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L’Upk a fianco del Pyd e contro le aggressioni di Ankara

L’UPK prende posizione contro il PDK, accusato di “collaborazionismo”. E soprattutto contro le aggressioni turche, sia in Bashur (Kurdistan del Sud, nel nord dell’Iraq) ) che in Rojava (nord della Siria). Mentre da un ex dirigente del MIT partono minacce – non propriamente velate – indirizzate al leader Bafil Jalal Talabani

di Gianni Sartori

Partecipando a una trasmissione televisiva, Ismail Hakkı Pekin, l’ex capo di stato maggiore del MIT (Millî İstihbarat Teşkilâtı – Organizzazione di Informazione Nazionale, ossia l’intelligence turca) ha auspicato senza mezzi termini nientemeno che l’uccisione di Bafil Jalal Talabani. Figlio del leader storico Jalal Talabani (deceduto nel 2017) attualmente è alla guida dell’UPK (Unione Patriottica del Kurdistan – Yeketî Niştîmanî Kurdistan).

Qualora non si adeguasse alle richieste di Ankara che a quanto pare intende riprodurre (fotocopiare) i recenti accordi tra Turchia e Iraq (15 agosto 2024) anche in Siria con Bashar al-Assad (a tutto svantaggio dei curdi del Rojava s’intende).

Ma in Iraq – da questo punto di vista – l’UPK e Talabani rappresentano un’incognita. E le sue recenti dichiarazioni di solidarietà al PYD non possono che averlo reso ancora più sospetto agli occhi di Ankara.

Per cui, come ha detto Pekin partecipando alla trasmissione “Gerçek Fikri Ne” (della catena televisiva Habertürk TV): “o lo mettete fuori gioco, oppure potete assassinarlo se necessario”.

Precisando comunque che in realtà “non lo farete voi, chiederete di farlo a qualcuno”. Come da manuale.

Vien da chiedersi cosa alimenti un tale livore nei confronti del partito curdo UPK e del suo principale esponente. Facciamo qualche passo indietro.

All’inizio di settembre il gruppo parlamentare dell’UPK al Parlamento iracheno aveva condannato duramente i recenti attacchi (con droni armati) della Turchia contro il Bashur. Sottolinenando che “il silenzio e la mancanza di reazioni da parte dei governi iracheno e della regione del Kurdistan (una tacita forma di accettazione delle ripetute violazioni della sovranità irachena) forniscono legittimità a tali aggressioni”.

Ricordando che “soltanto nelle ultime 72 ore gli attacchi alle frontiere delle province di Sulaymaniyah (Silêmani) e Dihok hanno causato la morte di sette civili, tutti membri della medesima famiglia e il ferimento di molte altre vittime”.

Con “profonda preoccupazione” per quanto sta avvenendo nella generale indifferenza (ai limiti della complicità) delle opinioni pubbliche mondiali, l’UPK ha rivolto un appello per l’adozione di una posizione intransigente contro tali violazioni. Esortando il governo iracheno e quello regionale a “uscire dall’attuale mutismo”.

Più recentemente, il 21 settembre, lo stesso Bafil Jalal Talabani (in quanto presidente dell’UPK) inviava un messaggio solidale alla decima conferenza (dal 21 al 23 settembre) del Partito dell’Unione Democratica (PYD).

Così si era espresso:
Cari compagni del Partito dell’unione Democratica rivolgo, a nome mio e dell’Unione Patriottica del Kurdistan, le mie calorose felicitazioni, benedizioni e auguri di successo. La vostra conferenza giunge in un momento di circostanze particolarmente delicata, mentre la nostra regione e il Medio Oriente stanno affrontando grandi sfide e ora più che mai è indispensabile un’azione unitaria e coordinata per proteggere i nostri diritti nazionali e i risultati fin qui conseguiti”.

Aggiungendo poi che “crediamo che non esista problema che non si possa affrontare attraverso il dialogo e che la risposta migliore di fronte agli attuali problemi sia una soluzione pacifica. Come abbiamo sempre ribadito, la stabilità del Medio Oriente non si ottiene se non si risolve la questione curda. Spero quindi che ogni parte ritorni al tavolo delle trattative e rimaniamo convinti sostenitori della coesistenza pacifica e della collaborazione tra alleati, non nemici”.

Puro buonsenso direi.

In seguito, il 24 settembre in occasione dell’avvio della campagna elettorale per le elezioni legislative del 20 ottobre nella regione del Kurdistan iracheno (136 liste e 1.190 candidati), Bafil Talabani  aveva rivolto un appello alla popolazione. In un video ha accusato l’attuale governo diretto dal Partito democratico del Kurdista (il PDK del clan Barzani) di “svendere il paese per il proprio profitto”.

Al momento, ha sottolineato Talabani “ci sono due partiti (PDK e UPK nda) che hanno un’influenza determinante sulle vostre vite e uno dei quali è al potere da molti anni. Tale partito detiene il posto di Primo ministro e occupa i ministeri chiave. Siete soddisfatti del suo modo di governare? Ha difeso i vostri diritti come avrebbe dovuto fare? Ha protetto il Kurdistan in modo adeguato?Questo partito sta svendendo il paese per cui abbiamo fatto immensi sacrifici, favorendo coloro che si oppongono ai Curdi e al Kurdistan”.
Nel video, oltre a condannare nuovamente gli attacchi dei droni turchi, Talabani ha denunciato sia la perdita di prestigio a livello internazionale del governo autonomo della regione curda, sia la repressione operata dal PDK. Ricordando che attualmente “vi sono scrittori, blogger e civili incarcerati con l’accusa di terrorismo semplicemente perché hanno espresso opinioni o commenti sui social”. Siamo pur sempre in campagna elettorale per cui la conclusione è quasi scontata. Al momento l’UPK sarebbe “l’unico partito in grado di correggere le scelte sbagliate dell’attuale governo regionale”.

Direi che basta e avanza per comprendere l’ostilità (e i propositi non propriamente rassicuranti) dell’establishment turco.

 

 

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