«Populista e illiberale», penalisti in agitazione contro il ddl Sicurezza. Inizia oggi di fatto l’iter in Senato. La maggioranza mette il limite alle audizioni: 25 all’opposizione. Associazioni e movimenti verso la manifestazione nazionale e azioni in tutto il Paese
di Eleonora Martini da il manifesto
«Populista, illiberale, autoritario». Tale è, per l’Unione delle camere penali italiane che ha decretato per questo lo stato di agitazione, il ddl Sicurezza. Il provvedimento inizia nei fatti stamattina l’iter al Senato, nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia riunite in sede referente, con l’analisi del testo licenziato dalla Camera il 18 settembre scorso.
Un pacchetto di norme che, a dispetto del nome che porta, ha solo l’ambizione di far sentire al sicuro i sindacati di polizia più vicini alle destre di governo. E il cui contenuto, come scrivono in una nota gli avvocati penalisti, «lungi dal porsi in sintonia con un programma di riforma della giustizia in senso liberale, rivela nel suo complesso e nelle singole norme una matrice securitaria sostanzialmente populista, profondamente illiberale e autoritaria, caratterizzata da uno sproporzionato e ingiustificato rigore punitivo nei confronti dei fenomeni devianti meno gravi ed ai danni dei soggetti più deboli, caratterizzandosi per l’introduzione di una iniqua scala valoriale, in relazione alla quale taluni beni risultano meritevoli di maggior tutela rispetto ad altri di eguale natura, in violazione del principio di ragionevolezza, di eguaglianza e di proporzionalità».
L’Ucpi dunque apre uno stato di agitazione riservandosi, dopo il congresso di Reggio Calabria che si terrà dal 4 al 6 ottobre, di decidere le forme di protesta per convincere il Parlamento a tornare sui suoi passi. «Contrariamente a ciò che avrebbe dovuto caratterizzare l’azione politica di un governo ispirato ai principi del diritto penale liberale – continua nel lungo comunicato l’Unione dei penalisti – si è, invece, assistito ad una irragionevole moltiplicazione delle fattispecie di reato» secondo «paradigmi che rispondono piuttosto alla più tipica logica del populismo giustizialista e del diritto penale simbolico».
Gli avvocati non sono gli unici a mobilitarsi contro il corposo elenco di nuovi reati (13) e di inasprimenti di pena imposti come se non ci fosse un domani. Sabato 28 settembre un’assemblea a Casetta rossa, spazio sociale nel quartiere romano di Garbatella, ha visto la partecipazione delle tante organizzazioni sociali che nelle settimane scorse hanno protestato contro il provvedimento. «Non possiamo permettere la restrizione delle libertà fondamentali, lo scivolamento verso i sistemi autoritari e dei populisti al potere», è il messaggio che arriva da quella che si è definita «assemblea per la democrazia e la resistenza», cui hanno partecipato circa 500 persone. Se davvero ci si trova di fronte a una stretta autoritaria – è il senso della discussione – allora servono risposte che si misurino con questo pericolo: «Se fate il fascismo, facciamo resistenza», si legge nel comunicato finale. Si è quindi deciso di coordinarsi il più possibile con tutti gli altri che stanno pianificando azioni di protesta, di rivendicare la libera di manifestazione fin dalla piazza contro la guerra del prossimo 5 ottobre, di mettere in campo per il 12 ottobre azioni e mobilitazioni diffuse in tutto il Paese con l’obiettivo di convocare una manifestazione nazionale e di portare il dissenso davanti al Senato quando il ddl arriverà in Aula.
Intanto stamattina la 1° e la 2° commissione in seduta unificata decideranno il numero massimo e il timing delle audizioni e degli emendamenti da presentare al ddl numero 1236 che al Senato avrà come relatori Marco Lisei di Fd’I e Erika Stefanini di Lega- Psd’Az. Sarà un braccio di ferro su tutto: la maggioranza naturalmente cerca di stringere i tempi al massimo e di portare a casa con il minimo sforzo il pacchetto di norme propaganda, mentre le opposizioni chiedono di riflettere bene prima di affrontare con il manganello temi tanto delicati.
Al momento i partiti del centrosinistra hanno ottenuto di poter chiamare in audizione al massimo 25 esperti dei tanti temi affrontati nel ddl (dal terrorismo alle occupazioni, dalle carceri alle manifestazioni, dall’accattonaggio alla cannabis light, dalle donne madri in cella alle pistole libere in dotazione delle forze dell’ordine). Le destre si accontenteranno di 15 audizioni. Nulla, al confronto delle oltre cento audizioni che la maggioranza ha voluto assolutamente al Senato per il ddl sul Suicidio medicalmente assistito. Una legge auspicata più volte anche dalla Corte costituzionale ma che rischia di non arrivare mai in Aula.
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