Si chiama Gaudenzio Castello e da quattordici anni si batte perché non venga costruito un gassificatore nel suo quartiere già funestato dalla discarica di Genova. Il quartiere si chiama Scarpino ed è sopra Sestri Ponente. Quelli come lui hanno imparato che gassificatore vuol dire una sola cosa: «E’ un modo per dire inceneritore. E chi come Veronesi dice che avremmo dei filtri collanti, capaci di fermare le nanoparticelle, non dice la verità». E imparando questa roba quelli come Gaudenzio si sono messi in testa di diventare gli artefici del destino del proprio territorio. Quando il grande giornale cittadino ha preso a vantare le virtù del rigassificatore di Brescia da importare sotto la Lanterna ha preso un treno ed è andato a parlare con le mamme di quell’altra città. «Hanno duecento veleni nel cordone ombelicale. Ma ti pare?». Sono quelli come lui ad aprire il corteo del decennale. Vi sembrano reduci?
Vi sembrano reduci quelli della Val Susa che marciano poche ore dopo le cariche violente della notte? «Ci hanno lanciato i gas anche sopra le tende del campeggio, dove erano rimasti i più anziani di noi», dice Nicoletta Dosio. No Tav, portatori di un bene comune impalpabile: «La capacità di resistenza». Le vittime straniere di quel luglio hanno voluto sfilare coi No Tav. Dice Haidi Giuliani, la mamma di Carlo, che oggi la Valle è sotto attacco come lo fu Genova dieci anni fa. E Haidi non è mica una reduce. Come gran parte dei trentamila, non se li aspettava nessuno così tanti, non s’è mai fermata. Chi marcia è la speranza, chi li caricò allora e non ha smesso di insultarli è la crisi. Se il governo sceglie le forbici per la macelleria sociale messicana, loro sono il sasso che potrebbe bloccare i tagli. Sfilano da Ponente verso il Porto Antico, passano nei quartieri popolari, i più densi di operai, i più affollati di migranti. La gente sul marciapiede e dai balconi li saluta, batte le mani, si accoda. Tra i Giovani comunisti c’è un sacco di ragazzi che dieci anni fa aveva i pantaloni corti e nessuno può chiamarli reduci. Come Claudia Candeloro che di quel luglio ricorda le vacanze in Calabria e qualche frame di telegiornale. Poi le occupazioni al liceo di Pescara e le battaglie per l’acqua con il social forum, l’Onda a Bologna fino alla scelta di militare nel Prc dal congresso di Chianciano. «Sì, lo so che è un partito pieno di difetti ma è quello che ha il rapporto più corretto con i movimenti. Vorrei che sia utile per unificarli». La sua maglietta rossa e lo striscione della federazione genovese hanno scelto lo slogan coniato da questo giornale: “Uno spettro si aggira per l’Europa, è lo spirito di Genova”. «Dall’esperienza del 2001, i movimenti giovanili hanno appreso pratiche e tematiche – spiega Anna Belliggero, portavoce nazionale Gc – come i beni comuni e la questione migrante».
Gli appunti si affastellano in fretta, il corteo è lungo due chilometri. Parla di tante cose questa gente tornata o che mai s’è mossa dalla città simbolo della speranza antiliberista. Dieci anni fa fu il tempo della gioia, il primo giorno, del dolore immenso, il secondo, infine della rabbia. Le magliette e gli striscioni parlano di questo e delle lotte successive e delle lotte del futuro. Parlano di Vik, del 30 giugno che qui nessuno ha scordato. Impossibile trovare tracce dell’ansia prodotta dai titoli dei giornali e dalle insinuazioni dei vigili ai commercianti. Nessun incidente. Forse domani sarà questo il titolo dei giornali blasonati. Un carro fa rimbombare un pezzo di Caparezza, “Non siete Stato voi”. Le sirene del Porto salutano il serpentone. L’elicottero ronza ma non si sente dal cuore del corteo. Il pilota, probabilmente, è un reduce. Magari anche della guerra globale, come gli alpini che gasano Nicoletta e i suoi compagni. Norma, pacifista senza se e senza ma, ha preparato corone di fiori in memoria delle vittime delle armi italiane e delle guerre preventive. Quanto aveva ragione il primo social forum a predirre la guerra. Quanta ne ha ancora. «Siamo al cospetto del movimento no global di oggi – commenta lungo il percorso Paolo Ferrero, segretario Prc – è un popolo costituente, la base materiale della forma stabile di coordinamento che chiamiamo costituente dei beni comuni».
Social forum, sembra un nome datato. Mica tanto se si pensa alla fatica di trovare spazi pubblici ed efficaci. L’unico a rimanere attivo, in Italia, è quello abruzzese. Renato Di Nicola spiega a Liberazione che è stato possibile perché si percepisce come un pezzo del forum sociale mondiale, che non ha mai avuto leader e che ha saputo legare globale e locale conseguendo «vittorie di resistenza» sventando il terzo traforo del Gran Sasso, la vendita dei fiumi a una multinazionale, la privatizzazione dell’acqua.
I processi sono ormai in cassazione, dice uno del legal team (sono tanti a sfilare), Gilberto Pagani, ma la repressione è diffusa e colpisce diciottomila persone per microreati legati all’esercizio del conflitto. Le scritte sui muri, fiorite da poco, ripetono i nomi di Carlo, Dax, Aldro, Cucchi e Sandri.
Gli striscioni parlano soprattutto di acqua, energia e altri beni comuni ma ricordano anche che stanno pagando solo in dieci, manifestanti di allora perseguitati con reati abnormi. «Ma come si fa a non chiedere le dimissioni di De Gennaro?», si domanda Enrica Bartesaghi del comitato Verità e giustizia riferendosi all’ennesima infelice intervista del presidente della Puglia che ha glissato con poca astuzia una domanda di un cronista locale.
Mentre il corteo si snoda sul lungomare Giuliano abbozzano una spiegazione sul successo del corteo: «E’ cresciuta la voglia di esserci perché senza verità piena non può esserci giustizia. Però serve anche buona politica». «E’ la risposta a chi dice che siamo reduci – dice anche Vittorio Agnoletto – qui ci sono le ragioni di ieri e di domani. Lo “spirito di Genova” sono l’acqua e la Valle». Le grandi reti – Arci, Cgil, Fiom, Fds, Cobas, Uniti contro la crisi, Legambiente – hanno degli spezzoni notevoli, ci sono tutte le sigle della diaspora comunista, antifascisti e anarchici, ma anche la città ha risposto alla chiamata: «Neanche un Vip – nota Antonio Bruno, capogruppo Prc a Tursi – ma tanti genovesi normali». Uno slogan cattura l’attenzione del cronista: «Fuori l’acqua dal mercato, il popolo italiano lo ha votato». Prossima stazione l’assemblea dell’indomani da cui potrebbe prendere forma quella convergenza evocata da molti soggetti (da Sinistra critica agli indignados fino alla rete 28 aprile). La data potrebbe essere quel 15 ottobre lanciato da Madrid dove, parallelamente al corteo del decennale, sono confluiti indignati da tutto lo Stato spagnolo. «Purché serva a unificare i conflitti e non alla politica delle alleanze», avverte Eleonora Forenza, della segreteria nazionale Prc. In piedi, sul carro della sua comunità, Don Gallo si gode il vento: «E’ un vento di liberazione».
Checchino Antonini
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