L’informazione in tempo di guerra tra fake news e propaganda russa
Sulla strage di Bucha e più in generale il ruolo dell’informazione, sempre più difficile da scindere dalle reciproche propagande di guerra, intervengono oggi con una lettera aperta 11 grandi inviati di guerra italiani. I firmatari – tra gli altri Massimo Alberizzi, Remigio Benni, Angela Virdò e Alberto Negri – si dichiarano “solidali con l’Ucraina e il suo popolo”, ma si domandano “perché e come è nata questa guerra” e chiedono “un’analisi profonda su quello che sta succedendo e, soprattutto, sul perché è successo”: quello, cioè, che sui media mainstream anche italiani non si trova.
“Per ricostruire l’esatta sequenza dei fatti a Bucha ci vorrà del tempo. Ma i segni sui corpi non sono, come qualcuno vaneggia, gli effetti speciali di una guerra virtuale. L’uomo abbattuto mentre cercava riparo fuggendo in bicicletta. Il residente picchiato, freddato e infine gettato dentro a un tombino. Le donne, spogliate, molestate, stuprate, infine bruciate come streghe che non volevano cedere ai capricci dell’invasore. Altre lasciate vivere, ma con profondi sfregi al volto e sul corpo, incisi durante lo stupro. C’era anche una stanza delle torture, allestita dai russi in un sanatorio per bambini, in disuso: nel seminterrato, riferiscono le autorità di Kiev, sono stati trovati i cadaveri di un gruppo di uomini. Le foto dei corpi legati mani e piedi, ranicchiati e con segni di percosse lo confermano”. Lo scrive Nello Scavo (martedi 5 aprile) giornalista dell’Avvenire inviato in Ucraina
Mosca nega, parla di messa in scena, come fosse un set Hollywoodiano apparecchiato per creare un caso e screditare “l’operazione speciale” russa.
Sta di fatto che i primi rapporti indipendenti dell’Onu confermano i fatti e non riguardano solo Bucha. Le accuse vanno dallo stupro ripetuto alle esecuzioni sommarie, saccheggio e violenza contro civili disarmati. I testimoni verificati sono già dieci, alcuni anche nella veste di vittima di reato di guerra. Human rights watch è pronta ad accompagnarli davanti alla Corte penale internazionale. Qualcuno ha chiesto di non essere citato, ma sono disponibili a testimoniare davanti alla giustizia internazionale, che fin dai primi giorni di conflitto aveva aperto un’inchiesta e inviato investigatori a Kiev.Le violenze contro i civili sono avvenute dove la gente è scesa in strada a fare da scudo all’avanzata dei carri armati russi.
“Davanti ai giudici vuole andare una donna di 31 anni -scrive ancora Nello Scavo- madre di una bambina. È decisa a puntare il dito contro il suo aguzzino. Il 14 marzo è riuscita a raggiungere un posto di soccorso a Karkhiv. Si era presentata con il viso sfregiato da diversi tagli. Le fotografie ricevute dal team di investigatori di Hrw e le testimonianze dei medici confermano la versione della giovane, scappata dalla prigionia in una scuola. Ha raccontato che un soldato russo l’aveva catturata e violentata ripetutamente. Il militare con un grosso coltello ha ferito la ragazza anche al collo, le ha tagliato i capelli e deturpato il volto. Mentre abusava di lei sparava colpi in aria con il fucile”.
Il 2 aprile il giornalista francese Danny Kemp e la sua squadra della France Presse sono stati i primi testimoni indipendenti entrati a Bucha. Hanno scattato e girato le immagini diffuse dai mass media e dai social.”Quello che posso dire è quello che ho visto” dice Kemp, “e quello che ho visto non era una messa in scena e di certo i corpi che ho incontrato non si sono rialzati dopo il nostro passaggio”. Il riferimento è alla propaganda filorussa che ha cercato di bollare come falsi foto e video del massacro e su cui proprio la squadra di Kemp ha fatto “debunking”, ristabilendo almeno la verità sull’autenticità delle immagini.
“È stata una visione scioccante -aggiunge Kemp-. La strada si stendeva per 400 metri e da ogni parte c’erano cadaveri. Alcuni isolati, altri in piccoli gruppi. I primi che abbiamo incontrato erano tre, nel vialetto di una casa: uno aveva le mani legate dietro la schiena. Altri sull’asfalto in mezzo alla strada, altri con le gambe incastrate sotto la bicicletta. L’impressione è che siano stati uccisi mentre erano in giro per le loro attività quotidiane: accanto ad alcuni erano rovesciate le buste per la spesa”.
Nonostante le numerose testimonianze non sono pochi i profili social e canali Telegram che gridando alla fake news per ogni notizia diffusa dai media sulle violenze e gli orrori compiuti dall’esercito russo in Ucraina provando a instillare il dubbio nel discorso pubblico, affinché il rumore di fondo del racconto della guerra sia inquinato da congetture e falsificazioni che spostino l’attenzione dai fatti a una loro supposta interpretazione.
