Libia: Le milizie rastrellano centinaia di profughi. Lo aveva chiesto anche l’Ue
Nella notte il raid a Tripoli per condurre nei campi di prigionia i migranti che da mesi erano accampati chiedendo di venire trasferiti in altri Paesi. Catturati e imprigionati anche bimbi piccoli.
di Nello Scavo
Il rastrellamento delle milizie libiche su ordine delle autorità di Tripoli è scattato in piena notte, mentre quasi duemila migranti e profughi dormivano sulla via d’accesso a una delle sedi dell’alto commissariato Onu per i rifugiati. A dare il via alle operazioni, che il governo rinviava da settimane anche a causa della forte esposizione mediatica internazionale dei profugi, che in collegamento avevano partecipato anche a un forum in Vaticano, è stata una richiesta esplicita dell’Unione Europea, attraverso l’inviato di Bruxelles in Libia.
Nelle settimane scorse vi erano stati momenti di tensioni tra alcuni migranti e il personale di sicurezza che sorveglia la sede dell’alto commissariato. Anziché procedere a fermare le singole persone coinvolte nei disordini, Tripoli è intervenuta con una deportazione di massa, come già avvenuto nei mesi scorsi quando 4mila profughi vennero gettati nei campi di prigionia che nel frattempo si erano svuotati per effetto delle partenze vie mare e dei trasferimenti nei campi di detenzione recentemente aperti in pieno deserto, lontano da occhi indiscreti.
Senza risparmiare donne incinte e bambini piccoli, gli stranieri sono stati tutti portati in strutture sotto il controllo del Dcim, dove secondo le Nazioni Unite avvengono da anni “orrori indicibili”. Il pugno di ferro contro i migranti è anche la prima azione pubblica del nuovo capo del Dipartimento, il capomilizia Al-Khoja sospettato dalle organizzazioni internazionali e da diversi rapporti Onu di essere al centro di una rete di trafficanti di esseri umani.
L’8 dicembre l’ambasciatore Ue Jose Sabadell aveva espresso preoccupazione “per l’attuale situazione al di fuori della sede di Unhcr Libia, che mette in pericolo la vita di molti e impedisce Unhcr di svolgere il proprio lavoro fornendo assistenza umanitaria ai più vulnerabili”. Unhcr, tuttavia, non ha mai chiesto alle autorità di Tripoli di sgomberare in massa i migranti, ma esclusivamente di intervenire su alcuni “facinorosi”. “Chiediamo alle autorità libiche di garantire la sicurezza e proteggere persone e locali”, aveva scritto su Twitter l’ambasciatore Sabadell. Due giorni dopo il diplomatico ha provato a correwggere il tiro: “Siamo preoccupati per le violazioni dei diritti dei migranti, compresa la detenzione arbitraria in condizioni inaccettabili. Accogliamo con favore il lavoro dell’Onu, inclusa Unhcr, che fornisce assistenza umanitaria e protezione e chiediamo alle autorità libiche di facilitarli“. Ma oramai il segnale era stato chiaro e quale sarebbe stata la reazione delle varie polizie che si spartiscono il controllo della capitale, era prevedibile.
Già nello scorso ottobre, in occasione del primo raid per le strade di Tripoli l’Alto commissariato Onu aveva chiesto la fine degli arresti arbitrari e la ripresa dei voli di evacuazione. Solo nel 2021 più di 1.000 persone che stavano per essere trasferite in Paesi africani sicuri sono rimaste bloccate in Libia per via del blocco dei corridoi umanitari, deciso unilateralmente da Tripoli.
da Avvenire