Sono i sopravvissuti tra i sopravvissuti, gli unici ancora vivi di un drappello di una decina di disperati scampati alla morte dopo che la barca sulla quale viaggiavano insieme ad altri migranti si è rovesciata a causa del maltempo che alcuni giorni fa imperversava nel Mediterraneo centrale. Dei dieci, sei si sono persi tra le onde mentre quattro, tre minori e un adulto, disperatamente aggrappati alle camere d’aria utilizzate come salvagenti, per loro fortuna hanno trovato un barchino in ferro abbandonato sul quale arrampicarsi.

Avvertiti martedì pomeriggio da un aereo di Frontex che aveva individuato i naufraghi al largo di Zuwara, in Libia, i marinai del mercantile Rimona battente bandiera maltese li hanno trovati lì sopra, stremati dopo quattro giorni trascorsi senza cibo né acqua in balia delle onde. Quattro miracolati arrivati ieri sotto choc a Lampedusa a bordo della motovedetta della Guardia costiera italiana che li ha recuperati dalla nave mercantile dopo che la Guardia costiera libica si è rifiutata di intervenire in loro aiuto. Come sempre.

È ancora tutta da ricostruire la dinamica dell’ultima strage di migranti nel Mediterraneo ma alcuni elementi certi ci sono già, oltre all’ormai consueta indifferenza della Marina libica: le vittime sarebbero almeno 41, tra le quali anche dei bambini, ma il numero avrebbe potuto essere più basso secondo Sea Watch. «Il naufragio è stato causato dal maltempo di questi giorni. Un maltempo ampiamente previsto – ha denunciato ieri la ong – e che le autorità europee hanno ignorato, lasciando al loro destino decine di barchini». Su questa ennesima tragedia è stata aperta un’inchiesta dalla procura di Agrigento.

L’imbarcazione con a bordo 45 persone, tra le quali anche diverso minori, era partita giovedì della scorsa settimana da Sfax, città costiera della Tunisia che – nonostante il memorandum di intesa firmato dall’Ue con il presidente tunisino Kais Saied proprio per fermare le partenze dei migranti – resta uno dei principali punti di imbarco per quanti cercano di arrivare in Europa.

Dopo sei ore di navigazione con onde alte anche tre metri, l’imbarcazione si sarebbe rovesciata facendo cadere in mare quanti si trovavano a bordo. «Ci siamo aggrappati alle camere d’aria, lo hanno fatto anche altri dopo che il barchino si è capovolto a causa di una violentissima onda», hanno raccontato i quattro sopravvissuti, tre minori, tra i quali una ragazza, e un adulto, originaria di Guinea e Costa d’Avorio. «Ma con il passare del tempo, forse ore, abbiamo visto i nostri compagni di viaggio prima allontanarsi, trasportati dalle forti correnti del mare, e poi sparire. Alcuni li abbiamo visti inghiottire dalle onde».

Dopo diverse ore passate in acqua, prosegue il racconto, «abbiamo visto una barca di ferro vuota e l’abbiamo raggiunta. Eravamo in dieci». Si trattava probabilmente di un’imbarcazione abbandonata dopo un precedente salvataggio, mentre nessuno di loro ha saputo spiegare che fine abbiano fatto i sei migranti che mancano all’appello. Un punto sul quale certamente torneranno gli agenti della squadra mobile di Agrigento che per contro della procura stanno conducendo le prime indagini, e che hanno riscontrato alcune contraddizioni nei racconti dei quattro sopravvissuti. Contraddizioni, amnesie che potrebbero essere dovute anche a timori nei confronti di chi ha organizzato la traversata. Una possibilità non esclusa di Ignazio Schintu, vice segretario generale della Croce Rossa. «Sono provati – ha detto – e credo che abbiano timori a parlare».

«Nonostante i proclami e i buoni auspici dell’Europa, nel Mediterraneo le persone continuano a morire e lo fanno quasi nell’indifferenza delle istituzioni. Sull’isola si susseguono le visite degli eurodeputati, ognuno promette interventi, ma in concreto non è cambiato nulla», commentava ieri il sindaco di Lampedusa Filippo Mannino. E all’Europa hanno appello anche Unhcr e Oim per chiedere «meccanismi coordinati di ricerca e soccorso» dei migranti in mare.

«I numeri di oggi aggravano il bilancio delle vittime dei naufragi nel mediterraneo centrale» hanno ricordato le organizzazioni dell’Onu. «Secondo il Missing Migrants Project dell’Oim, sono già oltre 1.800 le persone morte e disperse lungo la rotta, che si attesta ancora tra le più attive e più pericolose a livello globale, con oltre il 75% delle vittime nel Mediterraneo negli ultimi dieci anni».

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