suoi attuali ed ex agenti contestano le affermazioni di innocenza. Mike Clark, presidente della Società degli ex agenti speciali dell’FBI, ha scritto una lettera sostenendo che Peltier dovrebbe rimanere incarcerato e ha descritto la decisione come “una grande notizia”: “Quegli agenti potrebbero essere qualsiasi persona con cui ho lavorato per 23 anni: erano a terra, erano feriti, erano indifesi e lui ha sparato loro a bruciapelo. È un crimine atroce”.

Peltier si può definire un prigioniero politico?

Amnesty International lo ha dichiarato prigioniero politico e da anni il Leonard Peltier Defense Commitee si batte per la sua innocenza, sostenuto da voci autorevoli da tutto il mondo; anche molte realtà italiane come il Centro di ricerca per la pace di Viterbo, il Comitato di solidarietà con Leonard Peltier di Milano, e SOCONAS INCOMINDIOS, che hanno continuato a scrivere petizioni e a organizzare eventi per non far cadere nell’oblio il suo caso.

Peltier è il principale capro espiatorio di quello che avvenne negli anni 1970, in cui gli indigeni (ma anche i neri) protestarono in modo forte contro la politica federale statunitensi (legata in molti casi a interessi di imprese nazionali e multinazionali) che continuava una tradizione di soprusi e mancato rispetto dei trattati vecchi di secoli. In quegli anni si svolse una vera e propria guerra civile non dichiarata, per cui quelli che avvennero dovrebbero essere considerati crimini di guerra, attuati da entrambe le parti. L’FBI voleva un colpevole per i due agenti uccisi e l’ha ottenuto.

All’epoca, colpire un esponente politico dell’American Indian Movement (AIM), serviva per colpire tutte le istanze politiche degli indigeni nordamericani e il loro stesso attivismo. Cosa rappresenta oggi la prigionia di Leonard Peltier per i nativi?

“Questo è un triste giorno per i popoli indigeni e per il valore dato alla giustizia ovunque nel mondo”, ha affermato Nick Tilsen, Oglala Lakota, fondatore di NDN Collective in un’intervista a ICT e Rapid City Journal. “Il modo in cui Leonard Peltier è stato trattato quando era ricercato e poi incarcerato è simile a quello in cui sono stati trattati i popoli indigeni nel corso dei secoli e ancora oggi”. Nick Tilsen è stato anche l’unica persona autorizzata a testimoniare all’udienza per la libertà vigilata di Leonard Peltier del 10 giugno 2024: “Di fronte al governo federale, ho potuto affermare che Leonard è riconosciuto a livello mondiale come un prigioniero politico che combatte contro i sistemi ingiusti che opprimono il nostro popolo. Ho potuto guardarlo negli occhi e dirgli che i suoi sacrifici non sono stati vani. Che abbiamo continuato a combattere per proteggere le nostre terre, che pratichiamo apertamente le nostre cerimonie e siamo un popolo orgoglioso”.

Teniamo però conto che non tutti i nativi sono attivisti e fanno parte di gruppi come NDN o AIM.

Perché il caso di Peltier non indigna le democrazie liberali occidentali? Perché il caso del “Mandela dei popoli indigeni” non ha mai avuto clamore mediatico – nonostante i 48 anni di carcere – e fatica anche a raggiungerlo, come nel caso di Assange?

Il caso Peltier riguarda uno dei Paesi più potenti del mondo. In ambito economico le democrazie liberali occidentali sono ancora enormemente e inestricabilmente dipendenti dall’andamento degli Stati Uniti, piuttosto che da Paesi come Cina e India. Gli USA inoltre sono i manovratori della NATO, l’alleanza militare più importante per le democrazie liberali occidentali. Pertanto, se risulta ‘semplice’ condannare azioni di mancato rispetto dei diritti umani, di processi farsa, di incarcerazioni politiche perpetrate da alcune potenze, risulta molto meno agevole comportarsi allo stesso modo nei confronti degli Stati Uniti.

