Per i giudici non ci sono le esigenze cautelari necessarie a tenere Mimmo Lucano agli arresti domiciliari, ma ci sono quelle per tenerlo lontano da Riace. È un colpo al cerchio e uno alla botte la decisione del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria. Un’apparente vittoria che nasconde una crudele punizione.
È una piccola vittoria giudiziaria, sì. Il divieto di dimora, rispetto agli arresti domiciliari, è senz’altro una misura più blanda, sulla carta. E, in fondo, è una sottospecie di vittoria politica. Mimmo Lucano viene allontanato dalla sua Riace come un esiliato, via da dove evidentemente si pensa (teme?) possa portare a termine il suo progetto politico: l’accoglienza spontanea. Può andare dove vuole Mimmo, ma non a Riace. Può girare il mondo intero, testimoniare, raccontare quel che accade ma non deve stare a Riace. Può parlare, ma non deve ‘agire’. Al confino, lontano dal suo Comune dove – aveva annunciato proprio in attesa della decisione del giudice – l’accoglienza continuerà comunque. In maniera spontanea, così come è cominciata nel 1998 e così come è andata avanti per tre anni fino al 2001. Senza fondi, senza soldi. «Pura accoglienza», come la chiama Mimì.
Dietro la parvenza di una vittoria formale, però, c’è la sconfitta durissima sul piano umano e personale. Allontanare Mimmo dalla sua Riace è la peggiore punizione che si potesse infliggergli. Qualcosa che toglie fiato e gambe, come fiato e gambe sembra non avere Mimmo Lucano dopo aver appreso la notizia. Sembra una punizione per Riace che «vuole fare da sola, anche senza contributi dello Stato». Per Riace che vuole dimostrare al mondo che l’accoglienza e l’umanità sono principi innati e irriducibili.
Un colpo duro per uno come Mimmo. Inflitto per colpire, per fare male. Di quei colpi che spiazzano ma non sono abbastanza precisi da stendere al tappeto. «Riace continua», conferma Mimmo Lucano, dentro e fuori Riace. Come sempre. Entro un paio di settimane saranno depositate le motivazioni e solo allora conosceremo le ragioni di una tale decisione. E solo allora si potrà fare ricorso. Non un passo indietro, ma passi avanti in ogni città. Verso Riace.
«Tu proverai sí come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale», scriveva l’esule Dante Alighieri nel comporre la sua personale odissea. Questo è Riace, il luogo in cui si tenta di rendere meno salato il proprio pane al palato di chi arriva e meno dure le proprie scale per chiunque voglia scenderle o salirle.
Tiziana Barillà
da il Salto
Ma non bisogna piegarsi per forza a questa magistratura. Contravvenga al provvedimento cautelare. Pacificamente, con la serenità di chi é nel giusto. Così saranno costretti a scegliere una misura più grave: o gli arresti domiciliari o il carcere. E avranno perso, trasformando un simbolo in un martire.