Pubblichiamo di seguito la lettera aperta al sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, dei promotori del digiuno a staffetta contro l´ordinanza sui lavavetri iniziato il 21 settembre e che si concluderà il 17 ottobre, giornata mondiale di lotta alla povertà. I firmatari sono Matteo Bortolon, Lorenzo Guadagnucci, Camilla Lattanzi, Luca Limata, Alessandro Santoro, Marco Sodi, Saverio Tommasi.
«Egregio signor sindaco,
la sua nuova ordinanza contro i lavavetri ci riempie di tristezza e al tempo stesso di maggiore convinzione nella nostra lotta. Da quasi un mese, come avra´ notato la mattina arrivando in ufficio, ogni giorno due persone, in sciopero della fame per 24 ore, sostano sotto PalazzoVecchio indossando dei cartelloni. Forse avrà letto i testi. Contengono due messaggi: la richiesta di ritiro immediato dell´ordinanza contro i lavavatri, e l´affermazione che occorre combattere la poverta´, non i poveri. Questa nostra lotta nonviolenta è iniziata il 21 settembre con l´obiettivo di indurla a un ripensamento. Intendevamo aprire una discussione con l´amministrazione pubblica, nello spirito della nonviolenza, che promuove sempre il dialogo, anche quando esprime il massimo dissenso. Abbiamo sperato fino all´ultimo che lei avrebbe accettato il confronto, senza rifiutare a priori di ascoltare le nostre ragioni. Nei giorni scorsi avevamo anche concordato con l´assessore Graziano Cioni, promotore delle ordinanze, un incontro pubblico da tenersi prima del 30 ottobre, data di scadenza `naturale´ dell´ordinanza `contingibile e urgente´.Il suo nuovo provvedimento, reso noto ieri, in anticipo rispetto al previsto, sembra chiudere anche questo spazio di discussione. Siamo sinceramente amareggiati di questa sua chiusura, che ha un carattere etico e culturale, prima ancora che politico. Speravamo ancora, nonostante tutto, che lei avrebbe accettato di recuperare quell´idea di citta´ accogliente, solidale, operatrice di pace che è stata di alcuni suoi illustri predecessori. E´ un´idea di città che ha reso Firenze celebre e popolare nel mondo. Oggi Firenze si fa conoscere per questa sua lotta senza quartiere a un ristretto gruppo di persone- si parla di una cinquantina di cosiddetti lavavetri-in nome di un concetto di sicurezza che non fa ben sperare per il futuro.Signor sindaco, noi crediamo che lei abbia assecondato un certo senso di insofferenza e di paura, presente fra i nostri concittadini, che andrebbe affrontato con altri argomenti. Siamo convinti che non vi sia mai stata in citta´ alcuna `emergenza lavavetri´ e che non si possano affrontare i disagi o il fastidio suscitati dai comportamenti di pochissime persone, mettendo `fuori legge´ chi sta comunque cercando di cavarsela, guadagnando pochi euro agli incroci. Pensiamo che un´amministrazione aperta, solidale e operatrice di pace avrebbe agito in modo molto diverso, ad esempio cercando di incontrare i 50 lavavetri, di dialogare con loro, alla ricerca di condizioni di vita e di lavoro migliori e piu´ sicure per tutti. Un´amministrazione accogliente e con un alto senso della solidarieta´ avrebbe mandato un messaggio distensivo ai cittadini e agli automobilisti, senza enfatizzare il problema, e sforzandosi di mantenere la questione dentro i binari della razionalita´ e del buon senso.La città che noi vorremmo e per la quale continuiamo a batterci, si impegnerebbe per affermare un´idea di sicurezza che include la possibilità-per tutti-di avere un tetto e il diritto a ricercare condizioni di vita e di lavoro dignitose. E´ questo un concetto di sicurezza molto impegnativo, perche´ porterebbe a battersi-ad esempio- per cambiare una serie di leggi in materia di immigrazione [a cominciare da quella detta Bossi-Fini], ad estendere le politiche sociali, ad includere nella nostra società chi oggi resta ai margini. Nella nostra città vivono migliaia di poveri, di senza tetto, di `sans papier´, di esclusi da tutto e da tutti… L´approccio che noi immaginiamo, porterebbe anche a contrastare l´idea di sicurezza oggi diffusa a Firenze e in gran parte d´Italia: una sicurezza basata su slogan equivoci come `tolleranza zero´ e imperniata sui divieti, i controlli di polizia, le limitazioni dei diritti e delle libertà. La storia ci insegna che l´estensione delle misure repressive, anche quando avviene con il consenso apparente delle popolazioni, è foriera di disastri.Siamo convinti che un´idea allargata e solidale di sicurezza sia alla portata della nostra città. A Firenze possiamo attingere a una tradizione democratica e popolare della quale dobbiamo andare orgogliosi: questo e´ il tempo di non cedere agli umori del momento, alla tentazione delle scorciatoie repressive, ma di mettere a frutto quanto di meglio ci arriva dal passato. Oggi Firenze è una città che mostra un volto ostile: è chiusa, incattivita, insofferente. Non è la città che desideriamo, e siamo convinti che nemmeno lei voglia diffondere un´immagine di Firenze così deteriorata.Nonostante tutto, signor sindaco, noi non disperiamo e per questo le chiediamo di accettare al più presto un incontro pubblico con noi e con quella parte di città che non si riconosce nello spirito delle sue ordinanze.Per quanto ci riguarda, oggi e domani saremo ancora in piazza della Signoria coi nostri cartelli, e mercoledì notte celebreremo a modo nostro la Giornata mondiale di lotta alla povertà, dormendo all´addiaccio, davanti all´ingresso di Palazzo Vecchio. Il nostro digiuno a staffetta a quel punto sarà concluso, ma il discorso non può che restare aperto. Le persone, le loro vite, le loro aspettative e i loro diritti, non si cancellano a colpi d´ordinanza. Vogliamo continuare a credere che Firenze può ancora cambiare rotta e tornare ad essere una città aperta, solidale, altruista».
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