L’influenza a livello politico, economico e culturale che subisce ancora il democratico e liberale Occidente nei confronti degli Stati Uniti d’America è ben evidente non solo per il caso Peltier, ma anche per la vicenda Assange, la famigerata Guantanamo, la mancata adesione alla Corte Penale Internazionale, e molte altre questioni.

In qualche modo la prigionia di Peltier rappresenta la vera condizione socio-politica dei nativi nordamericani: discriminazione, esclusione, confinamento (nelle “riserve”) e razzismo istituzionali e strutturali?

La condizione socio-politica dei nativi americani è molto varia: ci sono casi di discriminazione, esclusione e razzismo e casi in cui le culture native sono valorizzate e rispettate e le persone, pur mantenendo i loro valori culturali, sono integrate nella società dominante. Gli indiani non sono confinati nelle riserve, anzi considerano le riserve la loro unica base territoriale rimasta, dove possono controllare le loro risorse e gestire la politica locale. Come ovunque, non in tutte le riserve le cose funzionano al meglio e ci sono casi di corruzione e nepotismo.

Peltier dovrebbe portarci a pensare a tutti gli indiani in prigione, anche per reati minori, che subiscono violenze non giustificate da parte della polizia, alle donne native che invece di ricorrere agli agenti per protezione li temono, ai casi di persone uccise invece di essere semplicemente arrestate.

Scriveva il regista Michael Moore nel 2022: “Il modo in cui attuiamo l’incarcerazione di massa negli Stati Uniti è abominevole. E Leonard Peltier non è l’unico prigioniero politico che abbiamo rinchiuso. Abbiamo milioni di persone nere, di colore e povere in prigione o in libertà vigilata, in gran parte perché sono nere, di colore e povere. QUESTO è un atto politico da parte nostra. I criminali aziendali e Trump corrono liberi: ci dobbiamo occupare del danno che hanno causato a così tanti americani e a persone in tutto il mondo”.

Cosa possiamo fare per dare visibilità a questo caso di ingiustizia e repressione?

Leggiamo su ICT che in seguito al rifiuto della U.S. Parole Commission dell’ultima richiesta di libertà condizionale di Leonard Peltier, i sostenitori auspicano la clemenza; gli avvocati pensano a un processo d’appello e hanno definito la decisione palesemente incostituzionale, paragonabile a una sentenza di morte in carcere. Peltier è prigioniero in base alla “vecchia legge”, mentre le persone incarcerate dopo il 1987 possono appellarsi alla U.S. Parole Commission. Nel 2026 Peltier avrà di nuovo diritto a far domanda per la libertà vigilata e nel 2039, quando avrà 95 anni, si potrà richiedere una riconsiderazione generale del suo caso.

Oggi, come cittadinanza attiva per porre fine a questo caso di ingiustizia, possiamo insistere mandando lettere al Presidente Biden chiedendo l’executive clemency, insieme all’International Leonard Peltier Defense Committee, ad Amnesty International, l’AIM, NDN Collective e le organizzazioni italiane come il Comitato di solidarietà con Leonard Peltier di Milano e il Centro per la Pace di Viterbo.

Scrive il regista Michael Moore: “Anche James Reynolds, uno dei principali procuratori federali che mandò Peltier all’ergastolo nel 1977, ha scritto al presidente Biden e ha confessato il suo ruolo nelle bugie, nell’inganno, nel razzismo e nelle false prove che insieme hanno portato a imprigionare nel nostro Paese il più noto leader dei diritti civili dei nativi americani”.

Tilsen del NDN Collective ha affermato: “In questo momento, anche se è un momento triste, dobbiamo rialzarci. Non c’è futuro della democrazia senza gli indigeni”.

Per un’analisi dei fatti e dei ruoli delle parti suggeriamo la lettura della rivista Tepee e i video su YouTube dell’associazione SOCONAS INCOMINDIOS.

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