Simone in Val Susa è fuori pericolo. Meno male. Guarirà in venti giorni, quanti ne servono perché si riassorba l’ematoma tra il cervello e la meninge. E’ lui, in ordine di tempo, l’ultima vittima di un’ondata di brutalità poliziesca annunciata, o meglio, certificata, dalle parole del premier. Berlusconi, poche settimane fa ebbe a rivendicare l’efficacia dei provvedimenti del suo governo contro «l’uso arbitrario delle manifestazioni». Non c’è più alcun margine di trattativa, così la repressione colpisce a casaccio ma colpisce sempre. E i giornali “normali” non mancano di sottolineare i guai al traffico determinati dai cortei.
Colpiscine uno per educarne cento. Lo slogan pare essere rispolverato sempre più spesso da chi gestisce la piazza. Accade ai lavoratori Alcoa mazzolati mentre marciano pacifici, accade ai precari romani della Rete Anti Crisi sotto la Prefettura, sono stati manganellati a freddo i manifestanti che volevano entrare a Piazza Fontana nell’anniversario della strage di Stato. Studenti milanesi, no tav, lavoratori sardi, No Dal Molin, migranti, antifascisti pistoiesi, ultras o presunti tali. Quattro persone sono appena state arrestate a Napoli per fatti da stadio tutti da accertare. Chi ha letto le carte è sicuro che sia un teorema, una rappresaglia dopo gli scontri a Udine con i tifosi del Napoli. Un uso politico della repressione chiesto dal ministro Maroni ma è un “pacco”.
Piovono denunce per fatti, reati legati al conflitto sociale, anche lontanissimi. Per questo l’attività di soggetti collettivi tematici è costretta a ripiegare in lunghe battaglie giudiziarie. Centinaia di migliaia di euro di multe comminate dalla prefettura ai denunciati per blocchi stradali o per lotte ambientali vengono riscosse con molta spregiudicatezza dall’agenzia Equitalia che mercoledì, a Napoli, è stata occupata dalla rete cittadina per i diritti sociali nell’ambito di una campagna nazionale. Si denuncia un uso spregiudicato delle sanzioni e degli interessi di mora. Le assoluzioni recenti, in primo grado, per alcuni attivisti impegnati nella campagna per la “quarta settimana” con azioni all’Ipercoop Afragola al Carrefour di Casoria, sono solo un sollievo momentaneo. Resta lo strascico pesante dell’uso di accuse infamanti di estorsione aggravata, associazione a delinquere finalizzata all’estorsione di posti di lavoro, case o beni di consumo a prezzo calmierato, contro settori importanti di movimento o di sindacalismo di base.
E’ notizia di ieri la condanna di due attivisti dell’organizzazione EveryOne la cui detenzione è stata tramutata nel pagamento di 1.140 euro di multa ciascuno, dal gip di Pesaro, per aver «interrotto o comunque turbato» un’operazione di polizia per l’identificazione di tre rom. Roberto Malini e Dario Picciau, co-presidenti del gruppo che si occupa di diritti umani, si opporranno al decreto penale di condanna, se necessario con un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. I fatti risalgono al 20 dicembre 2008. Secondo il rapporto della polizia avrebbero «pronunciato espressioni ingiuriose nei confronti del personale dell’Ufficio di prevenzione della Questura». «Una condanna senza processo – lamentano Malini e Picciau – solo perchè siamo intervenuti in difesa di un ragazzo rom trattato con tono sprezzante da un agente davanti ad un bar».
Ma qualcuno studia metodi più sofisticati della repressione. L’altroieri, a Roma, il quinto Nimbyforum ha presentato i dati dell’Osservatorio sulle contestazioni territoriali ambientali. Nel 2009 sono stati 283 gli impianti contestati dalle popolazioni. E il fenomeno è in crescita. Tra esperti e politici spiccavano gli interventi di Mauro Moretti, amministratore delegato delle ferrovie, controparte delle popolazioni interessate alla Tav, e del direttore della progettazione dell’Anas, con Violante e Bassanini, tutti concordi nell’escogitare il modo di impedire a una comunità locale di ridiscutere i progetti di infrastrutturazione che mettono a repentaglio la sua sopravvivenza. La repressione non basta. I benpensanti bipartisan chiedono proprio di riscrivere le regole.
