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Limite sull’Arno (Firenze): Città sonnolenta, la polizia può sparare

Neanche il rumore dei colpi di pistola sono riusciti a svegliare dal loro torpore gli abitanti di Limite sull’Arno. In un clima di preoccupante collaborazionismo e omertà, l’intero episodio è stato fatto scivolare nel dimenticatoio troppo presto.

Mercoledì 29 ottobre, un’operazione dei carabinieri di Empoli contro una banda di rapinatori ha prodotto due feriti da arma da fuoco, uno per parte, due arresti e un terzo rapinatore fuggitivo.

E’ apparso evidente fin dal giorno dopo che la ricostruzione fatta dai giornali locali conteneva lacune ed omissioni più o meno volontarie, così come le voci che circolavano in paese, tutte molto cinematografiche e consolatorie: una pericolosa banda di malviventi armati forza un posto di blocco, ne nasce un inseguimento, una volante riesce a speronare l’auto rubata, i ladri tentano di fuggire, c’è un conflitto a fuoco con un ferito da una parte e dall’altra, alla fine i carabinieri riescono ad assicurare alla giustizia due dei tre occupanti dell’auto e giurano di essere sulle tracce dell’altro, plauso all’Arma e auguri di pronta guarigione al milite infortunato.

Mano a mano che il furore giustizialista, mosso anche da un sincero razzismo (gli arrestati erano di origine albanese), andava scemando, venivano a galla brandelli di verità che non sono mai apparsi sui mezzi di informazione.

Per prima cosa, non c’è stato nessun posto di blocco forzato, un’auto di agenti in borghese era sulle loro tracce da molto tempo (erano già scampati diverse volte all’arresto) e una volante era appostata in cima alla strada dove vivevano i tre, in prossimità di una rotonda, dov’è avvenuto lo speronamento (forse un posto poco adatto per bloccare un’auto sospetta, con due vie di fuga libere). Poi i rapinatori non erano armati, nonostante la polizia scientifica abbia setacciato il luogo per due giorni alla ricerca di un bossolo che non fosse stato quello di una pistola d’ordinanza, nel disperato tentativo di dare credito alla tesi della risposta al fuoco.

Nell’imbarazzo più totale, non sapendo più che pesci prendere per giustificare una sparatoria contro persone, va bene sospette, ma comunque disarmate, per di più alle nove di sera di fronte ad un ristorante e una scuola di ballo sempre molto affollati, i nostri pistoleros hanno giocato la carta dell’auto che avrebbe tentato di investirli.

Le veline della questura, riportate fedelmente dai quotidiani come il Tirreno o gonews.it, parlano di un colpo sparato (a questo punto presumiamo verso l’auto, anche se non ci è dato sapere se la carena o il parabrezza presentino dei fori) che ha ferito un rapinatore al petto e alla spalla (badate, un solo colpo contro una persona seduta da parte di una in piedi) e un altro sparo partito accidentalmente al colonnello Pontillo mentre cercava di evitare di essere schiacciato, e che ha colpito il colonnello stesso ad una coscia; in pratica, si è sparato da solo.

Ad una settimana di distanza, l’ultima notizia che abbiamo rimane quella del cambiamento di un capo di imputazione, da tentato omicidio a resistenza a pubblico ufficiale. Per il resto, censura totale. Non una voce critica si è alzata contro l’operato dei carabinieri, che da parte loro hanno tirato un respiro di sollievo e hanno avuto un’altra riprova della loro completa impunità.

I cittadini bempensanti si sono ripuliti il mento dalla schiuma provocata dal loro odio cieco, ma resta nelle orecchie il fastidioso fischio di tutti i discorsi gretti e razzisti vomitati dalla gente in questi giorni, una comunità che si sta chiudendo nella conservazione di quei pochi “privilegi da schiavi” che le rimangono, miope di fronte alla rapina delle loro vite e della loro dignità messa in atto da una cricca di affaristi senza scrupoli, alla quale appartiene anche il loro amato PD.

COLLETTIVO ANTIKUNST