Mastrogiovanni, morto di Tso la famiglia vede il video dell’agonia
- aprile 09, 2010
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«Abbiamo visto il video e tutta l’agonia di Franco». Sono quasi le due di notte, tra martedì e mercoledì, quando riceviamo una mail di Vincenzo, cognato di Franco Mastrogiovanni, il maestro anarchico di Castelnuovo Cilento, morto la mattina del 4 agosto scorso “di trattamento sanitario obbligatorio” all’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, dopo aver trascorso oltre novanta ore legato al letto del reparto di psichiatria. «Stasera» ci scrive «per la prima volta e assieme all’avvocato Caterina Mastrogiovanni (cugina di Francesco), ho visto vari files del video ripreso dalle telecamere di sicurezza. Ho visto Francesco che entra vivo nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania alle ore 12 circa del 31 luglio 2009 e ne esce morto il 4 agosto». Solo Vincenzo, della famiglia Mastrogiovanni, ha avuto la forza di guardare il famoso video in cui è stata registrata, minuto per minuto, tutta l’agonia del maestro elementare. Prima di martedì, ci si era limitati a leggere quanto riportato nelle ordinanze emanate dal Giudice per le indagini preliminari e dal Pm. Ora, quanto accaduto, viene raccontato direttamente dai cari di Mastrogiovanni. Un racconto che fa male. «Francesco» continua Vincenzo «dopo circa un’ora dal suo ingresso in reparto, viene legato al letto mentre dorme pesantemente perché qualche minuto prima (ore 12.45 del 31 luglio, ndr) il personale sanitario ha effettuato un’iniezione di farmaci sedativi». Ore 12.55: Francesco è tranquillo, tanto che si prepara il letto da solo. Alle ore 13.08 Francesco finisce di mangiare il cibo che gli viene fornito dall’ospedale e si addormenta, stremato dai medicinali.
È talmente tranquillo, anche se dovremmo dire talmente sedato, che non si rende nemmeno conto di venire legato al letto. Non si accorge nemmeno che gli viene inserito il catetere. «Soltanto una volta sveglio, dopo molte ore» racconta Vincenzo «Francesco tenta di reagire». Razione dettata, come spiega il giudice del riesame nella sua relazione, dallo stato di contenzione e non dalla “patologia”.
Nelle novanta ore che lo separano dalla morte, Francesco resta sempre legato, mani e piedi, di giorno e di notte, al letto del reparto. «Viene lasciato completamente solo, con le sue sofferenze» spiega Vincenzo. Non solo. «Nel video non c’è alcuna traccia di visite mediche, di monitoraggio delle funzioni vitali, di rispetto del protocollo in materia di contenzione fisica». Il racconto di Vincenzo si fa sempre più crudo. «Nel video» ci racconta «si vede una persona che soffre, con evidenti difficoltà respiratorie, per quattro giorni. Di personale medico nemmeno l’ombra e solo ad alcune ore dalla morte, avvenuta in completa solitudine, si cerca di rianimare Francesco, al quale mani e piedi verranno slegati solo da morto». Il tutto in attesa del prossimo 28 giugno, giorno in cui inizierà il dibattimento, con giudizio immediato, per i diciotto imputati, tra medici e infermieri, per la morte del maestro “anarchico” di Castelnuovo Cilento. Leggere e ascoltare il racconto dei parenti e sfogliare gli atti con cui il Pubblico Ministero e il Giudice per le Indagini Preliminari hanno disposto il giudizio immediato per i diciotto indagati sono gli ennesimi pugni nello stomaco di questa storia. Giudizio immediato significa essere al cospetto di prova evidente. Ma in questo caso di prove evidenti ce ne sono più di una: dal referto medico del 5 agosto 2009, giorno seguente al decesso di Francesco, alle cartelle cliniche di Mastrogiovanni e del suo compagno di sala ospedaliera. Sfogliando le quindici pagine del decreto, emerge tutta la sofferenza che il personale del reparto di psichiatria del San Luca di Vallo della Lucania, compreso il primario del reparto, ha causato non solo al maestro di Castelnuovo Cilento ma anche ad altri degenti, tra i quali il compagno di stanza di Mastrogiovanni, G.M., che, però, «fortunosamente» spiegano il Gip e il Pm nell’ordinanza «nel corso della notte riusciva a bere dell’acqua da una bottiglia appoggiata su un tavolino, prima avvicinando il tavolino con il piede, poi facendo cadere la bottiglia e, in seguito, addentandola con la bocca e riuscendo in tal modo a bere qualche sorso d’acqua».
Così diciotto persone tra primario, medici e infermieri dovranno presentarsi, alle ore 9,30 del prossimo 28 giugno, al Tribunale di Vallo della Lucania per rispondere di imputazioni tremende: omicidio preterintenzionale, sequestro di persona e falso in atto pubblico.
È talmente tranquillo, anche se dovremmo dire talmente sedato, che non si rende nemmeno conto di venire legato al letto. Non si accorge nemmeno che gli viene inserito il catetere. «Soltanto una volta sveglio, dopo molte ore» racconta Vincenzo «Francesco tenta di reagire». Razione dettata, come spiega il giudice del riesame nella sua relazione, dallo stato di contenzione e non dalla “patologia”.
