In Italia, al 31 dicembre 2017, gli ergastolani erano 1.735 e dal 2010, sono circa il 4% della popolazione penitenziaria. Interrogazione della parlamentare Europea del gruppo Gue/Ngl Eleonora Forenza
È legittimo l’ergastolo ostativo? L’ ultima interrogazione parlamentare alla commissione europea riguarda proprio il tema carcerario, e sullo specifico la cosiddetta pena perpetua che, di fatto, esiste nel nostro Paese. A farla è la parlamentare europea Eleonora Forenza del gruppo Sinistra unitaria europea ( Gue/ Ngl). «Il cosiddetto “ergastolo ostativo” – si legge nell’interrogazione di Florenza – è una pena perpetua che esclude il condannato non collaborante con la giustizia da qualsiasi possibilità di rientro nella società libera». Ricorda che i condannati all’ergastolo in Italia al 31/ 12/ 2017 erano 1.735 e che dal 2010, gli ergastolani sono circa il 4% della popolazione penitenziaria, «una quota nettamente superiore alla mediana europea ( 1,8%)», sottolinea sempre la parlamentare europea e aggiunge che «l’ergastolo ostativo interessa oltre il 70% dei condannati alla pena perpetua».
Eleonora Forenza, sempre nell’interrogazione, spiega che «l’ergastolo ostativo è motivato dalla presunzione di pericolosità del condannato, riconducibile all’assenza di progressi verso la rieducazione, che darebbero accesso ai benefici penitenziari ovvero alla liberazione condizionale». Sottolinea, quindi, come «questo assetto si pone in forte tensione con il principio costituzionale italiano, secondo cui la pena deve tendere alla rieducazione del condannato». Nell’interrogazione, l’europarlamentare, spiega che nel trattato sul funzionamento dell’unione europea esistono ulteriori tensioni esistono con gli art. 1 e 4 «che tutelano la dignità dell’uomo e il divieto di tortura e di trattamenti
disumani e degradanti» e c’è anche un «evidente l’attrito anche con l’art. 3 della Cedu, che sostiene l’idea di “pena perpetua riducibile”». Conclude quindi con due domande ben precise rivolte alla Commissione: la situazione illustrata non è in tensione con la decisione quadro 2008/ 909/ GAI e con la disciplina degli strumenti di mutuo riconoscimento? Cosa intende fare la Commissione europea per indurre l’Italia a correggere l’ordinamento?
Forenza racconta, con un lungo comunicato, come in questi anni di mandato, assieme all’Associazione Yairaiha Onlus, hanno «ispezionato la quasi totalità delle sezioni di Alta Sicurezza 1, raccogliendo testimonianze e documentazione in merito all’impossibilità di accedere ai benefici o ad una revisione della pena nonostante la Corte europea, con la sentenza Vinter, obblighi gli Stati membri al rispetto dell’art. 3 che prevede la possibilità di riesame delle pene perpetue, sancendo così il “diritto alla speranza”».
Ma ricorda di come siamo «nell’Italia della guerra agli ultimi, del giustizialismo, della vendetta, delle pene esemplari, del securitarismo elevato a sistema che da oltre un quarto di secolo crea crimini, criminali e capri espiatori per nascondere tutto il marcio prodotto dal capitalismo e dal liberismo sfrenato che, particolarmente in Italia, si è tradotto in privatizzazione selvaggia dei servizi e saccheggio delle risorse umane ed ambientali». Eleonora Forenza non ci sta con la condanna eterna, per questo conclude che vuole «continuare a credere che nessuno è perduto per sempre, ognuno ha diritto ad un’altra possibilità. Ognuno ha il diritto di sperare».
Damiano Aliprandi
da il dubbio
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L’ultima interrogazione da parlamentare europea non poteva che riguardare il tema del carcere e, ancora una volta, dell’ergastolo ostativo. In questi anni di mandato, assieme all’Associazione Yairaiha Onlus, abbiamo ispezionato la quasi totalità delle sezioni di Alta Sicurezza 1, raccogliendo testimonianze e documentazione in merito all’impossibilità di accedere ai benefici o ad una revisione della pena nonostante la Corte europea, con la sentenza Vinter, obblighi gli Stati membri al rispetto dell’art. 3 che prevede la possibilità di riesame delle pene perpetue, sancendo così il “diritto alla speranza”.
Ma siamo nell’Italia della guerra agli ultimi, del giustizialismo, della vendetta, delle pene esemplari, del securitarismo elevato a sistema che da oltre un quarto di secolo crea crimini, criminali e capri espiatori per nascondere tutto il marcio prodotto dal capitalismo e dal liberismo sfrenato che, particolarmente in Italia, si è tradotto in privatizzazione selvaggia dei servizi e saccheggio delle risorse umane ed ambientali.
La sicurezza sociale deve essere garantita attraverso la rimozione degli ostacoli che ne compromettono il pieno godimento (art. 3 della Costituzione). In un sistema penitenziario completamente in metastasi, le ultime norme varate dall’attuale governo in materia di giustizia anziché rafforzare gli anticorpi, stanno iniettando nuovi virus. Penso al pacchetto sicurezza, al reato di femminicidio, alla criminalizzazione delle lotte sociali, alla cancellazione del rito abbreviato per i reati punibili con l’ergastolo, la certezza della pena e, l’ultima, aberrante, legge sulla legittima difesa con la difesa sempre legittima. Quello che si sta sviluppando in Italia è un clima di odio che sovrasta lo Stato di Diritto portandolo alle estreme conseguenze, ovvero alla sostituzione con uno Stato etico, assolutista.