Colpiscine uno per educarne cento. Lo slogan pare essere rispolverato sempre più spesso da chi gestisce la piazza. Accade ai lavoratori Alcoa mazzolati mentre marciano pacifici, accade ai precari romani della Rete Anti Crisi sotto la Prefettura, sono stati manganellati a freddo i manifestanti che volevano entrare a Piazza Fontana nell’anniversario della strage di Stato. Studenti milanesi, no tav, lavoratori sardi, No Dal Molin, migranti, antifascisti pistoiesi, ultras o presunti tali. Quattro persone sono appena state arrestate a Napoli per fatti da stadio tutti da accertare. Chi ha letto le carte è sicuro che sia un teorema, una rappresaglia dopo gli scontri a Udine con i tifosi del Napoli. Un uso politico della repressione chiesto dal ministro Maroni ma è un “pacco”.
Piovono denunce per fatti, reati legati al conflitto sociale, anche lontanissimi. Per questo l’attività di soggetti collettivi tematici è costretta a ripiegare in lunghe battaglie giudiziarie. Centinaia di migliaia di euro di multe comminate dalla prefettura ai denunciati per blocchi stradali o per lotte ambientali vengono riscosse con molta spregiudicatezza dall’agenzia Equitalia che mercoledì, a Napoli, è stata occupata dalla rete cittadina per i diritti sociali nell’ambito di una campagna nazionale. Si denuncia un uso spregiudicato delle sanzioni e degli interessi di mora. Le assoluzioni recenti, in primo grado, per alcuni attivisti impegnati nella campagna per la “quarta settimana” con azioni all’Ipercoop Afragola al Carrefour di Casoria, sono solo un sollievo momentaneo. Resta lo strascico pesante dell’uso di accuse infamanti di estorsione aggravata, associazione a delinquere finalizzata all’estorsione di posti di lavoro, case o beni di consumo a prezzo calmierato, contro settori importanti di movimento o di sindacalismo di base.
E’ notizia di ieri la condanna di due attivisti dell’organizzazione EveryOne la cui detenzione è stata tramutata nel pagamento di 1.140 euro di multa ciascuno, dal gip di Pesaro, per aver «interrotto o comunque turbato» un’operazione di polizia per l’identificazione di tre rom. Roberto Malini e Dario Picciau, co-presidenti del gruppo che si occupa di diritti umani, si opporranno al decreto penale di condanna, se necessario con un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. I fatti risalgono al 20 dicembre 2008. Secondo il rapporto della polizia avrebbero «pronunciato espressioni ingiuriose nei confronti del personale dell’Ufficio di prevenzione della Questura». «Una condanna senza processo – lamentano Malini e Picciau – solo perchè siamo intervenuti in difesa di un ragazzo rom trattato con tono sprezzante da un agente davanti ad un bar».
Ma qualcuno studia metodi più sofisticati della repressione. L’altroieri, a Roma, il quinto Nimbyforum ha presentato i dati dell’Osservatorio sulle contestazioni territoriali ambientali. Nel 2009 sono stati 283 gli impianti contestati dalle popolazioni. E il fenomeno è in crescita. Tra esperti e politici spiccavano gli interventi di Mauro Moretti, amministratore delegato delle ferrovie, controparte delle popolazioni interessate alla Tav, e del direttore della progettazione dell’Anas, con Violante e Bassanini, tutti concordi nell’escogitare il modo di impedire a una comunità locale di ridiscutere i progetti di infrastrutturazione che mettono a repentaglio la sua sopravvivenza. La repressione non basta. I benpensanti bipartisan chiedono proprio di riscrivere le regole.
Checchino Antonini
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