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Per la Consulta l’ergastolo ostativo è incostituzionale

La Consulta fa cadere il divieto per i condannati che abbiano dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo e se l’autorità ha acquisito prove che non c’è più partecipazione all’attività criminale. La Corte costituzionale stabilisce che si valuti caso per caso

Cade il divieto assoluto per gli “ergastolani ostativi” di accedere a permessi premio durante la detenzione. La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, spiega Palazzo della Consulta, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo.

consulta ergastoloIl comunicato dell’Ufficio Stampa della Corte costituzionale spiega infatti: “La Corte costituzionale si è riunita oggi in camera di consiglio per esaminare le questioni sollevate dalla Corte di cassazione e dal Tribunale di sorveglianza di Perugia sulla legittimità dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’Ordinamento penitenziario là dove impedisce che per i reati in esso indicati siano concessi permessi premio ai condannati che non collaborano con la giustizia. In entrambi i casi, si trattava di due persone condannate all’ergastolo per delitti di mafia”.

“In attesa del deposito della sentenza – fa sapere l’Ufficio stampa della Corte – a conclusione della discussione le questioni sono state accolte nei seguenti termini. La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’Ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo”.

“In questo caso, la Corte – pronunciandosi nei limiti della richiesta dei giudici rimettenti – ha quindi sottratto la concessione del solo permesso premio alla generale applicazione del meccanismo “ostativo” (secondo cui i condannati per i reati previsti dall’articolo 4 bis che dopo la condanna non collaborano con la giustizia non possono accedere ai benefici previsti dall’Ordinamento penitenziario per la generalità dei detenuti). In virtù della pronuncia della Corte, la presunzione di “pericolosità sociale” del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del Carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica”. (da Repubblica.it)

Ergastolo ostativo. Antigone: “La decisione della Consulta ribadisce il principio costituzionale di pena”

Anche la Corte Costituzionale si pronuncia contro l’ergastolo ostativo. Il giudizio arriva a due settimane di distanza dalla sentenza della Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che aveva definito inumana e degradante una pena che non prevedesse una possibilità di rilascio. Oggi i giudici della Consulta hanno ribadito questo principio, sostenendo l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1 dell’Ordinamento penitenziario, laddove preveda la concessione di permessi premio solo in caso di collaborazione con la giustizia, escludendo di fatto altri elementi quali la reale partecipazione ancora in essere con l’associazione criminale e il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata, ciò quando il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo.

“E’ una sentenza di straordinario valore questa della Corte Costituzionale. I giudici pongono un limite al potere di punire e ribadiscono un principio fondamentale della nostra carta costituzionale: sempre e comunque la pena deve tendere alla rieducazione del condannato”. A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. “In attesa di leggere nel dettaglio le motivazioni della sentenza, la Corte ribadisce anche l’importanza del ruolo delle istituzioni penitenziarie e della magistratura di sorveglianza. Nessun mafioso infatti uscirà – sottolinea ancora Gonnella. Con questa decisione, così come con quella della Cedu, si restituisce alla magistratura il potere di decidere, caso per caso, se per un detenuto condannato per reati di mafia sussista ancora il criterio di pericolosità sociale e quindi se possa essere idoneo o meno ad usufruire di permessi premio”.
Per assumere questa decisione la magistratura di sorveglianza – come si legge nel comunicato della Corte Costituzionale – dovrà basarsi sulle relazioni del carcere, nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.

“Ci auguriamo che questa doppia decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e della Corte Costituzionale venga recepita dai decisori politici in nome del principio di legalità costituzionale”, conclude Patrizio Gonnella.