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A luglio, Israele ha ucciso 10 palestinesi, demolito 54 strutture, sfollato 66 persone

A luglio, le autorità e le forze d’occupazione israeliane hanno hanno ucciso 10 palestinesi e hanno demolito, confiscato o costretto i palestinesi a demolire 54 strutture nella Gerusalemme Est e nell’Area C della Cisgiordania, tra cui 20 abitazioni, citando la mancanza di permessi edilizi rilasciati da Israele – praticamente impossibili da ottenere. I dati sono dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) nei Territori palestinesi occupati.

da InfoPal

Uccisioni e ferimenti.

L’OCHA ha dichiarato che le forze di occupazione israeliane hanno sparato a 10 palestinesi, uccidendoli, tra cui anche bambini, nel periodo compreso tra il 4 e il 27 luglio, in incidenti separati nelle aree di Nablus, Qalqilya e Ramallah.

Nello stesso periodo, 352 palestinesi, tra cui almeno 56 bambini, sono stati feriti, in varie località della Cisgiordania, tra cui 26 da proiettili in metallo.

16 palestinesi, tra cui due bambini, sono stati feriti da coloni israeliani, i quali hanno danneggiato anche proprietà palestinesi in altre 44 occasioni in tutta la Cisgiordania.

Demolizioni.

A seguito delle demolizioni, 66 palestinesi, tra cui 34 bambini, sono stati sfollati e le fonti di sostentamento di altre 795 persone sono state colpite, si legge nel rapporto sulla Protezione dei Civili relativo al periodo tra il 5 e il 24 luglio.

16 delle strutture colpite erano state fornite dai donatori in risposta a demolizioni precedenti; 15 di queste 16 strutture sono state demolite in un unico episodio ad al-Muntar, nel governatorato di Gerusalemme, e un’altra struttura è stata demolita a Beit Jala, vicino a Betlemme.

Secondo il rapporto, l’80 per cento delle strutture colpite (43) si trovava nell’Area C. Le altre 11 strutture sono state demolite nella Gerusalemme Est, tra cui nove residenziali, con conseguente sfollamento di cinque famiglie, per un totale di 24 persone, tra cui 12 bambini. Otto delle 11 strutture demolite a Gerusalemme Est sono state distrutte dai proprietari per evitare il pagamento di multe alle autorità israeliane.

Inoltre, le autorità israeliane hanno demolito due strutture legate all’agricoltura nell’Area C di Birin, vicino a Bani Na’im, nel governatorato di Hebron, per presunta “occupazione di una terra dello Stato”.

L’11 luglio, le forze israeliane hanno sfrattato con la forza la coppia palestinese anziana Ghaith-Sub Laban dalla loro casa nella Città Vecchia di Gerusalemme, dopo che un tribunale ha posto fine al loro affitto protetto. Dopo lo sfratto, la loro casa è stata immediatamente consegnata ai coloni israeliani. L’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani nei Territori palestinesi occupati ha dichiarato che le leggi israeliane utilizzate per sfrattare la famiglia sono intrinsecamente discriminatorie e violano gli obblighi di Israele in materia di diritti umani. Secondo le valutazioni dell’OCHA, circa mille palestinesi sono a rischio di sfratto forzato nella Gerusalemme Est, principalmente a seguito di cause legali avviate dai gruppi di coloni.

Inoltre, otto famiglie sono state sfollate dai governatorati di Gerusalemme e delle colline del Sud di Hebron, citando la violenza dei coloni e la perdita dell’accesso alle terre da pascolo, secondo il rapporto dell’OCHA.

Sfollamenti.

Il 10 e il 19 luglio 2023, sette famiglie, per un totale di 36 persone, tra cui 20 bambini e otto donne (tutti rifugiati registrati), della comunità beduina di al-Baqa’a, nel governatorato di Gerusalemme, ed una famiglia palestinese, per un totale di 13 persone, tra cui nove bambini, della comunità di allevatori di Wedadie nelle colline del Sud di Hebron (a sud del villaggio di al-Samu’a), hanno smantellato le loro strutture residenziali e di sussistenza, abbandonato le loro comunità e si sono trasferiti in luoghi più sicuri. Le famiglie hanno lasciato le loro case a causa dell’aumento delle attività di colonizzazione, a seguito dell’istituzione di nuovi avamposti per pastori e agricoltori. Circa 300 persone sono state sfollate da Ras at-Tin, Wadi as-Siq, Ein Samiya, Lifjim e al-Baqa’a tra il 2022 e il 2023, citando la violenza dei coloni e la perdita dell’accesso alle terre da pascolo come motivi principali.

(Fonti: Wafa e OCHA).

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