Le sentenze della Cedu oggi rappresentano l’unico argine alla deriva dell’assolutismo e del populismo penale a difesa dello Stato di Diritto, mentre nei tribunali mediatici vengono scritte nuove leggi liberticide ed emesse sentenze che non rispondo al diritto ma al bisogno/richiesta di vendetta della parte offesa.
In questi anni, nei penitenziari che abbiamo visitato, assieme ad Antonio Perillo, Sandra Berardi e Yvonne Graf, mi sono scontrata con una realtà umana difficile e complessa, ma non irrecuperabile. Una realtà umana dove esiste la responsabilità personale, individuale, del reato, dove la “colpa” non può essere riparata attraverso la privazione della libertà e le privazioni affettive, sensoriali, della dignità. Questa è tortura. La corrispondenza di decine di detenuti ci ha permesso di approfondire alcune violazioni ricorrenti in merito alla violazione del diritto alla salute o al diritto di difesa che, soprattutto in 41bis, viene compromesso dall’impossibilità di poter visionare i fascicoli in formato digitale provenienti dai tribunali. E ancora: i meccanismi che rendono i detenuti ostativi ai benefici dipendono in larga misura dalla produzione di informative delle DDA riferite al momento dell’arresto e non all’attualità. Migliaia di persone detenute nei gironi danteschi del 41bis e delle AS1 che vengono ancorate al proprio passato, come se 10-15-20 anni di carcere non ci fossero mai stati. Criminali per sempre. Ritengo che questo modo di intendere le pene sia la vera sconfitta per lo Stato: una pena che non è in grado di far cambiare, migliorare e comprendere il male fatto al reo ha fallito. Del resto ai detenuti in 41bis e As1 è preclusa anche la possibilità di partecipare ad attività formative, i pochi percorsi avviati spesso vengono interrotti da improvvisi trasferimenti da una struttura ad un’altra, determinando fatica, se non impossibilità, a ricominciare da capo. Un meccanismo perverso. Esiste la colpa ma esiste anche una responsabilità sociale, la responsabilità di chi si gira dall’altra parte, di chi non offre un’altra possibilità, la responsabilità di condannare l’uomo e non solo il suo reato. Nessuno cambia da solo. E il carcere è un ghetto dove vengono concentrate marginalità sociali di cui lo Stato, la società, dovrebbero farsi carico in chiave preventiva e non solo punitiva. 60.500 persone invisibili da liberi e invisibili da prigionieri che qualcuno vuole additare come colpevoli per sempre: ad una delle ultime relazioni inviate sulle ispezioni effettuate a Siano, Voghera e Milano Opera,il Dap anziché rispondere sulle violazioni del diritto alla salute segnalate mi ha risposto con il casellario giudiziale di ognuno, come dire “avrà pure un tumore ma è condannato per 416 bis”! Da questo si deduce che alcune persone hanno meno diritti degli altri.
Ma io voglio continuare a credere che nessuno è perduto per sempre, ognuno ha diritto ad un’altra possibilità. Ognuno ha il diritto di sperare.
Eleonora Forenza
Il testo dell’ Interrogazione con richiesta di risposta scritta
alla Commissione
Articolo 130 del regolamento
Eleonora Forenza (GUE/NGL)
Oggetto: Ergastolo ostativo in Italia
La Risoluzione A8-0251/2017 del PE sui sistemi carcerari e le condizioni di detenzione ribadisce il ruolo della UE[1]
Il cosiddetto “ergastolo ostativo” è una pena perpetua che esclude il condannato non collaborante con la giustizia da qualsiasi possibilità di rientro nella società libera.
I condannati all’ergastolo in italia al 31/12/2017 erano 1.735[2]
Dal 2010, gli ergastolani sono circa il 4% della popolazione penitenziaria; una quota nettamente superiore alla mediana europea (1,8%); l’ergastolo ostativo interessa oltre il 70% dei condannati alla pena perpetua [3]
L’ergastolo ostativo è motivato dalla presunzione di pericolosità del condannato, riconducibile all’assenza di progressi verso la rieducazione, che darebbero accesso ai benefici penitenziari ovvero alla liberazione condizionale.
Questo assetto si pone in forte tensione con il principio costituzionale italiano, secondo cui la pena deve tendere alla rieducazione del condannato[4]
Ulteriori tensioni esistono con gli art. 1 e 4 TFEU, che tutelano la dignità dell’uomo e il divieto di tortura e di trattamenti disumani e degradanti. Evidente l’attrito anche con l’art. 3 della CEDU, che sostiene l’idea di “pena perpetua riducibile”[5]
– la situazione illustrata non è in tensione con la decisione quadro 2008/909/GAI e con la disciplina degli strumenti di mutuo riconoscimento?
– cosa intende fare la CE per indurre l’Italia a correggere l’ordinamento?
[1]«le condizioni di detenzione e la gestione carceraria rientrano nell’ambito di competenza degli SM, ma che l’UE ha peraltro un ruolo necessario da svolgere in materia di salvaguardia dei diritti fondamentali dei detenuti e creazione dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia»
[2]l’ultima rilevazione del Consiglio d’Europa, datata 01/09/2016, segnala una quota pari al 4,8%
[3]inoltre, circa il 25% degli ergastolani ostativi si trova sottoposto al regime detentivo speciale dell’art. 41-bis OP (cosiddetto “carcere duro”).
[4]cfr. le aperture offerte da Corte Cost. n. 148 del 2018
[5]Nel caso Vinter c. Regno Unito, § 119, (leading case in argomento) la Corte ha asserito che «per quanto riguarda le pene perpetue, l’articolo 3 … esige che esse siano riducibili, ossia sottoposte a un riesame che permetta alle autorità nazionali di verificare se, durante l’esecuzione della pena, il detenuto abbia fatto dei progressi sulla via del riscatto… ».