Presentata un’interrogazione alla Commissione europea sul tema dell’ergastolo ostativo che vige in Italia. A farlo è stata l’eurodeputata Eleonora Florenza del gruppo parlamentare europeo “L’altra Europa per Tsipras”.
Nel testo dell’interrogazione viene spiegato che in Italia circa 1.400 persone sono detenute in regime di “ergastolo ostativo” (art. 4-bis1 dell’ordinamento penitenziario) ovvero in assenza di ogni tipo di beneficio o misura alternativa.
“Sono condannati senza scampo alla detenzione intramuraria a vita spiega Florenza nell’interrogazione – e questo tipo di regime detentivo è contrario alla finalità rieducativa della pena (art. 27 della costituzione italiana) ledendo il principio di umanità.”
Nell’interrogazione viene citata anche una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo relativa al caso di Ocalan contro la Turchia sulle condizioni detentive del leader del popolo kurdo incarcerato in isolamento dal 1999.
La sentenza del marzo 2014 si è espressa chiaramente contro la detenzione, anche per gli ergastolani, che non preveda il riesame della pena, la libertà condizionale e misure alternative al carcere.
L’eurodeputata chiede quindi alla Commissione europea se ritenga che l’ergastolo ostativo sia un trattamento inumano e degradante in violazione dell’art. 3 della Cedu e dell’art. 4 della Carta di Nizza, se ritenga la prassi italiana in contrasto con la promozione delle misure alternative alla detenzione come da decisioni quadro del consiglio europeo “Giustizia e affari interni” e quali strumenti intenda mettere in campo perché la violazione posta in essere cessi al più presto. Eleonora Florenza spiega che l’interrogazione si inserisce in un impegno più ampio per i diritti dei detenuti ed in sostegno alle loro mobilitazioni per migliorare le condizioni detentive. Ricorda, inoltre, che molti ergastolani sono stati firmatari nei mesi scorsi di appelli e petizioni su questi temi alle autorità italiane ed europee. Appelli finora rimasti inascoltati. L’eurodeputata ringrazia soprattutto il lavoro dell’Associazione Yairaiha Onlus che le ha posto il problema e la lotta che ha intrapreso contro l’ergastolo ostativo.
Nel frattempo sono in programma altre iniziative contro la cosiddetta “fine pena mai”. La redazione di Ristretti Orizzonti ha promosso la giornata “contro la pena di morte viva. Per il diritto a un fine pena che non uccida la vita”, che si svolgerà il 20 gennaio 2017 nella Casa di reclusione di Padova e alla quale ha aderito la Conferenza nazionale volontariato giustizia.
Damiano Aliprandi da il dubbio
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L’interrogazione sull’ergastolo ostativo presentata dall’on. Eleonora Forenza al Parlamento Europeo ha il merito ed il coraggio di dare voce alle ultime mobilitazioni degli ergastolani italiani che da anni lottano (spesso inascoltati o, peggio ancora, strumentalizzati per facili propagande garantiste che poi non trovano riscontro) affinché venga riconosciuta l’illegittimità di una pena che non lascia nessuna speranza se non attraverso il ricatto del 58 ter (collaborare, mettendo qualcun altro al proprio posto, anche in assenza di elementi utili su cui collaborare). Dallo scorso giugno è in atto uno sciopero collettivo che si è manifestato con diverse modalità nelle carceri di tutta Italia: rifiuto del vitto, sciopero dalle attività lavorative, rifiuto dell’ora d’aria e battitura, supportati da una raccolta firme che, ad oggi, ha superato le 40000 firme, tra cui quella del Papa, ed ancora continua.
Inoltre gli ergastolani, visto anche l’immobilismo del Governo nonostante sembrano tutti d’accordo sull’abolizione dal ministro Orlando al capo del Dap Santi Consolo, hanno rivolto un appello al CPT affinché si esprima sulle violazioni insite nell’ergastolo comminato ai sensi del 4 bis che esclude quindi qualsivoglia possibilità di revisione del processo, di misure alternative e di possibilità di uscita condannando, di fatto, ad una pena di morte in vita e per tutta la vita.
L’interrogazione è stata presentata sulla scorta di precedenti sentenze della Corte Europea, in particolare la sentenza sul caso del leader curdo Ocalan contro la Turchia per la sua condanna all’ergastolo ostativo. Tale condanna è stata dichiarata incompatibile con la Convenzione EDU e, a tal proposito la Corte richiama in toto i principi già affermati dalla Grande Camera nel caso Vinter e altri c. Regno Unito (2013) – secondo cui, in sintesi estrema, il carcere a vita è incompatibile con la Convenzione, allorché la legge non preveda meccanismi di revisione della pena nei casi in cui vengano meno le esigenze che la giustificavano – e proprio sulla base di questi principi dichiara, all’unanimità, la violazione dell’art. 3 Cedu rispetto all’ergastolo ostativo inflitto ad Öcalan. I giudici di Strasburgo, in particolare, ritengono insufficienti sia la prospettiva di una (possibile) grazia presidenziale in considerazione dell’età o infermità del detenuto (§ 203) sia quella (eventuale) di un’amnistia (§ 204).
E gli ergastolani italiani, al pari di Ocalan, hanno poco da sperare nella grazia presidenziale e meno ancora in una amnistia.
Ricordiamo che pochi giorni fa, l’attuale governo ha sacrificato una, seppur parziale, riforma della giustizia elaborata a seguito degli Stati Generali dell’esecuzione penale, per paura di non reggere lo scontro contro il giustizialismo dilagante a poche settimane dal referendum costituzionale che metterebbe nero su bianco la parola fine sulle tutte le garanzie costituzionali.
L’interrogazione presentata dall’on. Forenza chiede al Parlamento europeo, quindi, di adottare tutte le misure possibili affinché questa inumana violazione cessi al più presto, per ridare dignità ad oltre 1400 persone cui oggi vengono negati i diritti costituzionali e la speranza di poter riacquistare la libertà andando contro il tanto decantato principio rieducativo della pena che non può andare contro il senso di umanità fino ad oggi garantito, seppur non sempre applicato, dall’art. 27 della Costituzione italiana.
D’altra parte siamo sempre più convinti che l’unica strada perseguibile per il superamento del fine pena mai sia quella giurisprudenziale perché la politica non può ammettere il fallimento delle leggi emergenziali perché sono quelle che gli consentono di sospendere lo Stato di diritto coprendolo col sepolcro imbiancato della legalità.
Associazione Yairaiha Onlus