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Livorno, brucia la baracca Morti quattro bimbi rom

La strage in un rifugio sotto un cavalcavia. Forse i genitori li avevano lasciati soli. Lo zio: «Erano lì perché il campo era pieno». Il comune dichiara il lutto e sospende una festa, protesta dei commercianti per i mancati guadagni


«Un tragico incidente». Nel tardo pomeriggio il sostituto procuratore Antonio Giaconi sembra scartare ogni altra ipotesi sul rogo che ha consumato la vita di quattro bambini. «Vivevano» in una baracca sotto un cavalcavia autostradale nella zona industriale di Livorno. Ma non consola sapere dal magistrato che i tre fratelli Eva, 12 anni, Danchiu, 8 anni, e Nangi, 4 anni, con il loro amichetto Lenuca, 6 anni, sarebbero morti per colpa di una candela o del fuoco del bivacco. Per una disattenzione dei «grandi». Che poi hanno spiegato agli investigatori che alcuni sconosciuti avrebbero gettato delle molotov contro le baracche. Né tantomeno aiuta a recuperare serenità la protesta di alcuni commercianti, irati perché l’amministrazione comunale ha sospeso in segno di lutto gli spettacoli della festa cittadina al quartiere Venezia.Un sabato terribile per Livorno. Iniziato poco dopo la mezzanotte, quando alcuni automobilisti segnalano un incendio di sterpaglie a Stagno, alla periferia nord della città. Arrivano i vigili del fuoco. Si accorgono che a bruciare sono sei baracche sotto un ponte autostradale. Spengono le fiamme. «Solo dopo gli uomini si sono accorti dei corpi», racconta il comandante Alessandro Carraresi. Sono quattro bambini, i corpi sono semicarbonizzati. Quando i vigili arrivano ci sono anche degli adulti. Poi fuggono via. Li troveranno dopo un paio d’ore, sconvolti, nei pressi della stazione.Si scopre che si tratta di rom rumeni, originari di Brasov. Avevano allestito un miniaccampamento da poco più di un mese. Sotto il ponte, dove prima c’erano delle cucce per cani. «Stavano per conto loro, e non rubavano nemmeno un ortaggio – racconta al Tg1 un signore anziano masticando un sigaro – ero io che portavo loro qualche pomodoro». Sua moglie non si dà pace: «A volte mi davano una mano quando vedevano che stavo raccogliendo i pomodori. Volevano imparare l’italiano. Io scrivevo le parole su un foglio, loro le copiavano». Qualcuno dice che le autorità erano state avvisate. I vigili urbani avevano risposto che quel gruppo «era in attesa di sistemazione».Sognavano un posto in un campo. Ma di posto non ce n’era, spiega il marito di Maria, sorella dei tre piccoli morti. «Noi stiamo a Pisa. Anche la famiglia di mia moglie aveva cercato di venire ad abitare con noi. Ma nel campo non c’erano più posti disponibili. Così un paio di mesi fa hanno dovuto cercare un’altra sistemazione. L’avevano trovata qui, sotto questo cavalcavia». Accanto a lui Maria, che ha quindici anni, piange. In questura la giornata trascorre tra interrogatori e sopralluoghi. I genitori dei tre piccoli morti insistono nel dire che stavano dormendo. Che non c’erano fuochi accesi. Che qualcuno potrebbe aver dato fuoco alla baracca. Alla fine della giornata il pm Giaconi tira le somme: «Con gli elementi che abbiamo possiamo scartare l’ipotesi del dolo e propendere per quella dell’incidente. Con la conseguente gravissima negligenza dei genitori di aver lasciato da soli i bambini». Un aiuto alle indagini potrà arrivare dall’autopsia dei piccoli corpi, fissata per domani.Vivevano sotto un cavalcavia e sognavano un posto in un campo. Ma di posto non ce n’era. A Pisa il campo ufficiale di Coltano è pieno. E quello che da sei anni è al Ponte delle Bocchette, con un centinaio di residenti, dovrebbe essere sgomberato a breve come già successo all’altro insediamento abusivo del Cep. «Con quali risultati – si chiedono retoricamente il Lab Rebeldìa e le associazioni Africa Insieme e Mezclar – visto che i rumeni si sono spostati solo di qualche centinaio di metri, mentre in compenso i loro problemi si sono aggravati?».