L’Italia non inserisce il reato di tortura. Lo richiedeva il consiglio dei diritti umani dell’Onu
L’Italia non ha accettato di introdurre una definizione esplicita di «tortura» nel Codice penale così come raccomandato dal Consiglio diritti umani dell’Onu che a febbraio ha esaminato la situazione italiana formulando una serie di raccomandazioni (Roma ne ha accettate 80 respingendone 12). Lo ha riferito l’ambasciatore d’Italia presso le Nazioni Unite Laura Mirachian presentando ieri mattina a Ginevra le risposte dell’Italia al Consiglio. Una spiegazione ha provato a darla Laura Mirachian,ambasciatore italiano presso le organizzazioni internazionali a Ginevra: «Manca un testo unico ma in vari capitoli dei nostri codici per la tortura sono già previste pesanti sanzioni». L’ambasciatrice, precisando che il dibattito all’interno del Consiglio di Ginevra si è concentrato «sulle problematiche dell’immigrazione e non sulla tortura», ha spiegato, inoltre, che l’Italia «»ha già sottoscritto il protocollo facoltativo relativo alla Convezione contro la tortura e lo ratificherà», inserendo anche «un meccanismo di vigilanza per la tortura all’interno della prevista Autorità nazionale per il rispetto dei diritti umani». La revisione del cosiddetto pacchetto di sicurezza sull’immigrazione è stata invece respinta – ha spiegato la diplomatica – in quanto l’Italia ha una sua politica «basata sulla divisione tra immigrati regolari e irregolari, sul dialogo con i Paesi d’origine e di transito». Per questo, ha concluso Mirachian, l’Italia «non può aderire alla Convenzione internazionale sui migranti, che non distingue gli irregolari da una immigrazione sana che invece va incoraggiata». Di avviso opposto è il presidente del comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa, Mauro Palma: «L’Italia ha bisogno del reato di tortura e la decisione di non introdurlo nel codice penale è un messaggio estremamente negativo.La tradizionale posizione dell’Italia secondo cui nel nostro ordinamento non c’è bisogno di questo reato specifico – dice ancora Palma – non vale più perché nel frattempo ci sono stati casi, come quello del G8 di Genova, per il quale i giudici hanno sottolineato che la mancanza del reato di tortura ha pesato». «La non introduzione del reato – secondo Palma – modifica la percezione di gravità dei comportamenti. La resistenza dell’Italia a dare maggiore trasparenza ai luoghi di detenzione, a differenza di quanto hanno deciso di fare i 24 stati del Consiglio d’Europa che hanno deciso di perseguire la tortura, allunga ombre scure sui comportamenti delle forze dell’ordine». «Ma poiché in Italia io non credo che le forze dell’ordine abbiano qualcosa da nascondere è importante approvare una delle proposte di legge bipartisan che giacciono in Parlamento sul tema. Una delle quali – conclude Palma – ha come firmatario proprio il sottosegretario Scotti».
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