“Quella dei morti di Bucha che si “muovono” o “resuscitano” (e dunque non sono davvero morti) è una teoria davvero infame, che fa parte di un preciso filone di disinformazione: quello dei “crisis actor” – ossia gli “attori” pagati per screditare una parte ” sostiene Leonardo Bianchi di Vice News ai nostri microfoni e curatore della newsletter COMPLOTTI Ascolta o scarica
Sulla strage di Bucha e più in generale il ruolo dell’informazione, sempre più difficile da scindere dalle reciproche propagande di guerra, intervengono oggi con una lettera aperta 11 grandi inviati di guerra italiani. I firmatari – tra gli altri Massimo Alberizzi, Remigio Benni, Angela Virdò e Alberto Negri – si dichiarano “solidali con l’Ucraina e il suo popolo”, ma si domandano “perché e come è nata questa guerra” e chiedono “un’analisi profonda su quello che sta succedendo e, soprattutto, sul perché è successo”: quello, cioè, che sui media mainstream anche italiani non si trova.
Sentiamo Massimo Alberizzi, già inviato di guerra e direttore di africa-express.info e Benigio Benni, già corrispondente su diversi fronti di guerra dell’Ansa Ascolta o scarica
Diversi paesi europei, Italia compresa, hanno annunciato oggi provvedimenti di espulsione di diplomatici russi. Il ministro degli Esteri italiano Di Maio ha spiegato di aver espulso 30 diplomatici di Mosca “per motivi di sicurezza nazionale”. Il Cremlino ha attaccato l’Europa perché “manca di lungimiranza” e ha annunciato misure analoghe: “la Russia darà una risposta pertinente”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Zakharova. L’ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov, parla invece di ‘ulteriore deterioramento delle relazioni’. Per quanto riguarda i negoziati con l’Ucraina, il Cremlino non esclude la possibilità di un incontro tra il presidente russo Putin e quello ucraino Zelensky ma lo ritiene realizzabile solo dopo che si sia trovato un accordo su una bozza di intesa. Zelensky ha detto invece di ritenere possibile che non ci sia alcun incontro.
Secondo molti analisti il conflitto è dunque destinato a durare ancora a lungo. Abbiamo chiesto i possibili motivi all’editorialista de il Manifesto, Alberto Negri Ascolta o scarica
Sul terreno intanto continuano i combattimenti e i bombardamenti, soprattutto a est e a sud, poiché l’esercito russo si sta concentrando sulla conquista di un corridoio di terra che colleghi le Repubbliche popolari del Donbass – riconosciute da Mosca – e la Crimea, annessa alla Federazione Russa nel 2014. Il prezzo delle operazioni di guerra lo continuano a pagare soprattutto i civili: “ci sono i corpi di circa 200 civili sotto le macerie dei palazzi colpiti a Borodyanka dai bombardamenti russi. Il 24 febbraio siamo stati la prima città ad essere bombardata. Stiamo cominciando adesso a portare via i corpi perché i russi non ce lo hanno permesso fino a quando c’è stata l’occupazione. Ci hanno detto che potevamo evacuare ma sparavano a chiunque uscisse in strada”. Sono le parole del sindaco di Borodyanka, Georgiy Erko. I militari russi hanno lasciato la città il primo aprile. Secondo Zelensky “il numero delle vittime degli occupanti potrebbe essere ancora più alto a Borodyanka e in alcune altre città che a Bucha”, lo ha affermato intervenendo al Consiglio di Sicurezza Onu al quale torna a chiedere un processo per “crimini di guerra” contro la Russia e Putin.
Il racconto di Sabato Angieri, corrispondente dall’Ucraina per Il Manifesto e che ha seguito da vicino l’evoluzione del conflitto ed è rientrato da poco in Italia Ascolta o scarica
L’intervista a Yuri Colombo, giornalista, già corrispondente da Mosca per diverse testate e fondatore del blog Matrioska che in queste settimane è impegnato in un tour per promuovere l’edizione aggiornata del suo libro “Svoboda – L’Ucraina tra Nato e Russia dall’indipendenza ad oggi” e che farà tappa anche in Provincia di Brescia venerdì 8 aprile a Pisogne Ascolta o scarica
Il commento sul capitolo sanzioni economiche con l’economista Francesco Schettino Ascolta o scarica
Infine le mobilitazioni contro la guerra. A Bologna in corso in questi istanti il concentramento della manifestazione Strike the war lanciata dalla campagna Unibo contro la guerra. Obiettivo partire in corteo e arrivare in piazza Maggiore, dove si svolge il concerto “Tocca a noi – Musica per la pace” organizzato dal Comune, e riuscire a intervenire dal palco.
Dal concentramento in piazza Verdi sentiamo Isabella, del Collettivo Universitario Autonomo di Bologna e di Unibo contro la guerra Ascolta o scarica