Per François Hollande il massacro di tre donne curde in rue Lafayette, a Parigi nel 2013, è stata un’operazione in cui era implicato lo Stato turco
di Gianni Sartori
Sicuramente sa di cosa parla. Il 15 maggio, l’ex presidente francese François Hollande, interpellato da uno studente curdo durante un incontro nel campus dell’Université Bretagne Sud di Lorient, ha chiaramente espresso il suo pensiero in merito all’assassinio di tre militanti curde a Parigi il 9 gennaio 2023.
Ossia delle femministe Sakine Cansiz (Sara), Fidan Dogan (Rojbîn) e Leyla Soylemez (Ronahî).
Per Hollande “si è trattato dell’intervento di uno Stata straniero, membro della NATO e candidato all’adesione all’Unione europea”. Più chiaro di così!
Aggiungendo che “la situazione era ancor più grave in quanto si trattava di un’operazione di cui non sappiamo esattamente a che livello dello Stato turco sia stata decisa”. Un’operazione in cui comunque era riconoscibile “l’intervento di agenti operativi (fuori dai denti: dei servizi segreti turchi, il MIT nda) che hanno contribuito all’assassinio di una delle maggiori personalità curde in Francia”. Forse un riferimento, più che a Sakine Cansız (tra i fondatori del PKK), a Fidan Doğan. Infatti, stando alle testimonianze della diaspora curda e di alcuni politici francesi, la rappresentante del KNK a Parigi (su cui l’assassino aveva infierito sparandole in bocca, come ha ricordato lo stesso Hollande) aveva incontrato François Hollande almeno tre volte mentre era segretario del Partito Socialista. Mantenendo anche in seguito contatti regolari con Hollande e altre autorità politiche francesi. Così come era ben nota al Parlamento europeo dove in diverse occasioni aveva raccolto le adesioni dei parlamentari per iniziative di solidarietà con il popolo curdo. Inoltre Hollande avrebbe incontrato pochi giorni prima della strage di Rue la Fayette anche Leyla Soylemez in qualità di rappresentante della Gioventù curda.
Già all’epoca del triplice assassinio Hollande aveva dichiarato pubblicamente di conoscere bene una delle donne ammazzate (facendo ovviamente incazzare Erdogan).
Nel suo incontro con gli studenti l’ex presidente francese ha poi evidenziato “l’ambiguità della politica turca”: membro della NATO mantiene buone relazioni con Mosca, vende armi all’Ucraina mentre contemporaneamente è recalcitrante in materia di sanzioni alla Russia…
Per non parlare della strumentalizzazione della questione dei migranti, usati come moneta di scambio con l’Europa.
Come è noto circa dieci anni dopo il tragico copione si è ripetuto, sempre a Parigi.
Il 23 dicembre 2022 Emine Kara (Evîn Goyî), dirigente del Movimento delle donne curde, l’artista curdo Mehmet Şirin Aydın (Mîr Perwer) e un altro curdo, Abdurrahman Kızıl, venivano assassinati davanti al Centro culturale curdo rue d’Enghien.
L’autore dell’atto terroristico, William Malet, veniva catturato da alcuni lavoratori curdi mentre era in procinto di compiere altre uccisioni in un negozio curdo di parrucchiere.
Il suo gesto veniva classificato unicamente come un “atto razzista”. Ma recentemente nel corso di una perquisizione in un locale lui intestato in rue Bachaumont (2° arrondissement) è stato rinvenuto un autentico arsenale. Rinnovando il sospetto che si sia trattato di un atto terroristico pianificato e organizzato (probabilmente con l’ausilio di altri complici).
Tra le armi rinvenute, un fucile d’assalto svizzero SIG STG 57, un giubbotto anti-proiettile, un visore notturno e diverse armi bianche (oltre a centinaia di proiettili).
Del resto nel corso degli interrogatori Malet aveva ammesso di aver pianificato un massacro di ben più ampia portata (sempre ai danni dei curdi) a Saint-Denis. Progetto sfumato in quanto, smontando il fucile d’assalto, il calcio si era staccato e non era più riuscito a reinserirlo.
Per il portavoce del CDK-F, Agit Polat, fin dal primo memento “abbiamo insistito sulla natura politica di questo attentato terrorista. Denunciando l’esistenza di mandanti. E ora la pista dei complici si va concretizzando”.
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