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Lo stupro in divisa

«Cosa si può fare quando chi ha potere abusa di chi non ne ha? Almeno farsi avanti, e gridare forte la verità. Farsi avanti per se stessi, farsi avanti per gli amici, farsi avanti anche se si è da soli». E’ uno dei passaggi più significativi di North country – storia di Josie, film fortemente voluto dall’attrice Charlize Theron che interpreta la parte della prima donna che fece causa negli Stati Uniti per molestie sessuali alla miniera dove lavorava, creando così un precedente per l’introduzione nell’ordinamento nordamericano delle class action, (le azioni di categoria) incentrate sui diritti sessuati.
Almeno gridare forte la verità.
E la verità è che se la violenza maschile contro le donne è sempre un’ingiustizia e un abuso che riguarda tutte e tutti questa violenza è ancora più ingiusta quando è compiuta da chi veste una divisa, da chi ricopre un ruolo istituzionale, da chi incarna un’autorità riconosciuta, e di questa approfitta.
Nella vicenda della donna arrestata e violentata, sembra, da almeno un carabiniere (ma l’indagine è in corso e comunque almeno altri due colleghi e un vigile urbano sapevano cosa stava capitando) c’è un dato sconcertante, ma purtroppo non estraneo alla mentalità corrente: gli uomini, ricordiamolo, che in quel momento vestivano una divisa che rappresenta la legge, e quindi la collettività, sostengono che al rapporto sessuale la donna ha dato il suo consenso. E questo basta loro come giustificazione di innocenza rispetto all’accusa di stupro. Sono gli uomini che detenevano una donna perchè accusata di furto, sono gli uomini che in quel momento esercitavano il potere di arresto demandato loro dalla società a riparazione di un reato. La domanda è: ci può essere consenso libero da parte di una donna in stato di arresto, (quindi non libera), ad un rapporto sessuale con uno o più uomini che sono i suoi detentori, ovvero i rappresentanti della legge? Ricordo che nel memorabile docu film Processo per stupro uno degli avvocati sosteneva che la giovane abusata da Izzo e Ghira aveva volontariamente praticato un atto sessuale sul suo aguzzino. Si trattava di due ragazze e di quattro uomini, armati e su di giri. Consenso? Che in una caserma si possano compiere atti di indicibile violenza lo sappiamo, purtroppo. Quello che fa vergognare è che si possa pensare di passarla liscia. Ecco la verità.

Monica Lanfranco da Liberazione

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