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L’idea della galera di Delmastro è figlia dell’idea fascista della giustizia

Non è poi così strano che uno come il sottosegretario di Fratelli d’Italia, che ha un’idea pre-costituzionale della pena, sia arrivato a Via Arenula con questo governo.

di Carmelo Palma da linkiesta.it

Che idea delittuosa della pena avesse Andrea Delmastro era chiaro da tempo, da quando almeno, nel giugno 2020, poche settimane dopo il pestaggio di massa dei detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e l’avvio delle indagini da parte dell’autorità giudiziaria, aveva presentato un’interpellanza urgente per sollecitare il conferimento dell’encomio solenne all’intero corpo di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale campana “per spiccate qualità professionali e non comune determinazione operativa”.

In un Paese in cui le nostalgie ideologiche autoritarie della destra fascista e della sinistra comunista si sono democratizzate eleggendo secondini e inquisitori a campioni dell’igiene del mondo e della politica, come non stupisce che la rivoluzione manipulista sia diventata rapidamente il nuovo sole dell’avvenire del mondo sedicente progressista, non fa specie che sia stato uno dei colonnelli più refrattari alla conversione post-fascista della destra missina a diventare prima responsabile Giustizia di Fratelli d’Italia e a sbarcare poi a Via Arenula, per piantonare Nordio con la delega agognata alla galera e al business della polizia penitenziaria.

In questi due anni, a dire il vero, tra il ministro e il sottosegretario non c’è stato alcuno scontro, né alcuna vera dialettica, solo una programmata divisione del lavoro, con il primo a strologare sulla quadratura garantista del cerchio giustizialista e il secondo a rassicurare i camerati vecchi e nuovi che la politica e la legislazione penale del Governo sarebbe rimasta quella del santo manganello, che non è, come è noto, solo un’ideale di violenza, ma soprattutto l’ideale di una giustizia liberata dalle catene del diritto, cioè di una violenza che pretende di affermare non solo il proprio dominio, ma la propria legittimità, non solo la propria forza, ma la propria ragione.

Appunto la violenza degli agenti di Santa Maria Capua Vetere, che non abbattevano come vitelli i detenuti per vendicarsi delle loro rivolte, ma per ristabilire la giustizia, che le leggi magari elevano, ma alienano e solo la “determinazione operativa” del manganello risarcisce nella sua interezza.

L’idea fascista della giustizia è coerente con quella organicistica dell’ordine politico e dunque, in questo quadro, la funzione della pena non è quella di riabilitare il reo alla partecipazione al consesso civile – che per i fascisti coincide con la vita stessa dello Stato – ma di presidiarne la temporanea o definitiva estromissione. La pena, insomma, non serve le persone, – né le vittime, né i colpevoli – ma direttamente lo Stato e quindi un interesse che trascende qualunque diritto individuale.

C’è quindi poco da meravigliarsi per le parole pronunciate da Delmastro in visita al carcere di Taranto, per irridere il pellegrinaggio dei parlamentari alla “Mecca dei detenuti” e per rivendicare la volontà di incontrare i soli agenti di polizia penitenziaria, che dal suo punto di vista sono i soli, lì dentro, ad appartenere allo Stato e a presidiarlo e dunque i soli a potere rivendicare diritti che non siano arbitrarie pretese.

Delmastro ha un’idea pre-costituzionale della pena perché non ha nessuna intenzione di emanciparsi da un’idea fascista della giustizia, a cui il latinoroum liberale di Nordio offre un alibi sempre meno convincente di rispettabilità e emendabilità. Delmastro non ha alcuna cura e preoccupazione per l’epidemia di suicidi e di morti per altre cause, che le carceri italiane stanno registrando, battendo ogni record passato, semplicemente perché non le ritiene un suo problema e una sua responsabilità.

Mentre Nordio si arrabatta a promettere positivi cambiamenti nel giro di pochi mesi grazie al decreto carceri e a proporre nuove misure deflattive del sovraffollamento (tossicodipendenti in comunità, rimpatrio dei detenuti stranieri), che però né sono nuove, né hanno mai funzionato, Delmastro, pur continuando a vomitare sconcezze da antico seguace della subcultura nazi-rock, almeno dice la verità. A via Arenula comanda lui, non cambierà niente nelle carceri (peraltro neppure fuori), e di fronte ai primi attesi e forse pure auspicati disordini, è pronto il via libera ai “Gruppi di intervento speciale” di recente istituzione, per riportare l’ordine dello Stato nella mecca dell’antistato.

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