"Mai più morire come Stefano Cucchi". Nuove regole per i detenuti ricoverati
Se un detenuto ricoverato si aggrava, i medici potranno avvertire i familiari anche senza attendere l’autorizzazione del magistrato di sorveglianza. Per il momento si tratta solo di un accordo tra il provveditorato delle carceri del Lazio e l’ospedale romano Sandro Pertini, quello dove il 22 ottobre 2009 è morto nel più completo e colpevole abbandono Stefano Cucchi. Ma il Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ha sollecitato tutti gli istituti a stabilire accordi simili con gli ospedali che hanno reparti detentivi (meno di una decina, nonostante la legge del 1993 secondo cui dovrebbe essercene uno in ogni capoluogo di provincia). Una volta definito un protocollo standard, questo sarà sottoposto al ministero della salute e alle Regioni, e dovrà essere valido su scala nazionale per le Asl e gli istituti di pena «per armonizzare le esigenze della salute con quelle della sicurezza ma anche evitare che il trattamento di un detenuto possa essere addirittura più restrittivo in ospedale che in carcere». Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha scritto al presidente della Commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale, Ignazio Marino, per annunciare la novità. «Sono queste le cose che mi fanno pensare che la nostra battaglia sta avendo un senso. Con le nuove norme Stefano ci avrebbe avuti accanto a lui» ha commentato la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi.