Melfi: Licenziato perché indagato. Lo scagionano ma la Fiat non lo riassume.
- ottobre 21, 2008
- in lotte sociali
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La sua vicenda giudiziaria si è conclusa con un’archiviazione, ma lui resta disoccupato. Michele Passannante è uno degli operai e sindacalisti licenziati l’autunno scorso dalla Fiat di Melfi per aver ricevuto un avviso di garanzia che gli contestava il reato di associazione sovversiva con finalità terroristiche. Perquisizione a casa a Vietri (nel potentino, metà ottobre 2007) con magro “bottino”, gli trovarono solo qualche volantino e lo statuto dei Cobas. Eppure bastò alla Fiat per sospenderlo dall’impiego allo stabilimento lucano e licenziarlo in tronco. Il tutto in soli sei giorni. E’ passato un anno da allora. Nel frattempo Michele, 36 anni, si è appoggiato alla pensione sociale della madre per campare, ha continuato con l’impegno politico, pur essendosi sospeso dalla carica di segretario del circolo del Prc di Vietri subito dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia. In primavera, il “riconoscimento” dal partito che lo ha inserito nelle liste elettorali per la Camera. E’ andata com’è andata, si sa, nessun seggio per nessuno a sinistra. E Michele, che da qualche tempo è entrato nel direttivo provinciale di Rifondazione, si trova a dover combattere ancora con la Fiat che continua a ignorare le conclusioni cui sono giunti i giudici.Il pubblico ministero Francesco Basentini aveva chiesto l’archiviazione del procedimento già a novembre dell’anno scorso. «La notizia di reato è da considerarsi infondata», scriveva allora non solo riguardo al caso Passannante, ma anche su Vincenzo Miranda, Tonino Innocenti, Donantonio Auria, Francesco Ferrentino, licenziati dalla Fiat perchè coinvolti in vicende giudiziarie simili a quella di Michele. Tutti finiti nell’ondata di provvedimenti emessi l’anno scorso nei confronti di un totale di circa 25 operai in tutt’Italia, da Milano a Palermo. «E’ stato accertato – scrive il pm – che le persone indagate siano state “avvicinate”, a seguito delle rivendicazioni sindacali verificatesi nella nota “primavera di Melfi” con 21 giornate di sciopero dei lavoratori dello stabilimento, da soggetti operanti negli ambienti sovversivi». Soggetti che «sfruttando illecitamente alcune sigle sindacali e segnatamente quella dello Slai-Cobas – continua Basentini – avrebbero cercato di attuare un’intensa operazione di proselitismo e di reclutamento di risorse umane da integrare nei programmi di lotta armata». Ma le verifiche della Digos sugli operai lucani indagati, conclude il magistrato, «non hanno dimostrato una piena e convinta partecipazione di costoro ai programmi sovversivi», bensì «al più segnali di mero interesse, non penalmente punibile, senza rilevanti profili di coinvolgimento soggettivo e materiale negli obiettivi strategici dell’organizzazione terroristica». Dunque, accuse «infondate». E così le hanno ritenute i giudici che hanno accolto la richiesta di archiviazione. Già alla fine di marzo 2008. Solo che la Fiat non se n’è accorta. O ha fatto finta.«Strano», rileva Paolo Pesacane, segretario del Prc Potenza. «E’ singolare che l’azienda abbia licenziato anche operai che non avevano ancora ricevuto un avviso di garanzia e il cui nome non era nemmeno comparso sui giornali, come Francesco Ferrentino, rsu in fabbrica, accusato per la sola distribuzione di volantini. Come minimo si può ipotizzare una fuga di notizie dalla procura ai vertici aziendali. Singolare che la Fiat si ostini a ignorare l’archiviazione dell’inchiesta». Di fatto, Michele Passannante dall’anno scorso non ha più messo piede in fabbrica. Anche se a maggio il giudice gli ha accordato un reintegro temporaneo in attesa della chiusura del procedimento a suo carico. Vi si è opposta la Fiat che ha presentato ricorso contro la riassunzione in via cautelare ed ha ottenuto ragione in tribunale. «Con l’archiviazione, vengono a mancare i presupposti del licenziamento», spiega Lina Grosso, legale di Passannante, soffermandosi molto anche sul fatto che «solo da un mese sappiamo dell’archiviazione. E’ vero che come dicono in tribunale non c’è obbligo di comunicazione verso gli avvocati, ma il decreto è stato disposto a marzo! Questi operai non possono pagare il prezzo di una giustizia lenta e ignorante…». Per alcuni degli operai licenziati sono già state fissate le udienze sull’istanza di reintegro. Alcune a febbraio, altre a maggio dell’anno prossimo. «Ma vorremmo far fronte comune tra avvocati per portare avanti la questione insieme e magari arrivare ad un’unica udienza straordinaria al più presto», continua Grosso. L’obiettivo è ottenere che il magistrato non solo intimi alla Fiat il reintegro dei licenziati, ma che predisponga anche il divieto di trasferimento, per evitare casi come quello di Vincenzo Miranda, l’unico tra gli ex indagati ad essere stato reintegrato, ma staccato in uno stabilimento Fiat in Toscana. «Fa male aver saputo solo dopo tanto tempo dell’archiviazione», commenta Passannante. «Ora incrocio le dita…». Per la segreteria provinciale del Prc potentino, «l’archiviazione pone fine ad ogni possibile discussione. Siamo assolutamente persuasi che sia un atto dignitoso, da parte della Fiat, quello di revocare i licenziamenti, senza aspettare le scontate decisioni del Giudice del Lavoro», recita una nota. «Un tale gesto potrebbe rappresentare la base per intraprendere un confronto dialettico più corretto tra le parti sociali, all’interno così come all’esterno della fabbrica più importante del Mezzogiorno, e potrebbe provare a scongiurare una interpretazione di quei licenziamenti come esclusivamente politici. Qualora ciò non avvenga in tempi rapidi, chiediamo che le istituzioni, provinciale e regionale, intervengano per chiedere con fermezza alla Fiat la riassunzione dei lavoratori ingiustamente licenziati».
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