Libano: dopo l’esplosione monta la rabbia popolare. Scontri fuori dal parlamento di Beirut
157 morti, 5mila feriti, decine e decine di dispersi – nessuno sa bene quanti – e almeno 300mila persone rimaste senza un tetto sulla testa. E’ il bilancio aggiornato, ma ancora provvisorio, della duplice violentissima esplosione che nel tardo pomeriggio di martedì 4 agosto ha devastato il porto di Beirut, capitale del Libano. Nel Paese monta la rabbia popolare, già espressasi a partire dall’autunno 2019 con le mobilitazioni di piazza contro l’attuale classe politica, la crisi economica (il Libano ha dichiarato default), l’inflazione, la mancanza di servizi essenziali (a partire dalla corrente elettrica) e ora anche la fame: l’esplosione di martedì ha distrutto, tra le altre cose, i depositi di grano. Nella notte centinaia di persone si sono ritrovate nella zona del Parlamento, scontrandosi a lungo con le forze dell’ordine, armate di gas lacrimogeni. I manifestanti hanno lanciato contro gli agenti i detriti provocati dalle esplosioni. 20 i giovani feriti. Il tutto a poche ore dall’arresto di 16 persone – tra loro, il direttore del porto e il numero uno della Dogana libanese – nell’ambito dell’inchiesta partita per capire come sia stato possibile lasciare, per una mezza dozzina d’anni, una bomba a orologeria (2.750 tonnellate di nitrato d’ammonio) in una zona fortemente popolata, dentro una città dove abita oltre un quarto della popolazione totale.
Sul nitrato di ammonio l’intervista a Franco Rigosi, ingegnere chimico ed ex tecnico Arpav, esponente di Medicina Democratica. Ascolta o scarica
Intanto domenica annunciata, da Macron, una conferenza internazionale dei donatori. Ne abbiamo parlato con lo scrittore e nostro collaboratore sulle vicende mediorientali Davide Grasso. Con lui abbiamo parlato anche di altre questioni che riguardano l’area e che – come nel caso della visita del presidente francese a Beirut e della conferenza internazionale da lui annunciata – hanno sempre a che fare con gli interessi occidentali in Medio oriente. Dalla vendita di strumenti di spionaggio ai regimi siriano di Assad ed egiziano di Al Sisi da parte dell’agenzia italiana AREA spa all’anniversario del genocidio degli ezidi a Shingal, Kurdistan iraqeno, nel 2014, da parte dello Stato Islamico con la complicità, di fatto, dei peshmerga di Barzani, alleati dell’Italia. Ascolta o scarica.