Nelle novanta ore che lo separano dalla morte, Francesco resta sempre legato, mani e piedi, di giorno e di notte, al letto del reparto. «Viene lasciato completamente solo, con le sue sofferenze» spiega Vincenzo. Non solo. «Nel video non c’è alcuna traccia di visite mediche, di monitoraggio delle funzioni vitali, di rispetto del protocollo in materia di contenzione fisica». Il racconto di Vincenzo si fa sempre più crudo. «Nel video» ci racconta «si vede una persona che soffre, con evidenti difficoltà respiratorie, per quattro giorni. Di personale medico nemmeno l’ombra e solo ad alcune ore dalla morte, avvenuta in completa solitudine, si cerca di rianimare Francesco, al quale mani e piedi verranno slegati solo da morto». Il tutto in attesa del prossimo 28 giugno, giorno in cui inizierà il dibattimento, con giudizio immediato, per i diciotto imputati, tra medici e infermieri, per la morte del maestro “anarchico” di Castelnuovo Cilento. Leggere e ascoltare il racconto dei parenti e sfogliare gli atti con cui il Pubblico Ministero e il Giudice per le Indagini Preliminari hanno disposto il giudizio immediato per i diciotto indagati sono gli ennesimi pugni nello stomaco di questa storia. Giudizio immediato significa essere al cospetto di prova evidente. Ma in questo caso di prove evidenti ce ne sono più di una: dal referto medico del 5 agosto 2009, giorno seguente al decesso di Francesco, alle cartelle cliniche di Mastrogiovanni e del suo compagno di sala ospedaliera. Sfogliando le quindici pagine del decreto, emerge tutta la sofferenza che il personale del reparto di psichiatria del San Luca di Vallo della Lucania, compreso il primario del reparto, ha causato non solo al maestro di Castelnuovo Cilento ma anche ad altri degenti, tra i quali il compagno di stanza di Mastrogiovanni, G.M., che, però, «fortunosamente» spiegano il Gip e il Pm nell’ordinanza «nel corso della notte riusciva a bere dell’acqua da una bottiglia appoggiata su un tavolino, prima avvicinando il tavolino con il piede, poi facendo cadere la bottiglia e, in seguito, addentandola con la bocca e riuscendo in tal modo a bere qualche sorso d’acqua».
Così diciotto persone tra primario, medici e infermieri dovranno presentarsi, alle ore 9,30 del prossimo 28 giugno, al Tribunale di Vallo della Lucania per rispondere di imputazioni tremende: omicidio preterintenzionale, sequestro di persona e falso in atto pubblico.
fonte: Liberazione
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Sono sconcertata, disgustata, indignata. Le condizioni del povero malcapitato Franco sono una VERGOGNA. Sto vedendo il servizio su RAI 3 e non ho alcun problema ad affermare che il paziente è stato TORTURATO, OFFESO nella sua dignità di uomo e di paziente. Un TSO fatto in quelle condizioni è una barbarie. I medici responsabili di quel reparto (il DSM di Vallo della Lucania nel salernitano) e gli operatori, devono essere immediatamente RADIATI DAGLI ALBI, LICENZIATI E PUNITI PER I REATI CHE HANNO COMMESSO contro quel povero paziente, lasciato a morire senza acqua e cibo, con edema polmonare da contenzione forzata. E devono essere rimossi anche i Direttori Sanitari e i Direttori Generali perché non sono stati in grado di controllare la formazione del personale, l’applicazione dei protocolli, nè fare verifiche di qualità dell’assistenza. Mi vergogno di appertenere alla stessa categoria di certi medici che ritengo forse psicopatici più di certi loro pazienti. Porgo le mie condoglianze alla famiglia ma questo non risolverà lo scempio, l’irresponsabilità, la cialtroneria e la delinquenza in tante strutture pubbliche del sud e degli apparati che dovrebbero supervisionare le relative attività. Tra l’altro l’agitazione del paziente è uno dei sintomi che preludono all’edema polmonare e lo stato psichico alterato non può esonerare da accertamenti su eventuali patologie organiche cerebrali, cardiache e polmonari…
POVERA ITALIA e poveri pazienti! Ringrazio Dio per avermi dato la possibilità di licenziarmi dal servizio pubblico; era il mio sogno lavorare nel pubblico e l’ho fatto per 12 anni lottando da sola contro tutto e tutti; alla fine ero diventata una patetica ed isolata contestatrice per lo schifo che quotidianamente mi circondava… e me ne sono andata perchè altrimenti mi sarei ammalata io. Chiedo perdono a chi, come Franco, è morto perchè è stato abbandonato alla sua sofferenza, senza avere nessun medico dalla sua parte. Lo schifo peggiore è vedere le scuse che accampano per diminuire le responsabilità invece di assumersele! Davvero ho tantissima rabbia in corpo e penso alla famiglia. Fate arrivare loro tutta la mia solidarietà.
Agnesina Pozzi
medico
Lagonegro (PZ)