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Marjan Jamali, un’altra vittima del decreto Cutro attende il Riesame

Marjan Jamali il 24 marzo comparirà davanti al tribunale di Locri per un’udienza decisiva del processo in cui è accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare

di Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti da il manifesto

«Come avete visto dai documenti a vostra disposizione, da oltre un anno sono detenuta, prima in carcere ed ora agli arresti domiciliari, anche se non ho fatto nulla. Io sono sicura di non aver commesso alcun reato. Perché devo soffrire se non ho fatto niente?». Tre giorni cruciali per la libertà di una donna iraniana innocente. Il destino di Marjan Jamali si deciderà tra lunedì e giovedì prossimi. Da quasi un anno agli arresti domiciliari a Camini, in provincia di Reggio Calabria, in una casa del progetto Sai gestita dalla cooperativa sociale Eurocoop, il 24 marzo Marjan comparirà davanti al tribunale di Locri per un’udienza decisiva del processo in cui è accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Tre giorni dopo, la richiesta di scarcerazione sarà discussa dal tribunale del Riesame di Reggio Calabria.

In fuga dalla persecuzione del regime iraniano e dalle violenze del compagno, come migliaia di altre donne ha cercato rifugio in Europa, attraversando il Mediterraneo a bordo di una delle innumerevoli scialuppe cariche di speranze, in compagnia del figlioletto di otto anni nell’ottobre del 2023. Marjan ha denunciato di aver subito un tentativo di stupro, durante la traversata, da parte di tre cittadini iracheni. Sono le stesse persone che, dopo lo sbarco in Calabria, hanno iniziato ad additarla come “scafista” davanti alle autorità italiane. È bastato questo a farle stringere i polsi con le manette ed ad allontanarla dal suo bambino, per diversi mesi affidato ai Servizi sociali, poi riassegnatole dopo la concessione degli arresti domiciliari.

«Continuano ad emergere elementi – dichiara l’avvocato Giancarlo Liberati, legale di Marjan – che attestano quanto questo genere di processi rischino di fermarsi al livello sommario come quello delle indagini condotte subito dopo lo sbarco. Portare alla luce la verità sembra essere prerogativa delle sole investigazioni difensive. A ciò si aggiunga che Jamali è stata anche indagata per aver fornito false generalità. Lei, invece, non ha mai fatto mistero del fatto che i suoi documenti fossero accessibili dal suo telefono».

Il caso di Marjan è comune a centinaia di altre persone detenute nelle carceri italiane, perché accusate di aver cagionato «morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina». Il reato è previsto dal famigerato “decreto Cutro” approvato dopo la strage del 26 febbraio 2023, quando un naufragio provocò la morte di 94 persone migranti annegate nel mare Jonio calabrese.

Piuttosto che indagare sulle responsabilità nella catena dei soccorsi, la presidente del Consiglio Meloni lanciò il surreale anatema contro i «trafficanti da braccare sul globo terracqueo». Anche in ragione delle manifestazioni e degli esposti presentati in Procura dalle associazioni antirazziste per i diritti dei rifugiati, le stesse che accolsero i naufraghi superstiti della strage e i loro familiari nei giorni successivi alla strage, lo scorso 6 marzo si è aperto a Crotone il processo a tre agenti della Guardia di Finanza e tre della Guardia Costiera accusati di naufragio e omicidio colposo.

Domenica sarà una giornata di mobilitazione in Calabria sui diritti umani, l’accoglienza e l’autogoverno dei territori. Oltre al consueto presidio davanti al tribunale di Locri, organizzato dal Comitato Free Marjian, alle 9, su iniziativa della professoressa Mariafrancesca D’Agostino, il dipartimento Scienze politiche e sociali dell’università della Calabria ospiterà una lectio magistralis di Maysoon Majidi, giornalista e attivista curdo-iraniana di recente scarcerata dopo essere stata a lungo detenuta per le stesse ipotesi di reato ascritte a Marjan; la scrittrice GulalaS alih, presidente dell’Unione donne italiane e curde; Alessandro Metz, armatore di nave Mare Jonio.

Alle 17 tutti si ritroveranno a Cosenza, dove l’organizzazione politica e sociale La Base organizza un dibattito dal titolo “Periferie senza padroni. Autonomia e umanità”, al quale parteciperanno anche i vescovi di Cassano allo Jonio e Cosenza, Francesco Savino e Giovanni Checchinato.

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