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L’Ue comprerà nuovi armamenti con i Fondi della pace

Il «paradosso europeo». L’Unione Europea compra  armi per l’Ucraina con i fondi per la pace. Una scelta apprezzata dai produttori di armi

di Giovanni Maria Del Re

Che l’Unione Europea sia ricca di fantasia quanto si tratta di trovare fondi è cosa nota. Con l’Ucraina, però, ha superato se stessa. Perché per finanziare i rifornimenti di armi a Kiev i soldi sono stati trovati, non senza una involontaria ironia, nella Facility europea per la pace (Epf). Uno strumento, si legge nel sito Ue, destinato a «migliorare la capacità dell’Unione di prevenire conflitti, costruire la pace e rafforzare la sicurezza internazionale». Prima dell’Ucraina, la Epf ha fornito assistenza alle forze armate bosniache, a quelle georgiane, della Mauritania, del Ruanda, all’Unione Africana.

Mai però era stata utilizzata, finora, per acquistare armi letali per un Paese in guerra. Operazione lanciata dall’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, che ha letteralmente svuotato il fondo, creato nel 2021 e forte di 5,7 miliardi di euro. In effetti, dopo una prima tranche da 500 milioni di euro per acquistare armamenti, decisa il 27 febbraio 2022 – tre giorni dopo l’avvio dell’invasione russa – sono seguite altre sei tranche di pari importo, portando il totale di aiuti militari Ue diretti a 3,6 miliardi di euro (circa 100 milioni arrivano da altre fonti).

Secondo un articolo pubblicato due giorni fa dal Financial Times, con i 3,6 miliardi di euro dell’Epf è stato finanziato l’acquisto di 325 carri armati, 200 sistemi di lanciarazzi multipli, 1.000 droni, 36 elicotteri d’attacco e molteplici missili.

È di dicembre scorso la decisione dei Ventisette di rifinanziare l’Epf con altri due miliardi di euro, mercoledì Borrell ha proposto di utilizzarne uno per l’acquisto di munizioni, di cui le forze armate ucraine sotto attacco hanno urgentemente bisogno.

A proposito di munizioni a Kiev (che ne spara circa 10.000 al giorno), tema caldissimo anche in sede Nato, Borrell propone inoltre gare d’appalto congiunte degli Stati membri per acquistarne sul mercato nonché commesse all’industria militare per aumentarne la produzione.

Rimane che l’operazione è a dir poco una svolta copernicana per l’Unione Europea. La quale, in quasi settant’anni di esistenza si era sempre presentata esclusivamente come forza di pace e mai aveva finanziato direttamente armi letali.

Non a caso, nella ricostruzione del Financial Times, quel 27 febbraio 2022 lo stesso Borrell, che aveva appena lanciato la proposta di utilizzare l’Epf per armare l’Ucraina, parlò di un «tabù violato». Lo spagnolo mostrò in quell’occasione una notevole scaltrezza anche dal punto di vista formale e giuridico: è vero che il finanziamento di armi è contrario ai trattati Ue, ma l’Epf è al di fuori del bilancio dell’Unione ed è gestito direttamente dagli Stati membri e dunque esula da quei testi fondanti dell’Unione.

La svolta ha peraltro avuto un effetto moltiplicatore: incoraggiati da una decisione Ue con un “ombrello” comune per il finanziamento delle armi a Kiev, vari Stati membri si sono sentiti incoraggiati a fornirne anche su base bilaterale. Risultato: a febbraio 2023 il totale degli aiuti militari diretti europei all’Ucraina è arrivato a 14,3 miliardi di euro. Aiuti essenziali che hanno consentito, insieme agli aiuti britannici e americani, all’Ucraina di resistere, almeno finora, al brutale assalto russo.

da Avvenire

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